Donnie Darko, Framed Magazine/Conza Press - via web
Donnie Darko, Richard Kelly (2001)

In occasione del ventesimo anniversario di Donnie Darko, inauguriamo una nuova rubrica mensile in collaborazione con l’ufficio stampa musicale Conza Press e i suoi talenti.

Perché Donnie Darko

Il 19 gennaio 2001 usciva nelle sale americane un film che nel giro di poco tempo sarebbe diventato un vero e proprio cult. Stiamo parlando di Donnie Darko, opera che segna l’esordio registico di Richard Kelly e che oggi compie la bellezza di vent’anni. Vent’anni: se fosse nostro figlio avrebbe già fatto la maturità e quasi finito la triennale in psicologia senza esser fuori corso.

In Italia abbiamo dovuto aspettare fino all’autunno del 2004 per poterlo finalmente vedere sul grande schermo, ma nonostante il ritardo di quasi quattro anni è stato incredibilmente facile per Donnie Darko (interpretato da un giovanissimo Jake Gyllenhaal con gli occhi stralunati) conquistare il cuore di almeno due generazioni di adolescenti. O di chiunque si sia sentito almeno una volta fuori posto, un freak deriso e incompreso, innamorato senza sapere perché.

Certo, così come molti l’hanno amato per il suo essere fuori dagli schemi, altrettanti l’hanno odiato per le astruse teorie sui viaggi nel tempo. Quel che è innegabile però è che, con questo film, Richard Kelly è stato decisamente in anticipo sui tempi.

In fondo, stiamo parlando di un’epoca in cui non era ancora stato sdoganato il tabù della salute mentale. Un’epoca in cui tematiche come il bullismo e il disagio giovanile non erano ancora state rese mainstream dai vari 13 Reasons Why. Un’epoca in cui – last but not the least – il dramma dell’11 settembre aveva disintegrato le grandi illusioni di inizio millennio, facendoci svegliare di soprassalto in una realtà che ormai stentavamo a riconoscere. Inserito in un simile contesto, è molto facile capire perché Donnie Darko, tra wormhole, conigli mostruosi e venature dark, sia diventato un cult generazionale.

Immaginare un finale diverso da Mad World

E poi c’è la sequenza finale. Quella sequenza che, al tempo in cui ancora non esisteva Shazam, ci ha fatto dannare per poter aggiungere Mad World al nostro lettore mp3. Una sequenza che riassume e racchiude l’estrema sintesi di un caos interiore condiviso da tutti i personaggi. Chissà se avrebbe ancora funzionato se Gary Jules non avesse inciso la cover di quel meraviglioso brano, pensato una ventina d’anni prima dai Tears for Fears?

Mad World – Gary Jules 2001 – Donnie Darko

Per l’occasione, abbiamo chiesto a 10 cantautori o band che rapporto hanno con il film e quale altro brano avrebbe potuto far da colonna sonora a quella sequenza – dannatamente bella – che lo chiude.

SHEFFER

In quei rari momenti in cui si nasconde dalla musica, Sheffer è semplicemente Daniele. Cantautore della provincia di Milano che cresce con l’obiettivo ben chiaro di diventare un musicista, di più, un polistrumentista e mette le mani sulla chitarra e sulla batteria. Di recente ha pubblicato per Mirò Production un nuovo singolo dal titolo Solitudine.

Ricordo perfettamente che la prima volta che guardai Donnie Darko rimasi talmente colpito dalla sua estetica e dalla sua narrazione che iniziai a disegnare ovunque la maschera da coniglio di Frank e a usare la frase “They made me do it” come un mantra. Questo film gioca ancora oggi un ruolo molto importante per me, infatti, sia nel testo che nel video del mio ultimo singolo Solitudine, ho voluto inserire delle citazioni al film.

