Carmelo Bene è uno di quei personaggi che, come si suol dire, non ha certo bisogno di presentazioni. Attore, regista, drammaturgo, scrittore e poeta (per coloro che non lo conoscono, un’occhiata qui).

Su di lui, a quasi vent’anni dalla dipartita, sono stati scritti fiumi di saggi, atti di convegni, tesi di laurea, articoli e approfondimenti vari.

Tutti incentrati sulla sua immensa figura d’artista, nessuno sulla sua persona.

Fino all’uscita di Cominciò che era finita, pubblicato nel dicembre del 2020 da Edizioni dell’Asino.

Un libro di Luisa Viglietti, compagna del maestro negli ultimi otto anni della sua vita.

Ed è qui la prima immensa novità della pubblicazione: questo (gentilmente donatoci dalla casa editrice) non è un libro su Carmelo Bene, ma è un libro per e con Carmelo Bene.

Quando si parla o si scrive di una persona lo si fa sempre dal punto di vista che ci collega a quella data persona. Cominciò che era finita non racconta solo gli ultimi anni di Carmelo Bene, ma descrive la vita dell’indimenticato artista insieme alla sua ultima compagna di viaggio.

Luisa Viglietti, napoletana, professione costumista. “Luisa è la persona che ha messo Carmelo con i piedi per terra”, ha detto una volta di lei Goffredo Fofi. Dapprima collaboratrice, poi amica, infine compagna.

Carmelo Bene e Luisa Viglietti
(fonte web)

Questo libro è un racconto in punta di piedi, scritto con la forza inconfutabile dell’amore, valore aggiunto che ci apre infiniti mondi su un personaggio pubblicamente conosciuto in un certo modo.

Nel prologo, le intenzioni dichiarate:

“Il mio è un racconto di vita, una storia d’amore. Di una profonda conoscenza dell’uomo, e delle sue fragilità, oltre che un sodalizio professionale […] Proverò a chiedermi che cosa posso raccontare di Carmelo Bene, cosa ho vissuto io che gli altri non possono sapere, cercando di riportare quello che c’era tra noi.”

E le premesse rispettano appieno ciò che si trova scorrendo le poco più di duecento pagine che viaggiano veloci, perché il libro si legge come un bel romanzo, si fa apprezzare come reale occasione per accostarsi alla dimensione privata e umana del grande artista.

Entrando in casa sua, innanzitutto. Anzi, nelle sue due case, simbolo di bidimensionalità geografica ma anche emotiva.

Roma e Otranto. Un’austera dimora perennemente in penombra, difficile da penetrare come da vivere quotidianamente una. Piena di luce, scorci sul mare e tempo da spendere convivialmente con  (i pochi ma buoni) amici l’altra.

Le parole dell’autrice accompagnano lungo quelle meravigliose serate di condivisione artistica e personale e sembra quasi di essere stati anche noi lettori in qualche modo, ospiti a casa del maestro.

Sembra di essere dove si narrano gli eventi, quasi come un diario. Sembra di seguire questa strana coppia e di vederla crescere e farsi via via più coesa. Giorno dopo giorno, anno dopo anno.

È questa una delle perle di questo libro: la cura dei dettagli che restituiscono colori, odori, atmosfere, particolarità. Ricchezze immense, regalate da chi ha amato Carmelo Bene uomo e da condividere con chi ha amato l’artista.

Una retrospettiva che dona a chi la legge un Carmelo Bene inedito, svestito dell’ingombrante figura pubblica e collocato in un ambiente domestico, quotidiano, reale.

Come quando il sindaco di Campi Salentina gli consegna le chiavi della città.

“Non mi è mai più capitato di vedere Carmelo in una situazione come quella. Lo guidavo tra la folla verso il suo posto, lui con gli occhi aperti, ma senza vedere, avanzava con un sorriso stampato sulla faccia, salutava tutti con un gesto meccanico continuando a sorridere.”

Dietro l’uomo c’è poi pur sempre l’artista, e durante i racconti dettagliati delle produzioni teatrali che Luisa Viglietti segue da vicino, vengono svelati aneddoti e curiosità che contribuiscono all’autoalimentarsi della “leggenda”.

Carmelo Bene
(fonte web)

Fino agli ultimi giorni della sua vita, Carmelo Bene ha mantenuto intatto il voto al lavorio continuo, fremente, costante, sempre teso verso la propria ricerca. “Aveva un legame sacralizzante con tutto quello che riconosceva come Arte”.

Eccentrico perché estraneo, dissacrante perché distaccato eppure profondamente immerso nel presente (storico, sociale, politico, culturale, massmediatico).

“Non si era mai sottratto alla polemica e in numerose occasioni aveva manifestato il suo disappunto. Infine, ciò che lui ha attaccato ha finito per sconfiggerlo post mortem, togliendogli la memoria che doveva essere il frutto per cui aveva lavorato tutta la vita”.

Consiglio Cominciò che era finita non solo agli ammiratori di Carmelo Bene, ma agli amanti del teatro tutti, e oltre. Agli amanti dell’arte in senso lato, poiché non si può dare arte se non si conoscono i geni che ci hanno preceduti, oltretutto storicamente a noi vicini, e Carmelo Bene è indiscutibilmente l’ultimo genio teatrale della fine del ‘900.

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