Foo Fighters CREDITS:WEB
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Quando tre indizi fanno (forse) una prova

Negli ultimi giorni i Foo Fighters hanno costellato i loro canali social di indizi che lasciano presagire l’uscita quanto mai prossima di un nuovo album. Si tratterebbe del decimo disco della band, dal primo pubblicato nel 1995.

Indizi che hanno la forma di video e segnali emblematici sistemati in alcune zone degli Usa.

Il primo, infatti, è un video postato su Instagram che ritrae il chitarrista della band Pat Smear mentre si muove in un’animazione all’interno del proprio occhio. In sottofondo, un ritmo di batteria.

https://www.instagram.com/p/CHL7SfGDko5/?igshid=14zvh6ytkrvvf

Il secondo indizio è ancora un video, ancora postato su Instagram. Stavolta, ad essere ritratto è il batterista, Taylor Hawkins, anche lui in un’animazione che si muove all’interno del suo occhio. In questo secondo video, al ritmo di batteria precedente si aggiungono delle percussioni.

https://www.instagram.com/p/CHMlCtHjsjn/?igshid=1mvg1p9iv15t6

La sola indicazione che riportano entrambi i video come descrizione è l’hashtag di una sigla: #LPX.

Una sigla non proprio così misteriosa se si considera che la X indica il numero romano 10, proprio il numero che aggiornerebbe la loro discografia con un nuovo LP.

Prima di questi due post, erano apparse in rete alcune fotografie caricate da utenti comuni. In esse si mostrano cartelloni pubblicitari con chiari riferimenti ai Foo Fighters e a quel numero romano che i indicherebbe il nuovo disco.

Ecco l’immagine avvistata a Hollywood Boulevard:

https://www.instagram.com/p/CG8Z4TeAHk8/

Tre indizi probabilmente fanno davvero una prova: quella che l’uscita del nuovo album dei Foo Fighters è davvero imminente. Continuate a seguire FRAMED per tutte le novità!

Alessio Tommasoli
Chiamatemi pure trentenne, giovane adulto, o millennial, se preferite. L'importante è che mi consideriate parte di una generazione di irriverenti, che dopo gli Oasis ha scoperto i Radiohead, di pigri, che dopo il Grande Lebowsky ha amato Non è un paese per vecchi. Ritenetemi pure parte di quella generazione che ha toccato per la prima volta la musica con gli 883, ma sappiate che ha anche pianto la morte di Battisti, De André, Gaber, Daniele, Dalla. Una generazione di irresponsabili e disillusi, cui è stato insegnato a sognare e che ha dovuto imparare da sé a sopportare il dolore dei sogni spezzati. Una generazione che, tuttavia, non può arrendersi, perché ancora non ha nulla, se non la forza più grande: saper ridere, di se stessa e del mondo assurdo in cui è gettata. Consideratemi un filosofo - nel senso prosaico del termine, dottore di ricerca e professore – che, immerso in questa generazione, cerca da sempre la via pratica del filosofare per prolungare ostinatamente quella risata, e non ha trovato di meglio che il cinema, la musica, l'arte per farlo. Forse perché, in realtà, non esiste niente, davvero niente  di meglio.

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