La canzone che sceglierei di abbinare alla scena finale è Cancer dei My Chemical Romance nella versione dei Twenty One Pilots in quanto la delicatezza di questo arrangiamento si sposa alla perfezione con la malinconia e la disperazione di tutti i personaggi inquadrati, portando l’immaginario del lutto e della perdita anche nei versi del brano.

KUBLAI

Dietro al nome di Kublai c’è il nuovo progetto di Teo Manzo che prende ispirazione dalle opere di Calvino e dalla storia di Kublai Khan. L’imperatore che, chiuso nel suo bellissimo palazzo, ha deciso di togliersi la vita a causa della sua estrema solitudine. Il suo primo disco omonimo (anticipato dal singolo Orfano e creatore) è stato pubblicato a inizio dicembre ed è stato presentato in anteprima su Rolling Stone Italia.

Il finale di Donnie Darko è una rassegna di paradossi, tanto intensa quanto in verità pacifica, logica, simbolica. I volti elencati nella sequenza sembrano dirci che siamo una somma di presenti, striature di psiche, muscoli dell’anima. Che il tempo non esista è incontestabile, e mai più il passato della colpa, mai più il futuro dell’errore, mai più la linearità imbecille delle morali. È un film angoscioso, eppure questo finale mi ha sempre suggerito serenità, ma senza il cinismo della rassegnazione; per questa ragione soprattutto, se dovessi scegliere un pezzo, direi Everything is new di Antony and the Johnsons.

VESPRO

Vespro è un cantautore napoletano che da un background più rap ha voglia di liberarsi di ogni etichetta. Lo fa pubblicando il suo EP di debutto dal titolo Mediterraneo, sfacciatamente pop e anche sfacciatamente triste con venature urban, complice la produzione artistica di OMAKE.

Questa sì che è una domanda difficile. Partendo dal fatto che quella sequenza è a dir poco perfetta e la canzone pure, e su questo siamo tutti d’accordo. Ho provato a dare un’interpretazione leggermente differente alla scena sostituendo la colonna musicale con Forever young degli Alphaville. Naturalmente questo brano racconta di un’altra sofferenza giovanile riferita a tutt’altra decade, ma mi è sembrato essere il brano più opportuno, tolto Mad World, per ciò che il film voleva esprimere: quel senso di disorientamento giovanile, quella paura del futuro e della vita che, in qualche modo, ci spingono nel baratro e nell’incertezza.

ANTONIO MCFLY MORELLI

Antonio McFly Morelli, a volte semplicemente McFly, è un musicista italiano di musica strumentale elettronica. Lo si conosce più facilmente perchè è la metà del duo dei Baryonyx, con Matteo Ceccarini. Durante questi anni ha collaborato con altri artisti, specialmente con Francesco Landucci e nel 2020 ha pubblicato Sound My Way, il suo primo album solista.

Quando si pensa a Donnie Darko non si può che pensare inevitabilmente alla canzone Mad World interpretata da Gary Jules nel 2001. Trovare quindi un degno sostituto a questo brano non è assolutamente facile ma penso che sceglierei Hurt degli Eclipse, brano che esprime perfettamente l’empatia verso il dolore provato da qualcuno con le sue vibranti note di malinconia ma allo stesso tempo esplosivamente rock. Tornando al film questo ci porta ad uno dei più grandi finali enigmatici e introspettivi della storia del cinema. La tematica del viaggio nel tempo, degli universi paralleli e anche del concetto di pazzia che porta con sé il personaggio di Donnie creano una complessità nella trama di difficile interpretazione. Ma forse è proprio questa enigmaticità che rende Donnie Darko un capolavoro del cinema. Consigliatissimo sia per gli appassionati di fantascienza che non.

EUGENIA MARTINO

Eugenia Martino è una cantautrice, autrice e compositrice romana, classe 1986. Di recente ha pubblicato un nuovo singolo E Allora, per la produzione artistica di Mogol (L’altra metà SRL). Si tratta di un brano autobiografico, uno sfogo di chi, lontano da banchi di scuola e pregiudizi di genere, prende le distanze dalle convenzioni e regole, spesso autoimposte. Un nuovo capitolo per la cantautrice Eugenia Martino che si mette a nudo per permetterci di entrare nel suo mondo, di un fine e agro-dolce cantautorato al femminile.

