Billy Budd

Ci sono pellicole che restano nell’immaginario collettivo e tutti ricordiamo in maniera affettuosa. Poi ci sono delle pellicole che quasi nessuno ricorda e che quando le riscopriamo ci fanno sentire come se fino a quel momento fossimo esistiti come privati di qualcosa, zoppi di una parte fondamentale del cinema. Sembrano quasi restituirci qualcosa da lungo tempo smarrito, ignorato o dimenticato, di infinitamente prezioso. Ecco Billy Budd è una di queste. Uscita nel lontano 21 settembre 1962 (festeggia 60 anni quest’anno), vede protagonisti tre attori eccelsi: Peter Ustinov, anche regista e produttore, Robert Ryan, e un giovane attore inglese di 24 anni al suo debutto cinematografico: Terence Stamp.

L’autore, l’ambiente, la trama

Non tutti sanno che uno dei più famosi autori americani di sempre, Herman Melville, morì sconosciuto e presto dimenticato. Dovette compiersi il centenario della sua nascita perché fosse riscoperto come uno dei padri della moderna letteratura americana. Tra la fine degli anni ‘10 e l’inizio degli anni ‘20 si riaccesero gli studi sull’autore e le sue opere. Fu nel 1924 che venne dato alle stampe un suo romanzo non pubblicato in vita: Billy Budd. Esso si inserisce in quelle storie di mare che usano le navi come teatro del dramma della vita umana. Se prendiamo il romanzo, oltre che al più celebre Moby Dick, possiamo accostarlo ai grandi romanzi di mare di Conrad e London. Billy Budd da subito si presenta come un romanzo che di avventuroso ha forse solo l’ambientazione. È un’opera di profondo spessore psicologico, che fa scontrare tra loro dei caratteri squadrati, sotto un occhio più umano e plasmabile a fare da triste giudice e spettatore.

La storia è semplice. Un marinaio dall’animo indicibilmente buono, Billy Budd (Terence Stamp), prelevato a forza da un mercantile, giunge ai ferri corti con il suo maestro d’armi, John Cleggart (Robert Ryan), odiato e temuto da tutto l’equipaggio. Durante un diverbio alla presenza del capitano Edward Fairfax Vere (Peter Ustinov), Budd reagisce alle false accuse di Cleggart con un colpo che involontariamente lo uccide. Non ha colpito per uccidere, e nemmeno per rabbia o odio. Billy è incapace di odiare o arrabbiarsi. Ha risposto come un umano che non è riuscito a trovare le parole. Gli ufficiali, radunatisi per giudicare il caso, costretti a scegliere tra la giustizia e la legge, optano per applicare il codice della marina a scapito delle loro coscienze. Billy viene impiccato.

Come un’innocente muore secondo la legge

I due caratteri che più risaltano sono quelli di Cleggart, crudele aguzzino che impone la disciplina secondo il suo personale capriccio, e Budd, pia anima buona. C’è una scena che sembra spezzare il film in due. Un dialogo tra Cleggart e Budd.

“Voi non volevate la sua morte. Non lo odiavate nemmeno. Penso che certe volte odiate voi stesso”, dice Budd a Cleggart. Da lì tra loro sarà guerra spietata e aperta. Non più subdola e fuori schermo.

Billy è un uomo mite, convinto che non si possa odiare veramente una persona fino a volerla morto. Guarda con occhi così fanciulleschi e perplessi il grande mondo degli adulti. Soffre di una balbuzie, il che lo rende verbalmente incespicante nei momenti di forte emozione. E questa carenza di parole gli risulterà fatale. Billy Budd ricalca quegli eroi iperbolicamente buoni ma sfortunati, persone incapaci di scandagliare e guardarsi dal male del mondo, contro cui sono disarmati.

È nel processo che il film raggiunge un apice lirico che raro, che si basa su pochissimi interpreti. Al numero minimo saranno in scena solo i tre tenenti e il capitano. C’è da giudicare un innocente. Tutti sanno e vedono bene che è innocente. Ma a rigor di legge, Billy Budd penzola già dalla corda della sentenza.

