Qual è la prima cosa che viene in mente pensando alle streghe? Le immagini che si affollano sono molto chiare, che siano i Sabba demoniaci, le torture di Salem e le pagine di un libro di storia o le decine di rappresentazioni che la letteratura e il cinema hanno offerto negli anni. Nel documentario Witches la regista Elizabeth Sankey ne cita una gran parte, dimostrando quanto e come la figura della strega sia entrata nella coscienza collettiva occidentale, piegandosi spesso alla sua accezione negativa e malvagia, legata a Satana. Nonostante il suo più grande significato sia quello della potenza – incontenibile – della natura femminile.
Creando un parallelismo con questa forza smisurata, che non si muove secondo le regole maschili del mondo, Sankey in realtà racconta la sua stessa esperienza della depressione post-partum, il ricovero in un istituto psichiatrico e, soprattutto, l’incontro con altre donne in una situazione simile alla sua. Una comunità (e una congrega) in grado di darsi supporto a vicenda in un mondo che difficilmente accetta le difficoltà psicologiche della maternità e obbliga le donne a un unico modello ideale di maternità: il sacrificio assoluto.
Il risultato di questa riflessione sulla maternità è appunto Witches, su MUBI dal 22 novembre in tutto il mondo (qui la recensione). Un documentario che, come ci tiene anche la regista a sottolineare nella nostra conversazione, ha nella sua personale congrega dietro la macchina da presa anche un po’ d’Italia. Una delle principali produttrici, infatti è Chiara Ventura e sempre italiana è Chiara Cabri, al mix sonoro. «Due donne a cui tengo molto e che sono state brillanti e fondamentali per la riuscita del film, per questo ci tengo ringraziarle e a ricordare il loro lavoro».
L’intervista a Elizabeth Sankey
La strega, come simbolo, non è mai andata via. Adesso però, soprattutto nella pop culture, nei film e nelle serie tv ha un ruolo ancora più presente. Una casualità o un bisogno di fronte ai ripetuti attacchi ai corpi e alle vite delle donne?
Penso che l’archetipo della strega sia sempre molto potente e significativo, sia come tentativo di controllo sulle donne da parte del patriarcato sia come una sorta di simbolo di empowerment e forza, per la maggior parte delle donne. Sicuramente la Strega risorge ogni volta che abbiamo bisogno di lei e credo che in questo momento ne abbiamo davvero bisogno. Non mi sorprende quindi che ci siano diverse storie di streghe nell’attuale cultura pop. Ed è davvero bello vederle.
Credo inoltre che dopo le elezioni statunitensi Witches abbia avuto ancora più di risonanza. Non so come o perché, ma si è in un certo modo caricato di senso di fronte all’idea di non vedere più riconosciuti alcuni diritti. Il mondo non è affatto gentile con le donne e un film come il nostro, si spera, darà loro un modo per pensarci, per discuterne e per farne esperienza in una sorta di spazio sicuro.
A proposito di elezioni statunitensi, avrai sentito della rinascita del movimento femminista delle 4B (che rifiuta il parto oltre che il sesso, il matrimonio e gli appuntamenti con gli uomini, ndr) negli USA. Si può dire che crei una moderna congrega, ma soprattutto sarà utile contro la violenza e il controllo maschile?
Penserò sempre alle cose in termini di cinema e di cultura popolare, ma credo che sia anche una risposta alle rappresentazioni, molto limitate, di diversi tipi di donne che vediamo. Non vediamo donne senza figli in età avanzata, non vediamo com’è la vita di quelle donne, e scommetto che è piuttosto bella. Non vediamo com’è vivere in un mondo in cui non ci si preoccupa di appuntamenti e matrimoni. È così che mi sono sentita anche io facendo Witches, mentre cercavo di trovare modi diversi di essere una madre. Modi che rifiutassero la pressione patriarcale di essere una buona madre. F****lo l’essere una buona madre, non mi interessa.