Per sostituire la bellissima canzone di Gary Jules che fa da sottofondo a queste scene finali di dolore, inquietudine, tristezza e allo stesso tempo a questo senso di vuoto, io suggerirei Immortality dei Pearl Jam per il suo carattere emotivo e allo stesso tempo duro come le vicende del film che oscillano tra conscio e subconscio, che rovesciandosi e mescolandosi creano mondi impossibili da controllare.

CLIO AND MAURICE

Clio and Maurice sono un duo impossibile, anche se si saranno stufati di essere definiti così. Ma impossibili lo sono davvero: solo voce (Clio Colombo) e violino (Martin Nicastro, dei Pashmak). Tra le loro influenze anche Arca, Björk e James Blake. Hanno pubblicato di recente il loro EP di debutto dal titolo Fragile (anticipato dal singolo Lost, il cui videoclip è stato presentato in anteprima su Rolling Stone). Un nuovo capitolo che è una sorta di inno a mostrarsi vulnerabili, nonostante tutto. 

Confesso di aver visto Donnie Darko talmente tanti anni fa da non ricordare precisamente né trama, né significati, se non a grandi linee. Quello che sicuramente mi è rimasto impresso è come Mad World si incollasse perfettamente al film, fino a partire dal menù di selezione del DVD con cui lo vidi (dettaglio insignificante, che però la dice lunga sul potere evocativo del pezzo). Pensando di sostituire un elemento così importante di quell’esperienza mi viene in mente un brano che associo per stile e testo a quello dei Tears for Fears: No surprises dei Radiohead. Una ninnananna che racconta la terribile dolcezza dell’alienazione umana nel mondo contemporaneo – Martin (Clio & Maurice).

DIMEGLIO

Duilio Di Meglio in arte DiMeglio è un autore e compositore della provincia di Monza e Brianza. Nasce a Desio e fin da giovanissimo inizia a frequentare diverse accademie di musica e a scrivere i suoi primi brani. Il suo è un inconfondibile vintage pop e di recente ha pubblicato un nuovo singolo dal titolo Anche Spiderman. Un nuovo pezzo per chi ha voglia di ricominciare e, in fondo in fondo, rifugiarsi nella routine.

La canzone che penso possa essere in grado di sostituire Mad World dignitosamente è sicuramente Breathe (in the air) dei Pink Floyd, per la sua musicalità, così psichedelica e dark, che rimanda molto bene al mood del film, ai wormhole, e al personaggio di Donnie Darko, così tetro, quasi indecifrabile, confusionario, disturbato. Ecco che Breathe riesce a vestirsi benissimo del tema di questo film e a spalmarsi perfettamente sulla scena finale.

Poi, leggendo il testo, mi sono convinto ancora di più; mi è balzato subito all’occhio “run, rubbit run” e ho fatto un semplicissimo collegamento con Frank, il coniglio nero. Ma tante frasi mi hanno fatto legare a quel senso di inadeguatezza che porta con sé il film, e cito: “don’t be afraid to care” che sarebbe potuto essere benissimo un motto di Donnie Darko, oppure “for long you live and high you fly” che mi sembra la sintesi del protagonista, che fino alla sua morte, con la mente, ha volato in altissimo.

BLUEDAZE

I Bluedaze sono una band di Varese che dopo i singoli Hodad e Dreamwalk svela finalmente il suo mondo tra psych e dream pop, vantando la produzione artistica di Martino Cuman dei Non Voglio Che Clara pubblicando il disco di debutto dal titolo Skysurfers, letteralmente “surfisti del cielo”, una condizione mentale nella quale ci rifugiamo ogni volta che abbiamo bisogno.

