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Annette de Leos Carax © CG Cinéma International-Tribus P Films

Adam Driver aggiunge al suo curriculum un nome importante, quello di Leos Carax, regista e sceneggiatore francese che firma nella sua carriera in tutto sei lungometraggi, tra cui Annette, Gran Premio per la regia a Cannes 2021. A nove anni da Holy Motors il cinema di Leos Carax torna (ci era mancato così tanto) lanciando una nuova e sferzante sfida allo spettatore, veicolata direttamente dal volto dell’attore, nonché dalle sue innegabili doti attoriali.

Annette è da ieri in sala, e qui potete leggere la nostra recensione, come le opere precedenti di Leos Carax ribalta la percezione degli eventi narrativi per fornire ai suoi spettatori e alle sue spettatrici rappresentazioni viscerali e sconvolte delle anime dei suoi personaggi. La coppia che racconta in questa nuova avventura in musica è formata da Henry (Adam Driver) e Ann (Marion Cotillard), i due poli opposti di una storia d’amore totalizzante.

Il maschile messo in scena in Annette si sviluppa su due fronti: abbiamo l’esempio di Henry, protagonista della storia, suo malgrado, e il Direttore d’orchestra (Simon Helberg), che si contrappone, con pochissimo successo, all’uomo che domina la scena.

Attraverso la descrizione della mascolinità di Henry/Adam gli eventi si schierano come scacchi neri con poche possibilità di movimento: è lui che vuole prendere il controllo, e la sua indole fortemente insicura si nasconde dietro all’insensibilità ostentata e alla violenza silente, mossa nei confronti di Ann in particolare. Se non avete visto il film non andate avanti perché vi imbatterete in una serie di spoiler, in caso contrario ecco i motivi per cui il nuovo film di Leos Carax è affascinante e perturbante allo stesso tempo.

Annette de Leos Carax © CG Cinéma International-Tribus P Films

L’emergere pericoloso di una mascolinità manipolatoria

Nel film Henry è uno stand-up comedian di grande successo, conosciuto dal suo pubblico adorante come the Ape of God. Si presenta in scena con un accappatoio come se stesse per affrontare un incontro di boxe, e sebbene non emerga apertamente, la violenza, soprattutto verbale, fa parte della sua comicità. L’uomo è perdutamente innamorato di Ann, famoso soprano. Entrambi sono performer, interpreti, si danno in pasto allo spettatore ma in modalità completamente differenti: Henry detesta chi ha davanti e maschera la sua insicurezza con aggressività e battute, Ann è trasparente, una fragile portatrice di un alto messaggio, quello del teatro d’opera e delle eroine tragiche che interpreta.

Ciò che li rende grandi sul palco si ripete nella loro storia d’amore. La leggerezza sincera di Ann aderisce alla forza di Henry, e tale complementarietà appare come un idillio. Ma il disequilibrio tra i due lascerà che una crepa si apra nella relazione. L’uomo venera la donna, eppure c’è una parte di lui che non riesce a tollerarne il successo immenso: maggiore del suo, più radicato, derivante dalla sacra emanazione, al limite del trascendentale, di una voce al servizio dell’arte. Sotto ai nostri occhi Henry cambierà, o forse una parte di lui sempre esistita prenderà il sopravvento. L’amore si trasformerà in controllo, e lo stesso accadrà nei confronti della loro bambina, la piccola Annette appena nata.

Annette de Leos Carax © CG Cinéma International-Tribus P Films

Il bisogno del controllo maschile attraverso la regia di Leos Carax

La regia di Annette è il percorso ad ostacoli più visionario e travolgente degli ultimi anni. Le immagini sono significanti senza bisogno di spiegazioni e il simbolismo empatico di Leos Carax si carica di tutte le sue possibilità per lasciare a bocca aperta chi, come me, continua a chiedersi: mi sta realmente mostrando quello che vedo?

Ci sono due scene emblematiche in cui Henry comunica ciò che ribolle sotto alla copertura di comico sboccato e amante appassionato, il regista le inserisce come monito visivo: il corpo racconta più di qualsiasi altra cosa.

Proprio all’inizio i due innamorati camminano sereni, a piedi nudi sull’erba, e cantano il brano We Love Each Other So Much. Le voci si fondono, i profili si sfiorano. Ann si allontana da Henry, continuando a cantare. È allora che le sue mani, imponenti, si avvicinano in primo piano, vacillando quasi immobili come quelle di un essere mostruoso incline ad uccidere. Le vediamo immobili, oscurare il corpo esile di lei, per poi toccarla, accarezzarla, sciogliendo la tensione.

Il secondo momento è un primo piano terrificante. L’uomo è dietro le quinte dello spettacolo di Ann, lei in scena sta cantando mentre il suo personaggio muore ricoperto di sangue. Così piccolo e perso, nascosto nella penombra e avvolto da tutto ciò che Ann riesce a suscitare con il suo dono. L’amore degli spettatori, l’ammirazione dei colleghi, le doti di una Dea: in tutto questo lui è dietro le quinte e i suoi spettacoli non stanno andando neanche troppo bene. Il compagno devoto rivela un uomo impaurito, che userà la sua forza per ristabilire il controllo.

E un minimo segnale desta sospetto, ripetendo fatti di cronaca quotidiana: Leos Carax mostra sei donne che denunciano il comico per molestie sessuali. Costruzione mediatica? Bugie? O un bagliore di buon senso nell’inferno della sua presentabilità.

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Annette de Leos Carax © CG Cinéma International-Tribus P Films

La complessità dell’anima attraverso la musica degli Sparks

Il ribaltamento di cui parlavo a l’inizio è quello che Leos Carax riserva a tutte le sue creazioni. Ci sono momenti in cui odiamo Henry, lo detestiamo con tutto il corpo, vibrando all’unisono con la paura di Ann. In altri invece, ci avviciniamo a tutto ciò che si strugge nella sua anima: il regista non ne giustifica le azioni, anzi le condanna senza pietà, ma lo accoglie nella sua interezza di insicurezze e dubbi.

La colonna sonora del film, di cui tutti i brani sono scritti dagli Sparks e dal regista, è parte integrante e fondamentale per approfondire ogni dettaglio con un’intensità che pervade ogni centimetro dello spettatore. Le canzoni toccano note che in altro modo non avrebbero fatto comparsa, donando ai personaggi, e ad Henry più che agli altri, la patetica e sgraziata umanità che li porta a compiere azioni da denigrare. L’approfondimento di Leos Carax passa per la fisicità dei suoi attori, ne trafigge l’impenetrabilità e fa lo stesso con chi guarda.

La tragedia epica intonata da Ann con i suoi toni soavi diventa l’incubo sonoro della fermezza rude di Henry, che ha sempre voluto avere la voce più importante, in uno scontro a due senza vincitori. Adam Driver si immerge nell’abisso di un personaggio controverso, dedicandoci dolorosamente, esponendosi.

E allora riavvolgiamo il nastro con la memoria e ripensiamo a quelle mani grandi, tese a sovrastare una femminilità in pericolo, e ci rendiamo conto del povero epilogo della loro incapacità di amare.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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