Creature di Dio (God’s Creatures) è un film di genere drammatico diretto da Saela Davis e Anna Rose Holmer, prodotto da A24 e presentato a Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs. In uscita dal 4 maggio 2023 nelle sale italiane e distribuito da Academy Two.
Trama
L’Irlanda, un villaggio di pescatori e una madre di nome Aileen (Emily Watson). Quest’ultima sarà costretta a mentire per proteggere il figlio Brian (Paul Mescal) dall’accusa di molestie sessuali, ma la sua scelta avrà un impatto devastante sulla sua comunità, sulla sua famiglia e soprattutto su sé stessa.
L’orrore dell’omertà e l’amore incondizionato di una madre
Un dramma slow burn, psicologico e inquietante che mette in scena la contraddizione che latita sullo sfondo di un piccolo villaggio irlandese, che sembra quasi staccato dal tempo, ma ahimè non è così.
Le due registe imboccano macabre traiettorie servendosi di una sceneggiatura incisiva e non convenzionale, di complicata accettazione, dimostrando abilmente di saper ricostruire la giusta sensibilità di un dramma sfortunatamente ancora profondamente attuale, come l’atteggiamento complice di chi sceglie il silenzio: l’omertà.
I temi narrativi sono complessi e ci vuole del tempo per poterli metabolizzare e metterli a fuoco. L’amore incondizionato di una madre, l’omertà che diventa orrore, l’umiliazione dell’abuso psicofisico dell’essere umano e il patriarcato inestinguibile.
Creature di chi?
Creature ma di chi? Di Dio? Del Mondo? O di nessuno? Chi entra nel giudizio di merito dell’essere umano?
Le registe newyorkesi imbastiscono un tessuto narrativo che viene sottoposto ad un’investitura sacra, cristiana, senza mai risultare pretenziosa. La storia del figlio Brian che torna a sorpresa a casa dopo una lunga assenza in Australia, senza motivazioni effettive, rappresenta una vera e propria rielaborazione della parabola del “figliol prodigo”, che si fa al contempo ambiziosa e pericolosa, e che viene perentoriamente interrotta senza possibilità di volgere al termine.
Creature di Dio è un film che mostra come l’amore, nella sua più alta forma dirompente, come quella tra madre e figlio, possa accecare, illudere e distruggere; i legami familiari costringono a scegliere tra integrità e il sentimento, tra lealtà e menzogna, senza mai volgere davvero ad una conclusione.
Lo sguardo femminile che smonta il patriarcato
La scelta registica lavora con tono sommesso, tralasciando l’esasperazione e l’esaltazione del dolore e della violenza. Il pensiero e il punto di vista femminile dominano sul patriarcato che emerge dalla storia di un villaggio maschilista, privato da ogni sensibilità.
La figura maschile, grazie alla cura della regia, viene confinata ad un ruolo passivo, ma con il quale è impossibile non imbattersi. Un maschilismo che accetta silenziosamente e che giustifica la violenza sulle donne, incolpando la vittima e proteggendo il colpevole, propriamente come fa la protagonista Aileen con Brian.
Questa oscura e impenetrabile realtà viene donata altresì dalla potente fotografia di Chayse Irvin, che mostra un paesaggio cupo di natura austera, esattamente come la maggior parte dei cuori della gente del villaggio. Un villaggio vivido, espressivo, talmente imponente, da diventare esso stesso un personaggio del film, con le sue zone avvolte dall’ombra e dal mistero.
In breve
Creature di Dio è un film che fa pensare, una narrazione sulla quale riflettere per coglierne le chiavi di lettura ermetiche ed allegoriche. La trama richiede molto impegno da parte dello spettatore, e lo conduce verso una violenza silenziosa, in cui fa esperienza di atrocità che risiedono nel lato spettrale dell’uomo.
Un’opera che converge sulla disamina dell’auto condanna umana, che rende il complice del carnefice antagonista della storia, proprio come accade ad Aileen.