Donnie voleva salvare Gretchen o condannare se stesso? Ha rotto l’ordine delle cose o lo ha solo consolidato? Ha svelato gli scheletri nell’armadio degli altri personaggi o ha aiutato a seppellirli? L’indifferenza emotiva che permea tutta la narrazione e l’impossibilità di dare un’interpretazione univoca, sono sicuramente gli aspetti più sconcertanti di questo film, che esprime perfettamente i dubbi e la sensazione di catastrofe imminente che caratterizzava la fine dei 90s e l’inizio del nuovo millennio. Difficile pensare a un’alternativa alla già perfetta Mad World scelta per la sequenza finale. Per noi potrebbe forse essere la Gymnopédie No.1 di Erik Satie: né triste né felice, dipinge perfettamente l’imperturbabilità dell’attimo subito prima e di quello subito dopo l’accadimento di qualcosa di importante.

LYRE

Lyre è il progetto solista dell’artista milanese Serena Brindisi, personaggio misterioso, ossessivo e complicato che sta per pubblicare, questo 22 gennaio 2021, il suo primo EP dal titolo Queer Beauties (anticipato dal singolo Broken Flowers), un primo capitolo di uno dei progetti più interessanti della scena elettronica in Italia. Tra le sue influenze, incredibilmente, anche Nick Cave e Pj Harvey.

È un film che ho apprezzato molto, soprattutto per il suo ritmo di narrazione e il linguaggio creato, totalmente in relazione con il tempo, il ritmo e il respiro del mondo interiore del personaggio principale, libero da ogni schema e gabbia hollywoodiana. D’altronde, è proprio questo che mi commuove di più: l’aver creato lo spazio adatto per esprimere con molta cura un mondo difficile, complesso, intriso di grande tenerezza e a tratti infernale. Un mondo che abbiamo tutti dentro, anche se in diverse misure a seconda di molti fattori della vita, ma che è spesso un tabù nella nostra società occidentale attuale, che ha ritmi disumani e un’ansia totale rispetto al binomio successo/fallimento, appunto amore/paura, anzi è ossessionata dai binomi. Penso poi sinceramente che non esista canzone più giusta per la scena finale, ci ho pensato molto, ma non esiste per me.

LUCA ERI

Luca Eri è un cantautore di Roma che trascorre gran parte della sua vita insegnando storia e filosofia in un liceo, amando la sua compagna, passeggiando con Gorgia – che poi è il suo cane, ma crede di essere sua figlia – parlando del più e del meno con gli amici, leggendo e seguendo il calcio. Mentre il resto del suo tempo su questa terra lo dedica a cercare di vedere i suoi fantasmi e, per farlo, scrive canzoni. Åpøcalisse, il suo ultimo singolo, è nata quando uno di loro gli ha chiesto: Cosa ne sarà del nostro amore, il giorno della fine del mondo?

Donnie Darko l’ho visto per la prima volta nel 2004, al cinema: poi l’ho rivisto almeno altre tre volte, una ogni quattro anni. Eppure quando mi ritrovo a parlarne, l’unica cosa che mi ricordo e di cui sono certo è che l’ho visto. Nemmeno un volto, a malapena un coniglio e il motore di un aereo. È per questo che Donnie Darko è un film riuscito: perché mette in discussione il modo in cui noi viviamo nel mondo, offrendoci una visione totalmente diversa della realtà. Un’interpretazione plausibile, che una volta chiusa la scena finale ci sembra quasi migliore di quella che ci propone la scienza. Migliore, quanto terribile. Eppure, per non diventare matti, e continuare a vivere nel mondo in cui vivono tutti, ce ne dobbiamo assolutamente dimenticare.

Fake plastic trees dei Radiohead è allora il pezzo che avrebbe potuto chiudere Donnie Darko: proprio a ricordarci che il mondo in cui viviamo e che crediamo reale potrebbe essere solo la copia contraffatta del mondo vero.

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