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Dune. Warner Bros

Dune è il nuovo film del regista Denis Villeneuve, presentato fuori concorso alla 78ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Arriva finalmente in sala pronto per trasportarci nel futuro decadente immaginato dallo scrittore Frank Herbert nel suo romanzo omonimo.

Attesa opera del regista canadese, si pone a metà nella sua trilogia fantascientifica: riprende l’eleganza stilistica di Arrival (2016), e fortunatamente, si tiene alla larga dalle opzioni puramente spettacolari ma vuote di Blade Runner 2049 (2017).

Non delude, ma lascia con la voglia di assaporare l’inevitabile, e assistere a quella conclusione che David Lynch ci aveva servito nel 1984 con il suo adattamento in poco più di due ore di visione.

La differenza di sguardo con quest’ultima versione si materializza nella scelta di dividere in due capitoli una narrazione corposa, privilegiando la riflessione socio politica e la condizione del giovane protagonista, Paul Atreides: la sua evoluzione e crescita.

Dune di Denis Villeneuve, Warner Bros.

La sinossi

Il futuro rappresentato da Villeneuve non è troppo distante dal nostro presente. Sebbene gli uomini abbiano una visione quasi rinascimentale, l’universo è ancora governato dai turbamenti e dalle ingiustizie che da sempre hanno caratterizzato l’umanità.

Grandi casate si contendono il potere e la Spezia è la risorsa di grande valore per cui uccidere (spaventosamente simile al petrolio per cui guerre ben più reali sono state portate avanti). È capace di espandere la mente e mostrare il futuro, ma è anche necessaria per i viaggi interstellari delle astronavi. Sulla Spezia si basa tutta l’economia dell’universo, e per questo la Casa Harkonnen vuole riconquistarne la supremazia riprendendo il controllo del pianeta Arrakis.

Arrakis (unica fonte della materia prima) è un pianeta desertico abitato da ciò che rimane della sua popolazione nativa, i Fremen, che lo conoscono come Dune. La nobile Casa Atreides, originaria di Caladan, vi si recherà, su ordine dell’Imperatore, per occuparsi della raccolta della Spezia.

Paul (Timothée Chalamet), figlio ed erede reale di Leto Atreides (Oscar Isaac), sarà costretto a lasciare la sua casa per ritrovarsi in un luogo ostile e all’interno di una trappola politica da parte dell’Imperatore per far sì che gli Harkonnen annientino la sua famiglia.

Visioni dal futuro

Il futuro rimbomba di canti assordanti che risuonano in un cielo in cui esili astronavi si schierano silenziose. Il futuro è antico, e spaventoso, come il passato che l’ha preceduto, e, mentre le grandi famiglie prosciugano ogni risorsa, si prepara ad una guerra.

Le sonorità martellanti della colonna sonora di Dune, firmata da Hans Zimmer, si avvalgono di ritmiche inquietanti e mistiche, accompagnando la narrazione con voci onnipresenti.

Lo scenario in cui un possibile futuro dell’uomo si riversa è arido e impervio. Il regista si concentra sulla resa immediata degli elementi. Nonostante si possa viaggiare di pianeta in pianeta, la sabbia, il cielo, l’acqua, non hanno nulla di fantascientifico. Sono reali e tangibili, e si muovono sotto ai passi, con il vento.

Futuro e passato convergono, e il giovane Paul inizia a scorgere nei suoi sogni una rivoluzione necessaria, imminente. E nelle sue visioni compare una donna Fremen (Zendaya), dagli ipnotici occhi blu tipici degli abitanti del deserto, che continua a chiamare il suo nome.

L’erede Atreides, addestrato da sua madre, la sacerdotessa Bene Gesserit Lady Jessica (Rebecca Ferguson), alla via della luce, sente gravare su di lui una profezia. Superstizione, magia, destino: crescere per lui significherà comprendere il suo potere.

Dune di Denis Villeneuve, Warner Bros.

Il film non è che la prima parte di un disegno più grande, e come tale si prende il suo tempo (forse anche troppo). Il suo più grande problema è prepararci ad un epilogo per cui dovremo aspettare ancora un bel po’.

Nonostante questo Villeneuve traccia il sentiero per guidarci in una profonda analisi della guerra e della formazione di un ragazzo destinato ad ergersi come leader. La disposizione funziona e terrorizza: la visione di 2 ore e 30 di Dune sembra essa stessa un sogno, sul disperato futuro che potrebbe attenderci, pervaso di grande oscurità e rinnovata spiritualità.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

1 commento

  1. […] Il primo Dune e Dune – Parte Due sono film molto diversi, sia per codici narrativi che per scelte registiche; a cambiare sono anche i personaggi nel corso della storia, il Paul ragazzo e sua madre Lady Jessica (Rebecca Ferguson), vivranno un ribaltamento totale, ma non inaspettato. Nonostante sia l’elemento più evanescente della visione, dopo ore di eventi, scontri e dinamiche coinvolgenti, all’inizio di entrambi i film alcune parole dettano il senso intrinseco di ciò che vedremo, il nucleo pulsante della narrazione. […]

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