Qui, nulla è al di là dell’ambito della giustizia militare. Quando l’abbiamo indossato per la prima volta, abbiamo rinunciato alla nostra libertà. L’oro che indossiamo mostra che serviamo il re, la legge.

– Capitano Vere

Budd ha alzato le mani su un suo superiore. E in tempo di guerra. Non esiste altra pena che quella capitale.

La volontà ribelle

In tutto il film serpeggia un forte sentimento di ribellione. Una ribellione che si intravede senza mai realizzarsi. Si presenta subito nella figura del capitano del mercantile che non vuole cedere nessun uomo alla nave militare. C’è poi a bordo della sua nave il pettegolezzo degli storici ammutinamenti della Spithead e della Nore, successi da poco.

Il costante odio verso Cleggart che scorre tra la ciurma, e persino tra gli ufficiali, è il combustibile principale per l’ammutinamento che rischia di scoppiare sulla nave. Il suo rigore accanito e crudele porta un uomo malato, Enoch Jenkins (Ronald Lewis), a disobbedire alla logica e a restare al suo posto tra le vele, morendoci. Non ribellandosi a quell’ordine insensato del suo superiore. Eppure anche così l’ammutinamento non si consuma ancora. La decisione unanime e condivisa che Budd debba essere assolto è una ribellione al codice che non vedrà mai il suo concretizzarsi. E persino quando alla fine, con il corpo di Billy Budd appena appeso, la ciurma minaccia di insorgere, ecco la guerra riportare gli uomini ai propri doveri. La disciplina indomabile schiaccia ogni tentativo di insurrezione.

Qualunque sia il passo da compiere, il rischio è grande, ma è nostro. È questo che ci rende ufficiali. Se per il nostro legittimo rigore arriva l’ammutinamento non c’è colpa per noi. Ma se per paura, erratamente chiamata misericordia, perdoniamo Budd contro un ordine specifico e poi gli uomini si ribellano, quanto apparirà colpevole e debole il nostro verdetto.

Capitano Vere

In breve

Con il senno di poi si può intravedere il dramma in nuce già dal passaggio di Billy dal mercantile alla nave militare. Il suo vecchio capitano lo ammonisce subito che la vita a bordo sarà diversa da quella che ha conosciuto fino a quel momento. La disciplina sarà ferrea. E con una frase dalla voluta doppia lettura Billy così saluta la sua vecchia nave: “Addio anche a te, vecchia Rights-of-man”. (letteral. Diritti dell’uomo)

Perché sulla nave da guerra di sua maestà britannica, non conta nessun uomo ma solo la legge del re.

Chi di noi ha dei diritti? È il mio dovere e devo compierlo. Budd ha ucciso un uomo, il suo ufficiale superiore. […] So che l’avete fatto (trovare un verdetto), il vostro verdetto lo rende libero e lo stesso vorrei fare io. Ma siamo liberi di scegliere come faremmo se fossimo privati cittadini? L’Ammiragliato ha il suo codice. Secondo te gli interessa chi è Budd? Chi siamo io e te?

Capitano Vere

Continua a seguire FRAMED. Siamo anche su FacebookInstagram e Telegram!

Francesco Gianfelici
Classe 1999, e perennemente alla ricerca di storie. Mi muovo dalla musica al cinema, dal fumetto alla pittura, dalla letteratura al teatro. Nessun pregiudizio, nessun genere; le cose o piacciono o non piacciono, ma l’importante è farle. Da che sognavo di fare il regista sono finito invischiato in Lettere Moderne. Appartengo alla stirpe di quelli che scrivono sui taccuini, di quelli che si riempiono di idee in ogni momento e non vedono l’ora di scriverle, di quelli che sono ricettivi ad ogni nome che non conoscono e studiano, cercano, e non smettono di sognare.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui