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Fondazione (Apple TV+) Apple Original

La trilogia della Fondazione di Isaac Asimov è tra i cicli fantascientifici più famosi al mondo. È composto da tre libri, usciti rispettivamente dal 1951 al 1953:

  1. Prima Fondazione (Foundation, 1951)
  2. Fondazione e Impero (Foundation and Empire, 1952)
  3. Seconda Fondazione (Second Foundation, 1953)

Dopo la trilogia, Asimov nel 1982 realizzò due seguiti ai primi tre romanzi, per concludere con due prequel nel 1988 e nel 1992.

Insieme a Bradbury, Clarke, Herbert, Gibson, Dick e Heinlein, Isaac Asimov è tra i capostipiti del genere Sci-Fi.

Di cosa parla Fondazione?

Asimov descrisse così l’opera a John Wood Campbell, direttore della rivista Astounding Science Fiction

Dunque, il Primo Impero Galattico è crollato: ci vorranno mille anni prima che il

Secondo possa sorgere dalle sue ceneri, ed è di questo periodo d’interregno che si

occuperà la serie. Vi saranno narrate le lotte, le difficoltà, gli imprevisti cui i difensori

della pace galattica andranno incontro per porre fine al turbolento Medioevo stellare […]


da Giuseppe Lippi – Le origini della Fondazione: Come è nato il più famoso ciclo fantascientifico di tutti i tempi, Oscar Mondadori)

Importante sottolineare il concetto di “Medioevo stellare”, perché quando scrive queste parole Asimov ha appena finito di leggere – per la seconda volta – Il Declino e caduta dell’Impero romano di Gibbon, ed è proprio da quest’opera che trae ispirazione per quella che sarà la storia di un impero galattico e del suo crollo, del salvataggio della galassia dal caos e dell’opera di scienziati che, guidati dallo psicostorico Hari Seldon, tenteranno di tener vivo il sapere millenario dell’umanità. Per chi non la conoscesse, la psicostoria è una combinazione di matematica, storia e psicologia, un modello predittivo progettato per prevedere il comportamento di popolazioni molto grandi.

Tanti sono stati i tentativi di portare su schermo quest’opera immensa dal 1998 al 2014, eppure nessuna di esse è riuscita nell’intento. Ora, grazie a una partnership tra Skydance e Apple Tv + è stata rilasciata la prima stagione di Foundation, serie che narrerà gli avvenimenti di questa trilogia. Diretta da David S. Goyer, vanta la presenza di attori/attrici del calibro di Jared Harris, Lee Pace o Lou Llobel.

Con oltre 100 personaggi nel cast, audizioni tenutesi in 17 città del mondo, più di 500 membri della troupe, cinquanta artisti che hanno attivamente lavorato alla progettazione di 170 set, 13 diversi tipi di navicelle spaziali e sei diversi pianeti, ognuno con un proprio linguaggio, e centinaia di carpentieri, metallurgici, pittori e stuccatori, Fondazione è stata definita dal regista come una “campagna militare”.

Ma perché è così difficile trasporre il Ciclo delle Fondazioni?

La trilogia della Fondazione è un testo che potremmo definire socio-antropologico. È un trattato che focalizza le sue attenzioni non sulle battaglie bensì sulle interazioni politiche, economiche e diplomatiche della galassia. Star Trek, Star Wars e tutte le grandi saghe fantascientifiche hanno abituato i fan del genere a una rapidità incalzante e concitata, battaglie adrenaliniche, paura e meraviglia di ciò che è ignoto, ma così non è nei libri di Asimov. Anzi, confrontandola con queste grandi saghe, Fondazione potrebbe risultare scarna, poco ricca di quel mix di ingredienti capaci di tenere il lettore incollato alla lettura e alla visione.

Il movimento e l’azione in questa saga è quasi assente, poiché predominanti nel libro sono la diplomazia, la strategia e la capacità di poter manovrare gli eventi semplicemente con le parole. Al posto di battaglie con spade laser e inseguimenti su astronavi, abbiamo dibattiti politici e battaglie fra intellettuali.

L’opera in sé non vuole parlare di personaggi ma di istituzioni millenarie, le quali sono in procinto di affrontare quello che molto probabilmente potrebbe capitare a noi tra qualche millennio. La domanda appare immediata: è possibile trasformarla in una serie televisiva o in un film fruibile per tuttə? La risposta è sì, ma David Goyer e la sua squadra dovevano lavorare per trasformare il descrittivo di Asimov in evocativo, mutarne il linguaggio freddo in uno decisamente più emotivo.

Un lavoro di produzione immenso

Il primo aspetto da segnalare è l’immenso lavoro di world building della serie. Mi sono ritrovato a mettere in pausa più volte la puntata solo per poterne ammirare i dettagli: l’intricata illuminazione di una nave spaziale, il salto nell’iperspazio, la Volta, la mappatura dettagliata di un pianeta, il ponte stella, i rituali di culture lontane, la fauna e la flora così variegata, o anche solo l’incredibile costume design. L’impatto visivo di questa serie è imponente e sicuramente non deluderà le aspettative.

