Eggers-Bjork
Eggers-Bjork

A pensarci bene Björk e Robert Eggers sembrano fatti l’uno per l’altra. Mi spiego meglio, è facile associare la personalità enigmatica della celebre cantante islandese alle atmosfere silenziose e perturbanti del regista. Forse proprio per merito delle loro affinità artistiche, anche dopo la traumatica esperienza cinematografica dell’artista in Dancer in the Dark di Lars von Trier (dove a prescindere vinse il Prix d’interprétation féminine a Cannes 2000) l’artista ha accettato un ruolo nel nuovo film di Eggers The Northman.

Il regista Robert Eggers dietro alla macchina da presa. CREDITS: web.

Il folletto e il narratore

Robert Eggers ha solo 37 anni, eppure firma due regie che non passano inosservate: prima The Witch nel 2015 e The Lighthouse nel 2019. Sono film diversi, ma intrisi delle stesse vibrazioni proprie di narrazioni ancestrali ed enigmatiche, prive di esiti risolutivi bensì traboccanti di misteri proibiti e forze sotterranee sconosciute agli esseri umani.

Björk, con una carriera esplosa negli anni ’90 e 10 album realizzati, è l’eclettica protagonista di un progetto musicale che arriva fino ad oggi. Scenografica e ipnotica, unica per le sue sperimentazioni che spaziano dalla musica elettronica al jazz, passando per il rock alternativo e le sinfonie classiche. Bastano le loro biografie artistiche per capire quanto i due siano legati dallo stesso fascino magico. Probabilmente molti fan della sua musica si sono innamorati dei film di Eggers senza pensarci due volte (come me).

Non a caso The Northman si concentrerà su un’epopea vichinga ambientata nell’Islanda del X secolo e ospiterà nel cast Nicole Kidman, Bill Skarsgård, Willem Dafoe e Anya Taylor-Joy.

In attesa di saperne di più (e sognando una super colonna sonora composta dalla stessa cantante) ascolto Medúlla, e immagino scenari desaturati tra horror e poesia.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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