David Tennant, Criminal, Netflix - CREDITS: Netflix

Nel pozzo senza fondo che è Netflix, più volte mi era capitato di imbattermi nell’anteprima di questa serie e, complice il titolo, ho sempre pensato si trattasse dell’ennesimo prodotto true crime, e di conseguenza non mi sono mai interessata abbastanza da approfondire. In realtà, sotto il titolo – forse poco accattivante – di Criminal sono comprese quattro serie tv antologiche di genere procedural, ognuna delle quali è recitata nella lingua di quattro diverse nazioni (Regno Unito, Spagna, Germania e Francia), anche se – dato curioso – tutte sono palesemente ambientate nello stesso luogo (il set è in Spagna, a Madrid).

Gli showrunner sono gli inglesi George Kay e Jim Field Smith, e la prima stagione di tutte e quattro le serie è stata rilasciata contemporaneamente a settembre 2019. Il 16 settembre 2020 esce la seconda stagione di Criminal: UK, che con i suoi 4 episodi va ad incrinare la simmetria dei 3 episodi per stagione che aveva imperato fino ad allora. Ma facciamo un passo indietro. Che cosa è Criminal?

Criminal, un nuovo format Netflix

Potremmo definire Criminal una sorta di format che, come accennavo, viene adattato in quattro lingue, culture e sistemi giudiziari diversi. Per farla breve, tutte le puntate sono dei mediometraggi in cui il thriller si contamina con il drama nella soluzione formale perfetta dell’interrogatorio. Ogni puntata, dalla durata di 40-50 minuti, è incentrata su un caso diverso. A collegare le varie puntate di ogni stagione è un accenno di storyline che riguarda i rapporti interpersonali del team di poliziotti che interroga i sospettati, coinvolti in vari casi che, di volta in volta, sono presentati in modi sempre accattivanti. Molto banalmente è anche questo fattore ad invogliare lo spettatore a proseguire nella visione quasi bulimica del prodotto, favorita anche dal ridotto numero di episodi disponibili.

La grande differenza tra le varie serie, oltre a quella linguistica, consiste nei riferimenti culturali, storici e sociali particolari, che danno allo spettatore la sensazione di trovarsi, almeno idealmente, in contesti diversi. Si pensi al primo episodio di Criminal: Germania, in cui l’interrogatorio ruota attorno ad una misteriosa scomparsa avvenuta ad inizio anni ’90, poco dopo la caduta del Muro: la storia dei personaggi si interseca con la Storia, in una delle puntate probabilmente più toccanti. Si pensi, ancora, alla prima puntata di Criminal: Francia, in cui l’attacco terroristico al Bataclan del 13 novembre 2015 diventa lo scenario di una possibile truffa.

Monologhi e grandi prove attoriali

Gli interpreti, in particolare quelli dei sospettati, sono attori abbastanza conosciuti nei vari paesi di appartenenza e, come è facilmente intuibile dalla tipologia di format, l’intero episodio si regge sulle loro performance recitative, che talvolta raggiungono dei picchi di eccellenza. Il primo episodio della prima stagione di Criminal: UK ci delizia, inaugurando con il botto l’intera serie, con uno straordinario David Tennant (Doctor Who, Broadchurch, Jessica Jones), alle prese con il tentativo di difendersi dalle accuse dell’omicidio della figliastra. La reticenza del personaggio nel comunicare con gli investigatori che lo interrogano, attraverso la formula del no comment, è una scelta di sceneggiatura che, combinata alla bravura attoriale di Tennant, fa rizzare i peli sulle braccia dello spettatore dall’agghiacciante stupore.

Rimanendo in Criminal: UK, il secondo episodio della seconda stagione ci presenta un inedito Kit Harington che, apparentemente, ne ha fatta di strada dall’interpretazione del monocorde Jon Snow in Game of Thrones.

Kit Harington in Criminal – Netflix

Mi spingerei a dire che sembra quasi essere un altro attore, soprattutto nel monologo che apre la puntata, in cui una ripresa frontale di Harington va a costituire un long take in inquadratura fissa di circa 6 minuti, in cui il personaggio presenta la sua versione dei fatti agli investigatori, ma anche allo spettatore, se consideriamo il suo sguardo in macchina che va a rompere la quarta parete.

Ma le performance sono tutte veramente ottime, e senza concentrarci sui nomi più altisonanti. A Tennant e Harington si potrebbero aggiungere Nathalie Baye (Effetto Notte, Prova a prendermi, È solo la fine del mondo), Eduard Fernández (Biutiful, La pelle che abito, Tutti lo sanno) e Kunal Nayyar (The Big Bang Theory), possiamo trovare delle piccole perle di bravura, quali la dolce e spaurita interpretazione di Sara Giraudeau nell’episodio francese sul Bataclan e quella di Inma Cuesta in Criminal: Spagna, dove interpreta una ragazza problematica che non ha ricordi del momento in cui la sorella autistica è affogata nella vasca da bagno.

La sfida di una narrazione limitata nello spazio e nei luoghi

Il pericolo di una narrazione sì interessante a livello drammatico, ma monotona e noiosa nella messa in scena, viene a mio parere scongiurato dal dinamismo concesso dai pur limitati spazi, sfruttati sapientemente dai registi. Lo spazio del racconto si limita a tre luoghi contigui, ovvero una stanza per gli interrogatori, la saletta ad essa adiacente, da cui è separata solo da uno specchio unidirezionale che permette agli investigatori di guardare l’interrogatorio (come una palese metafora cinematografica di schermo e spettatore), ed infine il corridoio e l’area che dà sulle scale.

In quest’ultimo spazio è presente anche un ascensore che, se vogliamo, è, insieme ai finestroni che danno sulla città, il nostro contatto più prossimo con l’esterno dell’edificio. I registi giocano molto sul trapasso tra sala degli interrogatori e stanzetta attigua, con dissolvenze sui volti dei sospettati che diventano immagini nei televisori collegati alle videocamere interne, o con sovrapposizioni tra le immagini degli investigatori riflesse sullo specchio dalla parte della stanzetta e sospettati e agenti nel corso dell’interrogatorio dall’altra parte dello specchio. Il continuo scambio tra investigatori che interrogano e investigatori che osservano permette un contatto più diretto tra questi due spazi, e i momenti di maggiore prossimità sono dati dal cortocircuito cui si va incontro quando i sospettati mostrano di conoscere i meccanismi operativi della polizia e guardano direttamente lo specchio, rivolgendosi agli agenti dall’altra parte.

Un esperimento da ripetere

In ultima analisi, Criminal è un esperimento assolutamente ben riuscito, nonostante sia necessariamente caratterizzato da un andamento abbastanza altalenante tra le varie puntate, laddove il ritmo serrato di una non riesce a reggere con quello più disteso e poco avvincente di quella successiva, o laddove la storia di una ci coinvolge meno di quella precedente.

Spero, in ogni modo, che, sull’esempio di Criminal: UK, anche le altre serie possano avere una seconda stagione. Le luci si abbassano, il tempo comincia a stringere, la tensione si potrebbe tagliare con una lama. Sei pronto? Mettiti comodo dietro lo specchio e osserva con attenzione. Non lasciarti sfuggire nemmeno un battito di ciglia. È colpevole? O è innocente?  È un vero e proprio duello quello che si sta svolgendo sotto i tuoi occhi, durante il quale potrai cambiare idea più e più volte. Questo è Criminal.

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