À l’intérieur (Alexandre Bustillo e Julien Maury, 2007)
À l’intérieur (Alexandre Bustillo e Julien Maury, 2007)

5 horror da vedere se siete stanchi delle solite storie che non spaventano più.

Vampiri assetati, demoni evocati, zombie che arrancano, e bambole che si muovono da sole. Mettici un licantropo lì, un po’ di magia nera là, e magari anche una seduta spiritica con tanto di tavola ouija. Come dite? “Non se ne può più”?

Amici e amiche, siete capitati nel posto giusto, perché forse posso salvarvi dall’ennesimo classico horror di Halloween. Se vi fidate di me, datemi la mano e chiudete gli occhi. Vi condurrò in un tunnel dal quale forse non potrete – o vorrete – più uscire, un nuovo orizzonte che potrà fungere da accogliente guanciale per i vostri incubi, nel corso della tormentata notte della vigilia di Ognissanti.

Ecco 5 horror dalle atmosfere e dagli intrecci inquietanti; le loro immagini, le loro vicende, così come perfino i suoni che li accompagnano, vi entreranno dentro e si impossesseranno del vostro subconscio, rimanendo in una particina del vostro cervello… per sempre?

1 – Man in the Dark (Fede Álvarez, 2016)

In Man in the Dark (Fede Álvarez, 2016), tre amici sono avvezzi alle rapine di oggetti di valore. Quando ricevono una soffiata dal loro ricettatore, che millanta la presenza di 300.000 dollari nella casa di un veterano cieco segnato dall’omicidio stradale della figlia, decidono di passare al furto di contante. Scopriranno a loro spese che il vecchio non è indifeso come credono, e quello che apparentemente è un gioco da ragazzi si trasforma in un massacro. La costruzione della tensione è rapida ma efficace: nei primi 20 minuti si carica il meccanismo a molla che opererà inesorabile e senza tregua per il resto del film.

Il ben più suggestivo titolo originale, Don’t breathe, è l’emblema del cuore retorico e narrativo del film: la necessità di non far rumore, tipica dei film horror, arriva al suo parossismo, estremizzata a causa della cecità del ‘cattivo’. La macchina da presa si muove con fluidità negli ambienti bui della casa e da un personaggio all’altro, talvolta ricalcando nelle movenze la furtività di corpi che cercano di evitare ed aggirare altri corpi. I numerosi piani sequenza ben si prestano alla narrazione, soprattutto nella fase iniziale di esplorazione della casa. Il terrore più grande che questo film incarna è dato dall’avere il pericolo proprio davanti ai propri occhi.

Man in the Dark (Fede Álvarez, 2016)
Man in the Dark (Fede Álvarez, 2016), CREDITS: Web

2- Il terrore del silenzio (Mike Flanagan, 2016)

Ne Il terrore del silenzio (Mike Flanagan, 2016) ci viene presentata una situazione di handicap ribaltata rispetto a Man in the Dark: la solitudine di Maddie, una scrittrice sordomuta che vive isolata dal mondo per portare a termine il suo libro, viene bruscamente interrotta dall’intrusione di un uomo dal volto coperto. Il film giocherà molto sulla metanarrazione (portata a livelli spassosissimi da Quella casa nel bosco, guardatelo!) e sui diversi regimi di conoscenza. Noi spettatori siamo onniscienti, Maddie è limitata dalla sua invalidità: per dirla in termini hitchcockiani, noi sappiamo che c’è la bomba, sappiamo che sta per esplodere, e da qui nasce la suspense, elemento cardine del film. Il rapporto interno-esterno sarà il fulcro di moltissime scene: le vetrate della casa costituiscono una sorta di schermo cinematografico, alternativamente opaco e limpido.

Il terrore del silenzio (Mike Flanagan, 2016)
Il terrore del silenzio (Mike Flanagan, 2016), CREDITS: Web

Le convenzioni del genere vengono infrante in molti modi: soprattutto, raramente abbiamo avuto una protagonista così reattiva e intelligente. La caccia del gatto al topo prenderà infatti una forma sorprendente, in un ribaltamento dei ruoli che scalda il cuore. È una sorta di slasher in cui è stato fatto un fast-forward al confronto tra la final girl e il serial killer; uno slasher assolutamente originale, in cui mancano gli strepiti, le urla e i pianti tipici del sottogenere, grazie ad un utilizzo assolutamente pregevole della dimensione sonora.

3 – Them – Loro sono là fuori (David Moreau e Xavier Palud, 2006)

Them – Loro sono là fuori (David Moreau e Xavier Palud, 2006) è la storia di Clementine e Lucas, una giovane coppia francese che si trasferisce in Romania per lavoro. Una serata apparentemente normale nella loro casa nei boschi si trasforma in un incubo.

