YIVO Archives
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Il poeta lituano portavoce della resistenza di Vilnius

LA BRIGATA DI CARTA

Nel 1941 la Lituania è occupata dai nazisti: migliaia di ebrei vengono uccisi a Ponary, i restanti chiusi nel ghetto di Vilnius. La capitale era all’epoca centro culturale e spirituale dell’ebraismo dell’Europa centrale, con una lunga tradizione di studi talmudici: emblema di questo fu la tipografia Romm, che stampava versioni del Talmud babilonese. Una fiorente comunità di intellettuali faceva di Vilnius “la Gerusalemme di Lituania”.

Questo i nazisti lo sapevano: decisero di reclutare un gruppo di intellettuali ebrei per un progetto che ancora oggi dovrebbe far rabbrividire: Judenforschung ohne Juden (Studiare gli ebrei senza ebrei). Gli intellettuali scelti avevano il compito di selezionare i testi più significativi della cultura ebraica da inviare all’Istituto per l’indagine sulla questione ebraica, mentre i meno importanti erano destinati al macero. Tra questi intellettuali c’era anche il giovane poeta Abraham Sutzkever, che con i suoi versi diventerà il principale portavoce della resistenza ebraica di Vilnius e dell’eccidio ebreo in Lituania.

L’ottusità dei nazisti precludeva la possibilità che da un gruppo di studiosi e letterati potesse scaturire la prima forma di resistenza del ghetto di Vilnius, poiché conoscevano solo le parole e non le armi.

Ma Sutzkever e gli altri sapevano quanto la parola potesse esser potente: iniziarono -di nascosto- a salvare testi e documenti che sarebbero invece andati distrutti, nascondendoli nel ghetto. La speranza era che fossero ritrovati, una volta finito quell’inferno. È quella che è stata chiamata la Brigata di Carta. Preservare questi testi significava resistere e far vivere il popolo ebraico anche dopo lo sterminio.


ABRAHAM SUTZKEVER

Abraham Sutzkever nasce nel 1913 a Smorgon (oggi Bielorussia). Sebbene la sua poetica fosse stata da sempre disinteressata al panorama politico, e lui per questo accusato di scrivere versi disimpegnati, dopo il 1941 non poteva più rimanere in silenzio. I suoi versi sarebbero diventati importanti testimoni di quanto stava avvenendo a Vilnius e in Lituania, per quando la furia nazista avrebbe cancellato ogni traccia. Così, non ancora trentenne, prende parte alla resistenza del ghetto insieme ad altri giovani ebrei. Insieme all’arma della poesia, Sutzkever abbraccia quelle tradizionali, di piombo. In una poesia del settembre 1943 racconta di come i partigiani ebrei iniziarono a creare i proiettili fondendo i caratteri di piombo della tipografia ebraica Romm.

ABRAHAM SUTZKEVER, credits: web

“[…] We were dreamers, we had to be soldiers,
And melt down, for our bullets, the spirit of the lead.”


Un’immagine senza dubbio molto forte: le sacre parole del Talmud diventano arma per difendere il loro stesso popolo. Sebbene ci siano controversie sulla veridicità di questo fatto (c’è chi ritiene che sia solo un’immagine poetica), la natura della poesia è comunque degna di nota. Questi versi mostrano un aspetto di cui poco si parla: la resistenza degli ebrei contro la macchina dello sterminio, un aspetto poco ricordato anche da cinema e letteratura.

A prescindere che il fatto raccontato dai versi di Sutzkever sia realmente accaduto, sarà proprio la parola a salvare il poeta lituano: riconoscendo nei sui versi una lucida testimonianza del genocidio in Lituania e della lotta partigiana ebraica, nel 1944 il Comitato Antifascista di Mosca, gli manderà un aereo portandolo in salvo in terra russa.

Qui sotto potete trovare il testo completo della poesia di Sutzkever.

The Lead Plates at the Rom Press

Arrayed at night, like fingers stretch through bars
To clutch the lit air of freedom,
We made for the press plates, to seize
The lead plates at the Rom printing works.
We were dreamers, we had to be soliders,
And melt down, for our bullets, the spirit of the lead.

At some timeless native lair
We unlocked the seal once more.
Shrouded in shadow, by the glow of a lamp,
Like Temple ancients dipping oil
Into candelabrums of festal gold,
So, pouring out line after lettered line, did we.

Letter by melting letter the lead,
Liquefied bullets, gleamed with thoughts:
A verse from Babylon, a verse from Poland,
Seething, flowing into the one mold.
Now must Jewish grit, long concealed in words,
Detonate the world in a shot!

Who in Vilna Ghetto has beheld the hands
Of Jewish heroes clasping weapons
Has beheld Jerusalem in its throes,
The crumbling of those granite walls;
Grasping the words smelted into lead,
Conning their sounds by heart.

Vilna Ghetto, September 12, 1943

Tradotta da Neal Kozodoy

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Roberto Boldini
Sono un ragazzo di campagna con la testa tra le nuvole immerso tra mille progetti, se fossi una canzone sarei Confessioni di un malandrino di Branduardi. Dopo la laurea in Scenografia a Brera ho intrapreso un corso di specializzazione presso i laboratori della Scala. Quello che più mi piace è raccontare punti di vista: lo faccio disegnando, scrivendo, progettando. Più che le storie mi attraggono le persone, la loro psicologia, come vengono resi sullo schermo o su un palco il loro dramma interiore e la loro personalità (fantasticando su come le renderei io).

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