circle-2015
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Presente sul catalogo di Netflix fin dal 2015, anno in cui la piattaforma è sbarcata anche in Italia, questo film è il primo prodotto che, casualmente, ho scelto di fruire dopo essermi abbonata. E forse quello che ho con Circle è quindi anche una sorta di legame tecno-sentimentale, che me lo rende caro.

Il concept

Circle (Aaron Hann, Mario Miscione, 2015) è un film quanto mai semplice nella sua realizzazione, basato interamente sull’infida attrazione esercitata dal suo concept: 50 sconosciuti (?) si risvegliano in una stanza buia, posizionati a cerchio su delle pedane dalle quali non si possono muovere, pena il liberarsi dalla cupola nera al centro di un raggio di energia non meglio identificata in grado di fulminare il malcapitato. Ogni due minuti, a prescindere dai tentativi di fuga e di aggiramento del meccanismo dei personaggi, un raggio colpisce una persona: è una scelta casuale? O si può fare qualcosa per decidere chi morirà?

Una scrittura elementare al servizio di dinamiche accattivanti

Come è facile intuire, la grande forza di Circle sta nel riuscire ad intercettare il morboso desiderio dello spettatore di scoprire chi riuscirà a sopravvivere. Il ritmo dato dalle continue e regolari morti sorregge la struttura del film che, fosse dovuto dipendere da un diverso escamotage narrativo, sarebbe rovinosamente crollato su se stesso, straziato dalla ripetitività e dalla prevedibilità degli scambi. I dialoghi infatti sono quanto di più banale nella sostanza, ma catchy e funzionali per l’evoluzione del plot: sono le dinamiche che si instaurano ad ipnotizzare lo spettatore

E per noi è divertente vederli accapigliarsi, è quasi come se condividessimo il punto di vista degli alieni che li hanno rapiti e messi lì per svolgere un qualche esperimento: come loro, noi li stiamo osservando, in attesa di individuare le loro debolezze e meschinità, grazie alla situazione di enorme stress psicologico in cui l’istinto di sopravvivenza ha spesso la meglio sui buoni sentimenti. La psicologia dei personaggi è quanto di più sommario e abbozzato si possa immaginare. Sono degli stereotipi viventi che, con la loro varietà di etnia, classe sociale, religione ed età, riescono a ridurre all’osso le più grandi contraddizioni della società americana. Ovviamente, lo scotto da pagare per un così ampio e variegato parterre di personaggi è, come accennavo, la monodimensionalità e il mancato approfondimento di tutti.

Non ci si identifica con nessuno – una pozzanghera è più profonda della psicologia del personaggio più approfondito. Ci si limita ad osservare, giudicare e parteggiare, in attesa del prossimo che dovrà morire.

CREDITS: Web

Un microcosmo retto dall’istinto di sopravvivenza

Circle ci mostra i trucchi, i maneggi e la facilità con cui l’opinione pubblica – di fatto i 50 personaggi rappresentano una società in miniatura – viene plasmata, indirizzata e raggirata, spesso da chi meno ci si aspetta. Una scena emblematica, e che – purtroppo – strappa una risata involontaria, è quella in cui il soldato, nella foga di decidere chi eliminare, urla: “Everybody vote for the black guy!”. Nonostante la morale, l’etica, le belle parole e il ruolo istituzionale rivestito, anche lui reputa l’afroamericano il più sacrificabile.

E questo è, in buona sostanza, il messaggio che il film, abbastanza maldestramente e concentrandosi per lo più sullo stupire lo spettatore, vuole dare: le apparenze ingannano, e il finale non farà altro che sottoscrivere questa massima. Non c’è un singolo personaggio che ci dia un’impressione genuina di innocenza e sincerità, temiamo che il fine ultimo di tutti sia l’autoconservazione. Tra la ragazza incinta e la bambina, è forse quest’ultima quella che più si avvicina ad un ideale di verginità intellettuale e morale ma, significativamente, lei non interverrà mai nel dibattito per la vita che ha luogo tra i prigionieri del cerchio.

Un aperitivo prima dell’orrore

È un’opera veramente godibile, soprattutto per chi ama i survival o i film che si svolgono in un unico ambiente. Ricorda le atmosfere che i più hanno potuto conoscere e apprezzare grazie ad opere come Black Mirror. Idealmente è un apripista perfetto per una serata di Halloween all’insegna del cinema, un aperitivo da gustare prima dell’orrore vero. Da vedere quando ancora la notte non è iniziata, quando ancora vogliamo indugiare nel clima conviviale e giocoso della serata, prima di buttarci nel baratro dei nostri incubi.

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