Autumn Beat
Credit: Prime Video

Presentato come un evento rivoluzionario del cinema italiano, Autumn Beat ha tutte le intenzioni di esserlo, ma non gli strumenti. È la storia di due fratelli, Paco e Tito (Abby 6ix e Hamed Seydou), uniti e divisi dalla musica rap. Paco canta, Tito scrive. Sullo sfondo rimane l’Italia degli italiani neri, il difficile rapporto con i genitori, con la cultura madre e la cultura in cui si cresce, con il sistema sociale italiano (fatto anche di assistenza familiare assente, permessi di soggiorno per le generazioni senza cittadinanza, adozioni). Tutti temi graffiati in superficie e lasciati dietro per far spazio alla musica. E non c’è niente di male in questo, se il centro è un altro. Perché è il rap la linfa vitale di Paco e Tito, come lo è in parte anche di Antonio Dikele Distefano, direttore di Esse Magazine, oltre che scrittore.

Da regista Dikele Distefano trova una sua voce, un modo di raccontare per immagini che, paradossalmente, funziona più delle parole e dei dialoghi. La fotografia, la messa in scena, la scelta delle inquadrature o dei movimenti di macchina, persino i momenti in cui la macchina da presa “si impalla” sui personaggi sono tutti elementi di un codice che Dikele Distefano rielabora e fa suo. Se lo fa aderire addosso molto più dei testi e delle battute dei personaggi, ancora immaturi per il coming of age che vorrebbe rappresentare Autumn Beat.

Sarebbe apprezzabile la citazione a quel mostro sacro che in pochi anni è diventato Moonlight, se non fosse troppo evidente in certi momenti. Non solo nella struttura in tre atti, suddivisi in base all’età dei protagonisti, quanto più per la scena – quasi identica – dell’incontro con la madre malata in età adulta. Il paragone, purtroppo per Autumn Beat, non può reggere.

Film del genere, tuttavia, vanno visti, vanno incoraggiati. Vanno scritti e girati. Fino a quando non sembreranno più l’eccezione o la novità rivoluzionaria in un panorama cinematografico come quello italiano che fatica ad aprirsi a nuovi modelli identitari. Un passo alla volta, si costruisce la strada.

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