Bombshell
Bombshell

A meno di due mesi dalle presidenziali negli Stati Uniti e l’ennesima accusa di molestie rivolta al presidente Donald Trump (dall’ex modella Amy Dorris) mi viene voglia di parlare di un film in cui lo stesso Trump è la scintilla iniziale che fa esplodere, conseguentemente, una bomba mediatica da annotare nei libri di storia: quella relativa a Roger Ailes, capo di Fox News, e alle accuse mosse contro di lui. Il film in questione è Bombshell, diretto da Jay Roach nel 2019.

Megyn Kelly e Donald Trump durante un dibattito in studio nel 2016

Quando la realtà è troppo disgustosa per diventare un film (o almeno un film credibile)

Tutto inizia da un’accusa di misoginia, mossa dall’anchorwoman di Fox News, Megyn Kelly, a Donald Trump, durante un dibattito del 6 agosto del 2015. Era il primo dibattito presidenziale repubblicano per la campagna del 2016.

Le molestie sessuali e le accuse di misoginia, purtroppo, sono tematiche che non passano mai di moda. Molte donne si fecero sentire durante la campagna presidenziale del 2016, senza molto successo. Un po’ come succede a Bombshell, il quale prova ad esternare una voce, che però rimane flebile e politicamente corretta.

Nel film lo scontro del 2015 e la guerra mediatica che lo ha seguito, tra i tweet puerili di Trump e gli interventi riparatori della rete della giornalista e della stessa Megyn, non sono che l’incipit in una discesa senza ritorno: quella che porterà all’esplosione della bomba, qualche mese dopo con il caso di Roger Ailes.

(Qui sotto trovate un approfondimento montato dalla ABC News sul conflitto tra la giornalista Megyn Kelly e Donald Trump).

Prima del #metoo

Roger Ailes, a capo di Fox News dal 1996, fu licenziato perché accusato di molestie sessuali. Più di venti donne si fecero avanti per testimoniare contro l’uomo. Il suo licenziamento fu un evento di enormi dimensioni per la rete e per l’impatto mediatico, con forti implicazioni politiche (ad un anno dallo scandalo Weinstein e dal movimento sociale e culturale #metoo).

La catena di eventi viene raccontata in questo film attraverso tre personaggi femminili: Megyn Kelly (Charlize Theron), la presentatrice Gretchen Carlson (Nicole Kidman), la prima a denunciare Ailes contestando il licenziamento avvenuto nel luglio 2016, e il personaggio costruito tramite la sovrapposizione di vere deposizioni, Kayla Pospisil (Margot Robbie).

Bombshell poster – web

Cosa non torna in Bombshell


Le tre attrici protagoniste emergono in un cast dove anche i ruoli secondari sono affidati ad
interpreti notevoli (come Allison Janney nel ruolo del legale di Ailes, Susan Estrich), e incarnano la
femminilità del mondo delle notizie del canale televisivo di news di Rupert Murdoch, controverso faro del mondo ultra conservatore repubblicano, simbolo patinato di un’era della comunicazione televisiva fatta di apparenze glamour, creazionismo e armi semiautomatiche.

Ma nel racconto qualcosa non torna, perché la portata del fatto è ridotta in termini di drammaticità e spessore, e questo influisce su un’incapacità comunicativa che ricade sull’empatia mancata con le donne in questione.

Bombshell, sebbene sia un film dal ritmo incalzante, sia per la forma che per la fluidità della narrazione, non incarna niente di più, ed è un’evidente mancanza, perché dovrebbe essere tutto il contrario. Probabilmente anche a causa di una regia, affidata a Jay Roach (Trumbo, The Campaign, Austin Powers), che modella le storie dotandole di una particolare ironia che le rende attraenti ma non potenti.


Il linguaggio è quello dell’inchiesta cinematografica contemporanea: la telecamera si avvicina diretta ai volti come per sottolineare momenti di tensione, senza rilevarne, purtroppo.

I personaggi si rivolgono spesso al pubblico, con lo sguardo in macchina, guidandolo come in uno show interattivo. Talvolta i loro pensieri sono udibili, tra un dialogo e l’altro, e rivelano le paure, infrangendo momentaneamente le apparenze.

Nella ricostruzione cinematografica si inseriscono le reali testimonianze di sei donne che accusano Ailes facendo riferimento a fatti precedenti l’impiego nell’azienda. Accostate con poco gusto estetico, sono solo volti fermi che si susseguono con parole terribili in sottofondo.

Preferire la realtà quando la ricostruzione è inefficace

Bombshell non spiega il sessismo, ma si sofferma con tiepida enfasi su alcuni elementi della vita personale delle tre donne al centro del racconto, senza toccare i punti più profondi, solo con equilibrata compostezza.

Non fa la differenza, ed è un peccato constatare come rimanga un compito superficiale senza nessuna fiamma o emozione, solo una rabbia smorzata, che si perde nei dati finali, le somme che dimostrano chi ne sia uscito realmente vincitore.

Per questo, in tempi ferocemente ingiusti come quelli che stiamo attraversando, è necessario trovare una modalità fedele per rappresentare il marcio della società e le contraddizioni umane, senza aver paura di non esaudire pretese estetiche o equilibri politici.

Vorrei concludere con un toccante confronto tra Megyn Kelly e alcune giornaliste della rete presenti al momento dello scandalo, che discutono a proposito del film dopo averlo visto insieme. Vi consiglio vivamente di vederlo, le loro reazioni sono la vera forza del film.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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