Ancora una volta, l’elemento sonoro diventa il cardine attorno a cui ruota la costruzione della tensione. Fin dalla scena precedente i titoli di testa, impariamo a conoscere i suoni che ci accompagneranno per tutta la visione, di cui solo alla fine scopriremo la vera natura: il sentire e non vedere gli aggressori contribuisce al costruirsi della paura, in quanto viene celato un pericolo della cui incombenza si è consapevoli.

Them – Loro sono là fuori (David Moreau e Xavier Palud, 2006)
Them – Loro sono là fuori (David Moreau e Xavier Palud, 2006), CREDITS: Web

Clem e Lucas si rincorrono ridendo per i labirintici corridoi e scale della casa, prefigurando tristemente il gioco al massacro che li aspetta al calar del sole, quando avrà inizio la storia vera e propria. Tutto il film si svolgerà nella semi oscurità, e non sempre la luce rappresenterà la salvezza. La macchina da presa assume il punto di vista dei protagonisti o li segue come macchina a mano, immergendoci nell’orrore di ciò che vediamo. È un home invasion che riesce ad affrancarsi dai suoi confini: si uscirà dalla casa, solo per rendersi conto che i boschi costituiscono un ulteriore limite, l’ennesima barriera da superare per la sopravvivenza. Si tratta di un horror profondamente disturbante, soprattutto grazie alla rivelazione finale, che fa correre un brivido lungo la schiena. Io non l’ho mai dimenticato quel brivido, e a volte nel buio riemerge.

4 – À l’intérieur (Alexandre Bustillo e Julien Maury, 2007)

Considerato, insieme ad illustri colleghi quali Martyrs e Alta tensione, uno degli esponenti della new wave horror francese, À l’intérieur (Alexandre Bustillo e Julien Maury, 2007) è, ancora, un home invasion. Ma il genere viene portato su un piano prettamente femminile: l’intrusione nella casa va a coincidere con la volontà di irruzione nell’utero materno. Sarah ha da poco perso il marito in un incidente stradale. Ora è al nono mese di gravidanza, è la vigilia di Natale e il giorno dopo dovrà partorire. Una misteriosa donna si presenta alla sua porta, intimandola di farla entrare e mostrando di conoscerla. È l’inizio di una notte senza fine.

À l’intérieur (Alexandre Bustillo e Julien Maury, 2007)
À l’intérieur (Alexandre Bustillo e Julien Maury, 2007), CREDITS: Web

La vulnerabilità viene portata all’estremo, nel corpo di una donna incinta che, malgrado tutto, saprà reagire. Il bianco della vestaglia di Sarah si contrappone al nero dei vestiti della donna, ma con il passare delle ore, e con l’esplosione graduale della violenza, dal bianco si passerà ad un rosso scuro che simboleggerà la presa di coscienza furiosa della protagonista. Suggestivi giochi di luci ed ombre, a livello inconscio ci suggeriscono l’identità della donna e le sue intenzioni. Con la speranza ogni volta riaccesa dagli interventi esterni che sembrano decretare la salvezza di Sarah, lo spettatore mal sopporta la continua frustrazione delle proprie emozioni. Un bagno di sangue per stomaci forti.

5 – La casa delle bambole – Ghostland (Pascal Laugier, 2018)

Beth e Vera si trasferiscono con la madre nella casa isolata della zia defunta, ma l’accoglienza non è delle migliori: una feroce intrusione cambierà per sempre le loro vite. La casa delle bambole – Ghostland (Pascal Laugier, 2018) ha un titolo, ovviamente semanticamente altro da quello originale, Incident in a Ghostland, che gioca con le aspettative dello spettatore. Non possiamo sapere se è stata una scelta cosciente (ne dubito), ma sta di fatto che l’universo narrativo che esso si porta dietro è quanto di più lontano ci possa essere dalla realtà del film.

La casa delle bambole – Ghostland
La casa delle bambole – Ghostland (Pascal Laugier, 2018), CREDITS: Web

Scordatevi i racconti di bambole maledette/possedute, e non fatevi ingannare dalla giovane età delle protagoniste: il film sfrutta il pregiudizio per distruggerlo subito, e con estrema violenza. Fin dalle prime immagini si ha la sensazione di un disastro incombente, di un qualcosa di irreparabile che ci sta pian piano raggiungendo. Un appunto che mi sento di fare riguarda la problematicità, in questa epoca storica segnata dalle affermazioni transfobiche di gente del calibro di J.K. Rowling, dell’identità di uno dei due aguzzini.

Per quanto il suo travestitismo venga in parte giustificato dalla narrazione, un senso di disagio per questa scelta mi ha accompagnato durante la visione, effetto probabilmente cercato dal regista, ma in me causato dalle ragioni sbagliate. Conservando uno spirito critico davanti a tale rappresentazione, si riesce comunque a godere della costruzione tensiva e dello straordinario colpo di scena. Il film si configura come una sorta di inganno dello spettatore, che gli amanti della metanarrazione non potranno non apprezzare.

Non mi rimane che augurarvi una buona visione… e tormentati incubi.

Continuate a seguire FRAMED su Facebook e Instagram!