C’è una regola non scritta nel cinema, quasi un comandamento tacito: non pensare mai di fare un bel film da un bel romanzo. François Ozon l’ha infranto con Estate ’85 (Été 85), ispirato al romanzo di Aidan Chambers, Danza sulla mia tomba. E sembra, in qualche modo, aver avuto ragione a farlo.
Anche se, in realtà, più che infrangere questa regola, l’ha sviata: Ozon non ha tratto un film da un romanzo, ma quel romanzo lo ha riscritto.
Non è un caso che il titolo del libro non abbia nulla a che fare con quello del film. Quella “estate del 1985” cui Ozon fa riferimento non è neppure l’estate in cui il romanzo è ambientato. Eppure nella sua testa è esattamente quella: perché è in essa che lui, diciassettenne, lo legge e lo fa suo, costruendosi nella testa volti e gesti, panorami e voci, sensazioni e musica.
Estate ’85 è una riscrittura. Quella che compie la memoria su un’emozione provata tanto tempo prima, che l’esperienza ha forse modificato, senza però indebolirla. Anzi, ridandole forza, ridando vita concreta a sensazioni passate grazie a quel miracolo che forse solo il cinema può realizzare con la molteplicità dei suoi linguaggi. Ed è proprio questa molteplicità, infatti, a sostenere il film, nella perfetta composizione delle immagini con la musica.
In Between Days
Estate ’85 non è certo un musical, e neppure uno di quei film che vantano una colonna sonora da comprarsi su disco. In realtà, c’è una sola e solitaria canzone che apre e chiude il film, sostenendo i titoli di testa e quelli di coda. Lo stesso brano all’inizio e alla fine, con un’unica, determinante differenza: prima è solo strumentale, poi le si aggiunge la voce. Il pezzo è In Between Days dei Cure, tratto dal disco Head on the Door. C’è qualcosa di importante in questo brano.
L’album è il sesto della band inglese, ma il primo per molti altri aspetti. È il primo in cui suona la formazione definitiva, il primo in cui entra nella composizione la chitarra, il primo della seconda vita dei Cure. Prima di Head on the Door il post-punk dei Cure era cupo e sintetico, una lenta sinfonia melanconica che non lasciava spiragli di luce.
Sono i due singoli estratti da Head on the Door a determinare una nuova rotta: Close to me e, appunto, In Between Days.
Il pop apre una breccia insperata nella cupezza post-punk dei Cure e gli permette di evolvere un nuovo sound. Quello che con Disintegration li porterà, qualche anno più tardi, a scrivere uno dei capitoli più intensi della Storia della musica.
L’intensità: ecco quel che trasmette la loro musica da Head on the Door in poi. È come una passione, nel senso più puro del termine: una sofferenza che, oltrepassata, porta a qualcosa di più grande, un piacere.
In termini più complessi, la definiremmo “coscienza di sé”: più banalmente, forse, significa semplicemente crescere.
E a far crescere i Cure è un miracoloso equilibrio tra il post punk degli esordi e il pop, come se quest’ultimo desse finalmente una forma alla matassa sonora delle loro composizioni dark new wave.
Ma se Close to me è quasi un gioco, quello scherzo infantile che solo chi ha la consapevolezza di essere ormai adulto può progettare, In Between Days è invece la dichiarazione esplicita di questa coscienza. Il suo intreccio di chitarre, bassi e synth tenta di dilatarsi in una direzione post punk, ma la ritmica pop incanala quella stessa dilatazione in un tempo finito, dando un senso di solarità a quell’ammasso informe di suoni dark.
Tutto questo prima ancora che entri la voce, quella solita voce adolescenziale e straniata di Robert Smith, ma con un tono impercettibilmente più maturo, sensuale, nascosto in quei sospiri che concludono ogni strofa.
Non lo abbiamo detto prima, ma In Between Days – come tutto l’album in cui è contenuta – esce esattamente nell’agosto del 1985. Estate ’85, appunto.
E dopotutto, quel che accade in quel preciso momento ai Cure è quel che accade al giovane protagonista del film di Ozon: passare attraverso la dura realtà della vita per crescere e divenire padrone del proprio destino. Allora, e solo allora, alla musica strumentale dei titoli di testa può aggiungersi il canto e le parole nei titoli di coda.
Come l’occhio registico di Ozon ricostruisce le sensazioni di quel se stesso diciassettenne mentre legge Danza sulla mia tomba ascoltando In Between Days, durante un’estate diversa dalle altre. Non soltanto per lui.
Copyright foto: Jean-Claude Moireau.
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