I Predatori - Pietro Castellitto - Credits: 01 Distribution

I predatori è un esordio stra-ordinario nel senso estremamente letterale. È fuori dall’ordinario. Fuori dai binari della commedia italiana lineare che il nostro cinema spesso ricerca.

In questo film effettivamente nulla è lineare, a partire dal montaggio che sovrascrive quasi una seconda narrazione parallela. Si fa percepire apertamente già dalle prime sequenze, ponendo lo spettatore in una posizione scomoda di novità. Lo costringe a porre l’attenzione su qualcosa che di solito viene assimilato in automatico (il découpage classico doveva appunto non farsi notare).

Lo scopo de I predatori sembra essere, invece, quello di scardinare il preconcetto di commedia italiana contemporanea attraverso il linguaggio: sia filmico sia propriamente narrativo. Il meccanismo narrativo di base, tuttavia, è il sempreverde intreccio casuale di personaggi apparentemente sconnessi. Sto per fare un paragone azzardatissimo, ma è lo stesso sistema in atto fra i personaggi di Love Actually, giusto per citare un esempio famoso. Ci sono cioè piani e mondi distanti e apparentemente separati che accidentalmente entrano in contatto e si modificano a vicenda, per caso o per destino.

I mondi paralleli nell’universo de I predatori

Innanzitutto c’è il mondo di Federico (Castellitto stesso), che è un po’ un pianeta a sé. Venticinque anni, di famiglia alto-borghese, sembra però totalmente immune all’influenza delle convenzioni sociali che gravano sul suo ceto. Da un lato osserva e giudica tutto e tutti con quell’atteggiamento di distacco e alienazione che appartiene ai radical-chic. Dall’altro appare come un totale folle, incapace di misurare le sue azioni e reazioni. Ma è proprio da questo che nasce la sua peculiare comicità. Nel modo in cui insulta la nonna o in cui si lascia ossessionare dal progetto universitario su Nietzsche, che sorprendentemente è uno dei fulcri dell’intero film.

Essendo stato escluso dalla spedizione accademica alla tomba di Nietzsche, infatti, Federico decide di vendicarsi acquistando una bomba da Claudio, fascista e proprietario di un’armeria a Ostia. Lascio i dettagli del come e del perché alla visione del film, perché troppi spoiler rovinerebbero l’effetto comico. Tuttavia, tornando a Claudio, non uso a caso il termine fascista, poiché lui e la sua famiglia sono espressamente connotati come tali, mettendo in campo una forte parodia sociale e politica.

Rozzi, ignoranti, estremi ed estremisti. Sono personaggi che suscitano ilarità solo fino a un certo punto, perché in fondo mostrano un lato spaventoso dell’Italia. Circa metà del film è comunque dedicata a loro e alle dinamiche relazionali in completa opposizione alla famiglia di Federico, i Pavone.

I Predatori - Credits: MyMovies/01 Distribution
I Predatori – Credits: MyMovies/01 Distribution

Pierpaolo Pavone, il padre, è un meraviglioso Massimo Popolizio, che stenta volontariamente a togliersi di dosso l’aria da cattivo, rimanendo in una interessante ambiguità. Con il personaggio della madre, poi, Castellitto gioca apertamente con la figura del suo vero padre, Sergio. Manuela Mandracchia interpreta infatti una fantomatica, celebre e pretenziosa regista, Ludovica Pensa, su cui è costruito persino un discorso metacinematografico sul film stesso.

Destabilizzare lo spettatore

Nel complesso I predatori è un film che, come suggerisce il titolo, si trova in una condizione di continuo “attacco” allo spettatore, che è la vera preda. Oscilla fra momenti di nonsense e riflessioni mirate sulla società, fra pietrificante imbarazzo e risate liberatorie. L’obiettivo è sempre quello di non lasciar sedere “comodo” il pubblico in sala (o sul divano, data la chiusura degli esercenti), non lasciarlo sprofondare nella trance automatica che molti ricercano al cinema. E ci riesce con una apparente e disarmante facilità, frutto di una buona idea e di un’ottima sceneggiatura.

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