Correva l’anno 2001 quando il compianto programma musicale Top of the Pops lanciava, in Italia come nel resto del mondo, Rock DJ, il nuovo singolo di un nome già ben noto, nel bene e nel male: Robbie Williams

“Faccia da schiaffi”, poliedrico, attaccabrighe e molto altro ancora che adesso, attraverso il biopic Better Man, dal primo gennaio al cinema, viene raccontato sul grande schermo.

La trama

Parliamo subito dell’elefante, pardon, della scimmia nella stanza: Better Man, con la regia di Michael Gracey (già noto per aver diretto The Gratest Showman), è la storia della pop star Robbie Williams che, per tutta la durata del film, non si vedrà mai nelle sue fattezze originali ma solo come una scimmia realizzata in CGI (“Mi sono sempre sentito meno evoluto rispetto agli altri”, questa la pseudo giustificazione/spiegazione fornita ad un certo punto del film).

Un elemento surreale che va di pari passo con il surrealismo che certe storie vere sanno avere: dalle origini umili fino al successo immediato e raggiunto in giovane età. I problemi, le manie di grandezza, gli amori che finiscono e le amicizie che ti salvano. Un biopic in piena regola raccontato (e cantato) dalla vera voce narrante.

Better Man, Lucky Red

Il personaggio

Figura ingombrante e problematica, Robbie Williams è un po’ il volto di un determinato periodo degli anni 2000. Lo sa il mondo delle notizie, dominato in quegli anni dalle interviste e dagli scoop, lo sa il settore musicale, che è stato pervaso dall’isteria di massa che ha accompagnato il nome di Robbie, e lo sa chiunque sia nato a cavallo tra la fine degli anni ’80 e i ’90: prima con i Take That, l’ultima vera boyband, e poi con la carriera solista, Williams era forse il cantante pop più conosciuto, e definitivo di una generazione.

Erano rinomati i suoi flirt, le sue faide, i suoi tatuaggi, le sue copertine, le cose sensazionalistiche che avvenivano sui palchi e i video trasmessi su MTV. Che si fosse fan o meno, semplicemente la cultura popolare non poteva prescindere dall’essere aggiornata sulle sue liti con gli Oasis (anche loro, non esattamente degli agnellini in quanto a rapporto con i colleghi) o dal testo completo di Angel.

In questo senso, quindi, sembra andare profondamente di pari passo con la tendenza stilistica degli ultimi anni nel riportare in vita il primo decennio del XXI secolo: Y2K nei vestiti e Robbie Williams nella musica, ora che tutto sta tornando sembrerebbe effettivamente incoerente non riportare alla luce colui che è stato un simbolo (e un sex symbol) per una generazione e che da anni non aspetta altro che continuare a far parlare di sé. 

Dalle stelle alle stalle

Quando si parla di film biografico, la tendenza, soprattutto nel caso di personaggi ormai morti e quindi privati della facoltà di ridere e/o indignarsi per certe scelte stilistiche, è quella di andare a raffigurare non persone realmente esistite (ed eventualmente le loro storie fantastiche), bensì personaggi irraggiungibili, enfant prodige e comete luminosissime, costrette a confrontarsi con una realtà mai all’altezza della loro grandezza sovrumana. Better Man, invece, sceglie di mantenersi, quantomeno un po’ di più, con i piedi per terra: Williams ha già le sue manie di grandezza (e i vari traumi infantili che ne condizionano le scelte e gli atteggiamenti) ma è anche ben conscio di quanto normale fosse lui, e grandiosa la portata delle cose che gli sono capitate.

Se da una parte Robbie è una rock star di portata mondiale, che riempie stadi ed esce con altre celebrità, dall’altra c’è Robert, un ragazzino impacciato ed iperattivo dei sobborghi di Stoke-on-Trent, figlio della piccola borghesia e troppo scarso a calcio per potersi veramente integrare con i suoi coetanei. Un ragazzino che andava male a scuola e che a causa della sua sfacciataggine si ritrovò catapultato in una storia più grande di lui, non senza la persecuzione continua di non essere abbastanza e di non meritare nulla. Che sia una debolezza vera o semplice piaggeria per mandare avanti la narrazione poco importa, almeno non ci troviamo di fronte all’ennesima storia del genio dalla culla.

Better Man, Lucky Red

In breve

Better Man è sfacciato, sopra le righe, eccessivo e a volte fuori luogo, esattamente come il suo protagonista. Riprendendo un po’ la fantasia e il tenore da film musicale (ma con le dovute differenze) di The Greatest Showman, il film di Gracey riporta in scena un altro grande showman di cui forse nessuno di noi aveva mai smesso di essere fan (o si era accorto di essere fan fino al momento in cui ha risentito le prime note di She’s the one).

E, soprattutto, nessuno di noi aveva mai veramente smesso di desiderare di vederlo di nuovo parlare di sé.

Better Man arriva al cinema il 1° gennaio 2025 con Lucky Red. Continua a seguire FRAMED anche sui social: ci trovi su FacebookInstagram Telegram.

Giulia Nino
Classe 1996, cresce basando la sua cultura su tre saldi pilastri: il pop, i Simpson e tutto ciò è accaduto a cavallo tra gli anni ’90 e 2000. Nel frattempo si innamora del cinema, passando dal discuterne sui forum negli anni dell’adolescenza al creare un blog per occupare quanto più spazio possibile con le proprie opinioni. Laureata in Giurisprudenza (non si sa come o perché), risiede a Roma, si interessa di letteratura e moda, produce un podcast in cui parla di amore e, nel frattempo, sogna di vivere in un film di Wes Anderson.