Il 22 aprile viene rilasciato su Netflix Estraneo a bordo (Joe Penna, 2021), quello che potrebbe a tutti gli effetti sembrare l’ennesimo film ambientato nello spazio. Con la solita astronave diretta verso Marte con lo scopo di preparare il pianeta per accogliere il genere umano e diventare la nostra seconda casa. Ma tutto questo diventa secondario, dacché il film, dopo un inizio in cui varie sembrano le strade percorribili, decide di imboccarne una fortemente connotata dal dramma. Per poi sterzare e prenderne un’altra, che rimane tuttavia contaminata, nei toni e nello svolgimento, dalla linfa della precedente.
Le vie dello spazio
Estraneo a bordo (Stowaway) è un film del musicista e filmmaker brasiliano Joe Penna (al suo secondo lungometraggio, dopo Arctic). L’equipaggio dell’Hyperion è in rotta verso Marte per le prospettive colonizzatrici di cui sopra. Marina Barnett (Toni Collette) è la comandante dell’astronave; Zoe Levenson (Anna Kendrick) è la giovane ricercatrice medica; David Kim (Daniel Dae Kim) è il biologo. Come da titolo, si aggiunge presto un quarto elemento che, prevedibilmente, romperà i delicati equilibri: si tratta dell’ingegnere del piano di lancio, Michael (Shamier Anderson). Perché è lì? È stato un incidente? O c’è sotto qualcosa di più losco? Per un attimo il film sembra voler andare a parare su un thriller fantascientifico del complotto, ma presto il pericolo è scongiurato.
La fantascienza nominale del prodotto sembra essere solo una patina avvolgente che fa da involucro a un dramma morale dalle sembianze circostanziali di un Kammerspiel. Questo sottofondo passa in primo piano nella seconda parte del film, che presenta alcune delle sequenze nello spazio che nella mia esperienza più mi hanno fatto sentire il vuoto allo stomaco. L’ansia mista all’adrenalina e alla visibile fatica che traspare, pesante, dai personaggi a noi, fa di questo secondo tempo un cambio di focus antitetico alle premesse. Ciononostante, la conclusione andrà a rendere perfettamente coerente la narrazione, chiudendo il cerchio del “dramma della scelta” proposto in prima battuta.
Giocare con le aspettative
La mia filosofia del “mai vedere il trailer” tiene botta, e si rivela in questo caso in particolare una scelta quanto mai saggia. Ed è ciò che consiglio a chiunque, incuriosito dalle mie parole, decida di approcciarsi al film. Altrimenti, il rischio è di trovarsi spiattellati buona parte dei tasselli narrativi del film. Tuttavia, avendolo guardato una volta terminata la visione, posso dire che, almeno, il tono non inganna. E, forse proprio a causa dell’eccessiva sollecitudine esplicativa, ci rende subito edotti di ciò che il film è e non è. Ma senza essersi informati in anticipo, ecco che l’immaginario fantascientifico è pronto ad attivarsi autonomamente, creando previsioni di schemi narrativi e atmosfere specifiche.
Le aspettative che questo tipo di film – con questo tipo di ambientazione, con il determinato portato cinematografico che si trascina dietro – inevitabilmente stabilisce, vengono disattese. Lo stesso titolo italiano, che, nonostante il tono forse più sensazionalistico, è la fedele traduzione dell’originale “passeggero clandestino”, apre la mente a uno scenario ben preciso. L’immagine che ci si costruisce è quella di un thriller che si svolge in quei claustrofobici spazi che abbiamo ormai imparato a conoscere, con un “invasore” esterno connotato negativamente. È forse proprio questo sbigottimento lasciatomi dall’inaspettato sviluppo ad avermi fatto apprezzare così tanto Estraneo a bordo. Mi piace pensare che questo “gioco” con lo spettatore e le sue aspettative sia stato cercato dal regista, che, alla sua seconda opera, ci fa ben sperare per i progetti futuri.
Certo, i difetti non mancano. Su tutti, una resa più pressante, incisiva, impellente del pericolo sarebbe servita senza dubbio a costruire meglio la tensione. Le emozioni espresse non sempre sembrano calibrate all’entità della minaccia. E se per degli astronauti si dà per scontato un addestramento psicologico per affrontare le situazioni più difficoltose, essendo il film in gran parte focalizzato sulle loro dinamiche interne si percepisce una carenza in tal senso.
Potrebbe essere una delusione per alcuni, ma una piccola rivelazione per altri. Complice l’interpretazione sempre straordinaria di Toni Collette, non mi resta che consigliarvi di vedere questo film. E sullo schermo più grande di cui disponete.
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