Voglio solo essere, voglio solo trovare il mio modo di farlo e per me ha funzionato assumere questa sorta di identità da strega. Lo vedo e l’ho visto anche in altre madri, questo rifiuto dell’ideale, di come le donne dovrebbero comportarsi nella società. Quindi sì, penso che ci sia sicuramente un aspetto di congrega e questa sensazione di non essere al sicuro con gli uomini o di non essere al sicuro negli stessi ambienti. Oltre che la sensazione che agli uomini non importi davvero, o che non importi nemmeno ad altre donne, il che è tragico.
Associando le streghe alla salute mentale post-partum in Witches hai sottolineato la mancanza di modelli diversi di maternità. Secondo te, perché si ha ancora difficoltà a separare l’aspetto privato della maternità da quello sociale? Basti pensare alle questioni sull’aborto in tutto l’Occidente.
Penso che ci sia sempre stato un tentativo di controllare il corpo delle donne. Il patriarcato ha sempre deciso chi poteva o doveva avere figli. In passato era una questione di eredità e di proprietà, per esempio, ma era anche una questione di soldi. E lo è ancora. Si fanno molti soldi controllando il corpo delle donne, dicendoci come e perché diventare madri o facendoci credere che dobbiamo essere magre e rimanere giovani per sempre.
È come quando la professione medica maschile ha iniziato a prendere il posto delle ostetriche, delle midwives: è successo perché gli uomini hanno capito che potevano guadagnare molto da un mestiere che le donne facevano per aiutarsi l’un l’altra a sopravvivere, e al massimo ottenere un minimo di autonomia sociale. Quindi sì, penso che ci sia un grande aspetto economico in tutto questo, ma anche una grande paura del fatto che siamo capaci di crescere degli esseri umani dentro di noi. È qualcosa che non si addice, che non rientra nell’idea di un mondo creato dagli uomini. Lo percepivo in particolar modo quando ero malata. Vedevo un mondo completamente costruito dal patriarcato, da uomini che cercano di avere il controllo su di noi ma che non riescono mai fino in fondo. Ed è qualcosa che a livello profondo, come gruppo, deve proprio farli impazzire.
E ne parli in modo dettagliato in Witches. Così come nel film affermi come sia necessario “abbracciare la strega che è in noi, perché c’è bellezza e potere dentro il buio”. Cosa intendi e come applicheresti questa frase nella vita quotidiana?
Facendo il film e guardando indietro storicamente al modo in cui le donne sono state considerate nella società, penso che uno dei motivi per cui i processi alle streghe siano così affascinanti è perché sono l’unica documentazione che abbiamo su come vivevano le donne nel XVI secolo. Mi sono resa conto che la vergogna e il senso di colpa sono stati una componente molto importante della vita di quelle donne. E per me quella vergogna e quel senso di colpa sono sempre stati presenti. Ma è stato solo quando mi sono ammalata che mi sono resa conto di quanto mi stessero condizionando.
Mi vergognavo e mi sentivo così in colpa per i sentimenti che provavo che stavo per porre fine alla mia vita. Ed è quello che provavano anche queste donne. O almeno come alcune donne, alcune streghe, si sentivano a quel tempo. È stato allora che ho capito quanto fosse urgente cercare di dire – il più possibile e a voce alta – che nessuna donna è l’unica a provare queste emozioni così difficili. E che se tutte smettessero di provare vergogna e senso di colpa sarebbe un grande sollievo. Sarebbe un modo molto più potente, semplice ma radicale di trovare e riconoscere il proprio posto nella società e per cambiare il mondo intorno.
Spero che le donne traggano questo messaggio da Witches. Se il film le colpisce, spero che lo condividano e lo mostrino alle loro amiche. Forse potrà essere una risorsa per chi ha le stesse difficoltà psicologiche, ma potrebbe funzionare anche per tutte le altre, potrebbe far capire loro quanto la vergogna e il senso di colpa abbiano un impatto sulla loro vita e sulla loro salute mentale, ma non dovrebbe essere così. È qualcosa di esterno che non ha nulla a che fare con loro.