Lo show si prende molte libertà, dal cambio di sesso di alcuni personaggi ad altri sviluppi totalmente inediti della trama, il che rende davvero difficile un confronto puntuale con i libri. Cerchiamo, però, di capire quali sono gli elementi dei libri che convergono nella serie:

Il cuore principale della serie Foundation prende la maggior parte del suo materiale dalle tre short stories di Asimov: The Psychohistorians, The Encyclopedists e The Mayors. Ci saranno, inoltre, vaghi ma importanti riferimenti a Prelude to Foundation, Foundation and Empire e Second Foundation.

Menzione d’onore alla creatività della serie è proprio l’ideazione della dinastia genetica e la divisione dell’imperatore in tre cloni:

Fratello Alba (Brother Dawn), Fratello Giorno (Brother Day), Fratello Tramonto (Brother Dusk)

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Le scene che si svolgono su Trantor e che coinvolgono i cloni di Cleon I sono incredibili e magnetiche, le inquadrature e la fotografia sono accuratamente ponderate, una perfetta rappresentazione di ciò che Asimov descrive come “natura stagnante dell’Impero”.

Più volte ho avuto gli occhi lucidi e la pelle d’oca durante alcune scene, per l’incredibile sfumatura da tragedia shakespeariana che coinvolge il trio di cloni e le loro relazioni con Demerzel, l’intento di affrontare il concetto filosofico etico e morale di unicità e percezione di fine e inizio.

Più e più volte la dinastia genetica verrà messa in questione e più volte porterà i suoi imperatori a chiedersi: “Posseggo un’anima o solo un involucro vuoto?”. L’arco narrativo dell’impero è il vero fattore trainante della serie, Lee Pace nel ruolo di Brother Day raggiunge l’apice della sua carriera attoriale, regalando agli spettatori un personaggio solido e particolarmente carismatico.

Uno show, più anime

Tuttavia, sembra che questo show abbia due anime opposte: se da un lato abbiamo l’incredibile fascino e magnetismo dell’impero, dall’altro le vicende che riguardano Terminus e quindi la Fondazione – obiettivo principale dell’opera di Asimov– risultano forzate, semplicistiche e con dialoghi scarni e poco credibili.

Credo sia importante, in un’opera fantascientifica, attenersi alle leggi naturali dell’universo e mi fa storcere il naso vedere – diamo la colpa al mio essere particolarmente nerd – come la tecnologia venga usata in modi forzati e irrealistici per il solo scopo di mandare avanti la trama. Mi spiego meglio: un telescopio alla luce del giorno può visualizzare la superficie di esopianeti? Ma ovvio! Il cannocchiale del mio fucile può scoprire un’astronave minuscola a milioni di km di distanza? Ma certo!

La Fondazione ha lo scopo di ridurre i secoli bui, ma tuttavia non appare così nello show: Terminus dovrebbe rappresentare un faro di salvezza e speranza, eppure, se non per qualche citazione, non vi è nessuna conversazione scientifica profonda, nessun dibattito filosofico su ciò che va salvato e cosa invece può essere dimenticato.

Un gran peccato che la vera anima dei libri di Asimov qui si perda tra cattiva recitazione, stereotipi ambulanti mascherati da personaggi e scarsa costruzione di tutto ciò che gravita intorno alla prima Fondazione.

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Una forte debolezza delle scene su Terminus è dovuta anche alla resa scenica dei combattimenti: statici, forzati e non credibili (gli Stormtroopers avevano decisamente una mira migliore).

Nonostante ciò, si può affermare con certezza che Apple – insieme a Goyer – si siano assunti dei rischi enormi, puntando a mutare il linguaggio freddo, distaccato e minimal del libro in un linguaggio seriale, decisamente più sensoriale, istintivo e accessibile. E la scommessa è stata decisamente vinta! Il livello di regia di questa serie è altissimo, perché è una regia che non ha paura di osare e di sbagliare. A ciò si aggiunge anche l’accelerazione della trama e le svolte particolarmente interessanti della sceneggiatura, che fanno guadagnare alla serie finalmente profondità.

Foundation è una enorme e lunga partita a scacchi che con la sua prima stagione ha mosso “solo” le prime pedine. Guardatela, immergetevi nel suo mondo, vivetelo e mi raccomando: “rispettate e godete la pace”.

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Gian Marco Federico
Buongiornissimo, mi presento, sono Gian Marco ma potete chiamarmi GanGian e ho 28 anni. Già da piccolo passavo le ore davanti alle tanto vecchie quanto amate videocassette (una volta ho bruciato una cassetta di Dragonheart a causa delle innumerevoli visioni) ed è per questo che ora spendo tutto il mio tempo e le mie energie nel fare binge watching da una serie tv all'altra. Mi reputo una persona creativa, amo scrivere e amo far ridere ed è per questo che su Instagram ho ideato i miei #afterparty: recensioni brevi e divertenti per quelle serie/film che hanno un piccolo spazio nel mio cuore. Ogni anno devo fare almeno un rewatch della serie Lie to Me quindi occhio a non mentirmi eh. Tra i miei film preferiti Il labirinto del fauno, Ritorno al futuro e 2001: Odissea nello spazio.

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