Amira - Orizzonti, Venezia 78
Amira di Mohamed Diab - Orizzonti, Venezia 78

Amira è una storia di sangue, corpo e identità, una storia d’amore e di odio, di occasioni impossibili e scelte obbligate. Amira è una ragazza palestinese, nata e cresciuta in una famiglia di patrioti e con il mito del padre imprigionato. Giovanissima e con una visione del mondo ancora parziale e immatura, Amira prova per il padre una forte devozione, più che amore, elevando la sua figura a mito intoccabile. E in effetti non l’hai mai nemmeno sfiorato, né visto fuori dal carcere, perché è una figlia clandestina.

Come centinaia di altri bambini e bambine, cioè, è stata concepita attraverso un complesso contrabbando di liquido seminale, che coinvolge guardie carcerarie israeliane e medici palestinesi. Una situazione reale, necessariamente romanzata proprio perché in realtà si sa ancora molto poco su come avvenga. La prima parte del film di Mohamed Diab sembra voler raccontare proprio questo mondo nascosto, questa resistenza che affonda nelle radici dell’Essere: nell’atto fisico della procreazione, nel bisogno di continuare a esistere, come popolo e come singolo uomo.   

Il cortocircuito identitario in Amira

La fallacia di questo sistema, tuttavia, è la fiducia necessaria e cieca nel proprio nemico. È pur sempre agli israeliani che questi uomini consegnano il proprio seme, sperando di far (ri)nascere una parte di loro libera e altrove. Senza troppa immaginazione, la tentazione di intromettersi in questa peculiare concezione immacolata e contaminarla è fin troppo forte. È così che, a diciassette anni, Amira scopre improvvisamente di essere israeliana, perché vittima del gioco di potere della guardia carceraria corrotta a cui si era rivolto il padre. Uno scambio di seme che macchia per sempre la sua identità, strappandole via ogni certezza.

Il film così vira da melodramma familiare – incentrato inizialmente sulla paternità –  a dramma socio-politico, costruendo tutta la sua seconda metà sul conflitto interiore irrisolvibile della protagonista. È il contesto che Diab le costruisce intorno, infatti, a non permetterle di accettare alcuna via d’uscita, non senza odiare anche se stessa.

Amira è stato in concorso nella sezione Orizzonti di Venezia 78, dove ha avuto la sua prima mondiale. Arriva in sala in Italia dopo due anni, da 20 aprile.

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