Da Suzu a Belle – Il film di Mamoru Hosoda
Suzu è una ragazza come tante: vive nella prefettura di Kochi, in Giappone e frequenta il liceo. Ha una migliore amica di nome Hiro e un amico di infanzia, Shinobu, al quale sfugge per questioni inizialmente misteriose.
Solo dopo si scoprirà il drammatico passato della ragazza. Sozu condivideva con la madre la passione della musica, che è stata un po’ il leit motiv della sua infanzia. Le due cantavano e suonavano insieme, almeno fino a che la madre non è morta nel tentativo di salvare un’altra bambina dalle acque insidiose di un fiume.
A causa di questa tragedia, Suzu ha interrotto i rapporti sia con il padre, sia con Shinobu. E, soprattutto, ha smesso di cantare, rinunciando alla sua grande passione. Le cose cominciano a cambiare nel momento in cui scopre la piattaforma online [U], grazie alla quale è possibile creare un alter ego e condurre una vita parallela. E così, sulla base dei suoi dati biometrici, nasce Belle, una bellissima giovane che incanta gli utenti di [U] con la sua splendida voce.
Belle, anche grazie all’aiuto dell’amica Hiro, diventa un vero e proprio fenomeno mediatico e trova finalmente il coraggio di cantare, anche se solo nella realtà virtuale.
Come inizio, quindi Belle sembrerebbe avere una trama molto alla Black Mirror. Tuttavia, lo svolgimento è completamente diverso. Se infatti la serie di Netflix ha un significato estremamente pessimista relativo alla tecnologia, il film di Hosoda vuole invece lanciare un messaggio di speranza.
La trasformazione e formazione di Suzu
Infatti, è proprio grazie alla piattaforma [U] che Suzu intraprende il suo cammino di formazione.
Suzu è una ragazza taciturna e malinconica, profondamente segnata dalla morte della madre. L’incidente ha influito drammaticamente sulla sua vita, dal momento che non riesce a spiegarsi il motivo per cui la madre sia andata incontro a quello che da tutti è stato giudicato un suicidio, per salvare la vita di una ragazzina sconosciuta. È come se Suzu non si sentisse abbastanza, non degna dell’amore materno. Ma è proprio grazie a [U] che la ragazza riesce a rendersi conto del suo valore. SPOILER – Alla fine acquisisce il coraggio di presentarsi davanti al pubblico di [U] con il suo vero volto, scatenando l’entusiasmo generale. A dimostrazione del fatto che il suo successo e la sua bellezza non derivano dal fascino del suo avatar, bensì dalla sua persona.
Non solo: è grazie a [U] che Suzu fa la conoscenza di Kei, un ragazzino maltrattato dal padre, che cerca di proteggere dagli avidi domestici sé stesso e, soprattutto, il fratellino. Attraverso l’avatar di Belle, Suzu riesce a interagire con Kei, che si manifesta su [U] servendosi di un AS dall’aspetto mostruoso e dall’incredibile forza. Come se il suo desiderio di rivalsa e la sua forza interiore riuscissero a trovare piena manifestazione solo grazie alla tecnologia.
È proprio grazie a Belle che Suzu trova il coraggio di aiutare Kei e stavolta nella vita reale. La ragazza, infatti, riesce a raggiungere la casa di Kei e del fratellino, frapponendosi fra loro e il padre furioso, impedendogli di fare del male ai due ragazzi.
La trasformazione di Suzu attraverso Belle
Suzu sostanzialmente affronta non solo un percorso di accettazione verso sé stessa, ma riesce anche ad aiutare altre persone. Certo, il suo intervento non sarà risolutivo per la vita di Kei, ma senz’altro riuscirà a cambiare, almeno parzialmente, la sua vita.
Vediamo una Suzu finalmente felice incamminarsi per i campi, in compagnia di Hiro, Shinobu, i nuovi amici incontrati durante il suo percorso e, soprattutto, il padre. Dopo tanti tentativi di riavvicinamento falliti, l’uomo riesce finalmente ad avere una risposta affermativa alla più semplice e insieme più amorevole delle domande: “Ceniamo insieme?”.
Infine, Suzu rivolgerà gli occhi al cielo. Un cielo limpido, illuminato da un sole vero, non come quello fintamente brillante presente su [U]. E qui, ad alcuni sorgerebbe spontaneo pensare a una delle ultime frasi di Coraline, un piccolo capolavoro scaturito dalla penna di Neil Gaiman. “Il cielo non le era mai sembrato tanto cielo. Il mondo non le era mai sembrato tanto mondo”.