Tempi duri per il teatro, un po’ come per tutte le arti. Per il teatro forse un pelino in più, visto il venire a mancare della condizione intrinseca sine qua non si dà teatro. Quel microscopico e invadente Covid 19 ci ha privati dell’arcaico hic et nunc senza il quale il teatro non può vivere. Certo, alcuni festival estivi si stanno riadattando per permettere a quei pochi spettatori di assistere (in sicurezza) a rappresentazioni teatrali all’aperto, ma per i più, fortunatamente (a volte) la tecnologia accorre in nostro aiuto. Spulciando nel mare magnum dell’offerta video della piattaforma di You Tube incappo in un gioiellino vero e proprio, caso fortuito e quasi insperato.
Uno dei capisaldi del teatro d’avanguardia
La messa in scena di Antigone di Sofocle nella rilettura di Bertolt Brecht firmata dal Living Theatre nel lontano 1967 costituisce una pietra miliare nella storia della rielaborazione del classico in molti sensi. La compagnia americana decide di portare la sua poetica, più unica che rara, dentro il classico greco nella versione in chiave moderna di Brecht e di farne una grande opera collettiva giocata su un livello non rappresentativo, bensì simbolico. Riprendendo la semiotica del teatro, siamo davanti a una realizzazione di tipo “ludica”, dove non vi sono elementi realistici o oggetti che riconducano ad una riproduzione “mimetica” della realtà ma in cui è il gioco stesso degli attori a mostrare ciò che non appare in scena tramite due elementi di essenziale importanza: da un lato la parola, dall’altro il gesto.
Il coraggioso adattamento linguistico
Partendo proprio dalla parola, Antigone si rivolge a Ismene nella prima scena, pronunciando le prime parole dello spettacolo dopo ben dieci minuti di silenzio assoluto mentre gli attori prendono posto sul palco guardando dritto negli occhi gli spettatori. «My twin», ecco come appella Antigone la sorella Ismene, ovvero “gemella mia”. C’è una perfetta aderenza al discorso delle identità confuse delle due giovani, che vanno oltre la semplice parentela essendo loro sorelle, forse gemelle, ma sorelle a loro volta anche dello stesso padre e nipoti della madre: frutto di un terribile incesto. La traduzione inglese scelta in questo caso non si fa carico di tutta la “brutalità” linguistica presente in Sofocle.
Interessante poi che il testo dello spettacolo sia pronunciato dagli attori miscelando inglese e italiano. Il processo di traduzione da una lingua all’altra risulta parziale per l’orizzonte semantico in cui si inserisce ogni singola parola, e la scelta di adottare una sorta di bilinguismo credo corrisponda alla volontà di rendere giustizia all’integrità del testo originale, arricchendo di senso per così dire “doppio” le parole enunciate.
Scenografie di corpi
La dimensione “ludica” della realizzazione risulta chiara e lampante fin dall’inizio dello spettacolo. Sul palco non vi è nessun elemento scenografico, nessun oggetto di scena o altro se non la presenza, viva e imponente, del nutrito gruppo di performer che formano il Coro, costituendo nel vero senso della parola l’impianto scenico dello spettacolo. L’Antigone del Living è composto quasi esclusivamente da scene corali costruite con una precisione millimetrica, in una serie di disegni plastici che rendono i corpi la “cornice” di quello che recitano i protagonisti. Il movimento dinamico degli attori riempie l’intero spazio creando, a seconda delle scene, momenti di grande solennità in forte rottura con la quarta parete tramite la discesa in platea fra gli spettatori e la dimensione rituale sempre presente attraverso l’esecuzione di canti all’unisono o ritmati come fossero dei mantra.
Fisicità simbolica e plasticità dell’insieme
Di primaria importanza per la contrapposizione simbolica tra Creonte e Antigone è lo “schieramento” in due fazioni poste una fronte all’altra in cui metà Coro va a formare una specie di piramide umana sulla quale troneggia il sovrano e la restante metà invece va dietro ad Antigone in posizione di sfida, sibilando minacciosa. È una scena di forte impatto, poichè rende visibile la contrapposizione dei pensieri dei due personaggi, politicamente impossibilitati a comunicare. Il corpo di Polinice, adagiato a metà tra le due fazioni come linea di demarcazione fisica ma soprattutto intrinseca di tutto il testo, rappresenta con poeticità l’antitesi della dialettica hegeliana. Man mano che la tragedia si compie il Coro svolge sempre più una funzione principale nel danzare e cantare con un ritmo via via più veloce, conferendo profonda sacralità agli eventi in scena in un vortice di morte e dolore che spazza via tutto.