Christopher Nolan - CREDITS: web

Un approfondimento sui meccanismi che muovono il cinema di Christopher Nolan

C’è chi lo ama e chi lo odia: Christopher Nolan è uno dei registi più discussi di Hollywood. In parte perché i suoi film sono confezionati per soddisfare il grande pubblico, cosa che attira su di lui molte critiche e l’accusa di essere eccessivamente mainstream. Ma d’altronde, il cinema è anche intrattenimento e non va necessariamente ghettizzato, soprattutto se si sta parlando di intrattenimento di qualità.

È indiscutibile infatti che Nolan curi moltissimo ogni suo film e che lo realizzi con grande amore. E infatti, contrariamente alla logica dei film creati per sbancare al botteghino, fa passare diverso tempo fra una pellicola e l’altra. Inoltre, ognuno è caratterizzato da una progettualità ben definita e dalla cura di ogni minimo dettaglio. E, nonostante si tratti di prodotti visivamente stupefacenti, sono tutt’altro che “vuoti”.

Dunkirk, Inception e la costruzione della psicologia dei personaggi

Prendiamo Dunkirk, per esempio. Molti lo hanno criticato perché non dava spazio alle  storie personali dei soldati, trattati come delle vere e proprie pedine al servizio del meccanismo cinematografico. Ma se ci si pensa, i soldati vengono purtroppo considerati così dai potenti: semplici, minuscoli ingranaggi asserviti alla colossale macchina della guerra. Inoltre, non è necessario conoscere il background di ciascuno per entrare in empatia con loro. Al di là del fatto che vengono realisticamente mostrati dei ragazzini, neppure ventenni, catapultati in una realtà troppo grande e troppo dura per la loro tenera età, sono sufficienti pochi gesti, degli sguardi fugaci, per comprendere l’enormità di ciò che stanno vivendo e la loro paura.

Harry Styles in Dunkirk, CHristopher Nolan - CREDITS: web
Harry Styles in Dunkirk, Christopher Nolan – CREDITS: Warner Bros Pictures

Il pregio di Nolan è che riesce a restituire ai suoi personaggi delle psicologie ben definite senza spendere troppe parole. Anche in Inception i rapporti che legano Cobb, Arthur e Eames sono molto chiari e resi con poche, semplici battute o giochi di sguardi. Così come risulta evidente fin da subito il problematico legame padre-figlio che tanto tormenta Fischer. E nonostante le psicologie dei personaggi siano limpide, non costituiscono comunque l’elemento predominante delle pellicole.

La distanza metacinematografica in Nolan

Tutti i film del regista, infatti, altro non sono che grandi meccanismi ben congegnati, pregevoli orologi in cui ogni elemento è finemente cesellato ed inserito nel punto giusto, con uno scopo molto preciso. Nolan non si fa alcuno scrupolo a rivelare il gioco di finzione che crea, generando costantemente un effetto metacinematografico. Lo spettatore è sempre ben cosciente di trovarsi davanti ad un film, benché alcune pellicole siano più coinvolgenti di altre, come nel caso, appunto, di Dunkirk o Interstellar. Ma il pubblico, pur provando empatia, riesce a mantenere la giusta distanza, alzando un muro che, se crollasse, darebbe il via ad un’esperienza immersiva che, in alcuni casi, potrebbe risultare quasi insopportabile.

Dunkirk, infatti, presenta già una rappresentazione quasi documentaristica della guerra e coinvolge attraverso un ritmo narrativo nervoso, incalzante e l’uso esasperato del sonoro. Annullando completamente la distanza fra pubblico e personaggi, si sarebbe generato un coinvolgimento davvero eccessivo, che pochi probabilmente sarebbero stati in grado di “reggere” fino alla fine.

Non solo mainstream, necessità di espressione e visione del mondo

Quello che però è giusto e importante capire è che Nolan non sacrifica le storie dei personaggi per superficialità, ma per una precisa scelta registica e di sceneggiatura. I suoi film sono così ben studiati che ogni dettaglio ha dietro una motivazione ben precisa. Non può essere ritenuto un regista mainstream, innanzitutto perché interessato agli elementi visivi. Poi perché sebbene alcuni film (e sottolineiamo, alcuni, non tutti) abbiano ottenuto il consenso del grande pubblico, sono tutti realizzati con amore e rispondono alla precisa necessità del regista di esprimersi liberamente, mostrando al mondo la sua  idea di cinema.

TENET, culmine della poetica del tempo

E il suo ultimo film, Tenet, altro non è che la sua dichiarazione d’amore al cinema. Non ha alcuna pretesa di veicolare un messaggio, vuole semplicemente proporre una spy story alla 007 in una chiave completamente nuova. E cosa usa il regista per reinventare un film alla James Bond? Manipola un elemento a lui particolarmente caro: il tempo.

TENET, Christopher Nolan - CREDITS: Warner Bros Pictures
TENET, Christopher Nolan – CREDITS: Warner Bros Pictures

Esso, infatti, è un po’ il filo conduttore della sua filmografia. In Interstellar, per esempio, il protagonista si ritrova completamente in balia del tempo, che scorre in maniera diversa sui pianeti da lui visitati. E, di fatto, è la vera, grande barriera che si frappone fra lui e la sua famiglia. In Memento la storia viene percorsa a ritroso, ribaltando il tradizionale ordine cronologico degli eventi. Inception e Dunkirk, d’altra parte, altro non sono che delle esasperanti, ansiogene corse contro il tempo, un concetto astratto che prende corpo e vita, quasi come un nemico invisibile.

In Tenet, il tempo viene manipolato, al punto da modificare la fisica. I proiettili vanno all’indietro e rientrano nella canna delle pistole, i palazzi anziché esplodere si ricostruiscono. E il tutto dà origine a degli stupefacenti effetti visivi, che si inseriscono all’interno di una narrazione complessa, ma che non fa nulla per nascondere la finzione cinematografica.

Il “James Bond” della situazione, infatti, non ha un nome e viene genericamente indicato come Protagonista degli stessi personaggi. E, coerentemente, non ha una psicologia definita, ma corrisponde al perfetto identikit della spia gentiluomo: sani principi, divieto di uccidere a meno che non sia indispensabile, galanteria, perfetta educazione. Ma, nonostante possa ad una prima occhiata apparire una scelta superficiale, ci si accorge ben presto che l’intento è proprio quello. In Tenet Nolan porta l’esasperazione la sua poetica, mostrando ed esaltando il meccanismo cinematografico in tutta la sua bellezza.

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