Scritto e diretto da Lisa Bosi e Francesca Zerbetto, il film documentario sui 40 anni della club culture Disco Ruin.
40 anni di club culture italiana vengono rappresentati in Disco Ruin, un turbine visivo e narrativo inclusivo e visionario. Fatto di storia e musica che cambia di decade in decade. Di aggregazione in grandi architetture in cui perdersi per poi ritrovarsi, o viceversa, a libera scelta degli avventori della notte. Dall’inaugurazione del Piper a Roma fino alla fase discendente degli anni ’90, dove allo charme optical si sostituivano influenze post industriali.
Il documentario ripercorre la realtà parallela dei locali come alternativa per sopravvivere alla normalità destabilizzante del mondo quotidiano. Lo fa mostrando i luoghi ormai abbandonati e in rovina, quasi alieni e futuristici, del passato di un movimento gigantesco come quello del clubbing.
L’avanguardia parte da un dj set
Attraverso una moltitudine di testimonianze e interviste (tra Claudio Coccoluto, Albertino e tanti altri), materiali d’epoca e fotografie “rubate”, lo sguardo viene rapito dalla suggestione magica e paranormale del fascino di un mondo libero dalle convenzioni.
Nei luoghi quasi sacri dei club e delle discoteche l’avanguardia e la liberalizzazione delle droghe e del sesso partecipano ad un rivoluzione sotterranea. Tutto sfocia come magma creativo nella musica “nuova”, nell’arte e nella performance, nel teatro e in passerella. La sfavillante atmosfera di una cultura in fermento cresce assieme alla fama dei DJ, che, come sacerdoti armati di dischi, muovono a tempo i corpi di migliaia di adepti.
Brani tratti da Fluo di Isabella Santacroce, Rimini, Altri libertini e Un weekend postmoderno di Pier Vittorio Tondelli, Generazione in ecstasy di Fabrizia Bagozzi, si amalgamano alle immagini, come parole descrittive per un flusso difficile da catalogare.
Disco Ruin travolge come un “trip” psichedelico fatto di suono e ricordo. Anche chi non conosce la scena protagonista farà fatica a non rimanerne profondamente affascinato e travolto.