Trend Nuove Frontiere - Heisenberg - Credits: Teatro Belli/Romarama

Una donna si avvicina alle spalle di un uomo seduto e lo bacia sulla nuca.

Con questo gesto ha inizio l’opera teatrale scritta da Simon Stephens. Un gesto, come un’esplosione atomica che scatena un’affascinante riflessione attorno al principio di indeterminazione di Werner Heisenberg: possiamo guardare da vicino qualcosa per vederne la composizione, l’essenza, ma perdiamo inevitabilmente la sua posizione e il suo movimento rispetto al mondo.

Il principio d’indeterminazione di un bacio

Ed ecco che quel bacio tra due estranei nell’affollata stazione di Londra, è dato su un palcoscenico nero, vuoto.

Perché non c’è scenografia in quest’opera teatrale. O meglio, c’è, ed è un terzo personaggio, vuoto, che inghiotte i due protagonisti. Li isola dal mondo che li circonda e li offre al nostro sguardo da vicino, come in una lente d’ingrandimento e in una strana tridimensionalità.

Per questo il nostro sguardo ravvicinato vede e sente due personaggi agli antipodi in una tensione straordinaria tra attrazione e repulsione reciproca.

La donna, giovane e di bell’aspetto (Francesca Bianco), che sommerge di parole l’uomo, anziano e, d’impatto, poco affascinante (Antonio Salines). Lei cerca di aprire la sua diffidenza attraverso un linguaggio scrosciante, inappropriato, sincero fino al fastidio. Lui cerca di chiudersi totalmente in un rifiuto.

Antonio Salines e Francesca Bianco in scena – Credits: Trend/Teatro Belli

L’indeterminazione dello spettatore

Ma in questo gioco di ruoli che lascia allo spettatore la strana sensazione di un mondo sottosopra, la scenografia gioca ancora il suo ruolo fondamentale. Isolati dallo spazio e dal tempo, da un contesto storico e sociale determinato, i due personaggi entrano direttamente nel nostro.

Distogliamo un momento l’attenzione dal monologo debordante della protagonista per guardarci attorno: non c’è pubblico, non c’è teatro, siamo soli su un divano, davanti uno schermo sul quale il sipario è un tasto del computer.

Ed è allora che ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando in noi. Che le infinite e inconcludenti parole della protagonista ci recano un piacere che non credevamo possibile, come quel silenzio ostinato dell’uomo ci provoca un assurdo fastidio.

Il teatro, nel suo patto con lo spettatore sulla finzione della propria rappresentazione, ci dà coscienza della tremenda realtà che stiamo vivendo. La regia di Carlo Emilio Lerici ci obbliga a fare un passo indietro rispetto al particolare, per guardare noi stessi e il nostro posto nel mondo. E farci accorgere di essere in un lockdown nel quale si rovesciano anche le nostre più comuni sensazioni.

Continua lo splendido progetto in streaming del festival di teatro britannico Trend, a cura di Rodolfo di Giammarco. Heisenberg sarà disponibile sulla piattaforma streaming dal 26 al 29 novembre. Orari e ulteriori informazioni sul sito ufficiale del Teatro Belli.

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Alessio Tommasoli
Chiamatemi pure trentenne, giovane adulto, o millennial, se preferite. L'importante è che mi consideriate parte di una generazione di irriverenti, che dopo gli Oasis ha scoperto i Radiohead, di pigri, che dopo il Grande Lebowsky ha amato Non è un paese per vecchi. Ritenetemi pure parte di quella generazione che ha toccato per la prima volta la musica con gli 883, ma sappiate che ha anche pianto la morte di Battisti, De André, Gaber, Daniele, Dalla. Una generazione di irresponsabili e disillusi, cui è stato insegnato a sognare e che ha dovuto imparare da sé a sopportare il dolore dei sogni spezzati. Una generazione che, tuttavia, non può arrendersi, perché ancora non ha nulla, se non la forza più grande: saper ridere, di se stessa e del mondo assurdo in cui è gettata. Consideratemi un filosofo - nel senso prosaico del termine, dottore di ricerca e professore – che, immerso in questa generazione, cerca da sempre la via pratica del filosofare per prolungare ostinatamente quella risata, e non ha trovato di meglio che il cinema, la musica, l'arte per farlo. Forse perché, in realtà, non esiste niente, davvero niente  di meglio.

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