© Urban Lives, Ivana De Innocentis
© Urban Lives, Ivana De Innocentis

Festeggiamo l’anniversario di URBAN LIVES intervistando la sua creatrice Ivana De Innocentis

Noi di FRAMED conosciamo bene Urban Lives (qui potete visitare il sito ufficiale) e lo seguiamo da quando è nato nel 2014. Questa settimana festeggia sei anni e nel tempo è cresciuto, ha allargato i suoi orizzonti, è arrivato a classificarsi come una realtà di riferimento. Urban Lives è come la tana del bianconiglio: un mondo “altro” fatto di espressioni underground e luoghi abbandonati, in cui i linguaggi dell’arte urbana, del writing e del reportage dialogano, e trascinano.

Ivana De Innocentis è la creatrice del progetto, artefice degli approfondimenti e sguardo interno in una realtà che mai è stata raccontata così. Conosco Ivana da quando Urban Lives ancora non esisteva: lavoravamo insieme ad un blog e mi portò in una galleria non lontana dalla Casilina, a Roma. Oggi ho il piacere di incontrarla di nuovo e intervistarla, dopo sei anni di esperienze indimenticabili e innovazione comunicativa.

Ciao Ivana, prima di addentrarci nel vivo, puoi descrivere URBAN LIVES con 5 parole chiave?

writing / storie / testimonianze  / viaggi / racconti

Quale è stato il primo approfondimento di URBAN LIVES?

Prima di risponderti, devo precisare che i primi 6 mesi di Urban Lives furono un banco di prova, un necessario lasso di tempo per capire come approcciarmi a writer e artisti e in che direzione andare dal punto di vista contenutistico; oltre a studiare la scena con costanza, ho girato tantissimo tra ambienti underground, eventi, mostre, jam e perfino street art tour.

Avevo bisogno di avere una visione di insieme e di capire al meglio cosa e come documentare. All’epoca vivevo a Torino e, con mia grande gioia, ebbi modo di inaugurare il blog con due avvenimenti di cui ancora ho un bellissimo ricordo, ovvero un incontro-intervista “davanti al muro”  con l’artista 108, tutt’ora uno dei miei preferiti, e la seconda edizione della mostra di poster art non autorizzata dei Guerrilla Spam, la Shit Art Fair.

A quest’ultima ebbi la fortuna di partecipare, prendendo parte all’attacchinaggio in piena notte in compagnia di amici, degli Spam e di un nutrito gruppo che includeva alcuni dei migliori artisti della scena nazionale. Fu una notte epica, bellissima.

E l’ultimo progetto che hai curato?

Negli ultimi anni il focus centrale di Urban Lives  è diventato il writing, in primis quello greco, avendo vissuto per tre anni ad Atene, ma anche quello italiano e degli altri paesi in cui ho avuto modo di viaggiare. Vista l’attuale situazione mi sto ora concentrando soprattutto sugli incontri che posso organizzare a Roma e sulle interviste a distanza. L’ultimo articolo pubblicato è, infatti, un’intervista alla fotografa Arianna Rubini, in occasione della pubblicazione della sua fanzine fotografica “Once upon a yard”. Il suo è solo uno dei tanti progetti italiani di fotografi, appassionati di writing e di writer stessi di cui vorrei scrivere e che penso meritino davvero di essere conosciuti e divulgati.

Da cosa nasce la tua passione per l’arte urbana?

Ci tengo a dire, innanzitutto, che il primo amore in realtà è stato il writing, scoperto sui treni e le metro di Roma a partire dal 1994. A partire da quegli anni, fino agli inizi del 2000, mi capitò di scattare diverse foto ai graffiti che vedevo in giro e ho avuto modo di sfogliare diverse riviste di hip hop e graffiti.

Della cosiddetta arte urbana ricordo che iniziai a notare i primi stencil e poster in giro per Roma, in particolare quelli del mio amato Hogre e di Sten&Lex, per poi piano piano incuriosirmi e appassionarmi alle varie forme di espressione creativa che sono nate tanto in strada quanto negli spazi occupati e, in alcuni casi, anche nelle gallerie.

Potresti darci una definizione di “arte spontanea”?

Come ho sempre detto, non ho fatto studi inerenti l’arte e non sono un’esperta di writing. Tutta la mia conoscenza e i contenuti del mio blog provengono esclusivamente dalle testimonianze che raccolgo, dalle informazioni che ottengo sul campo e dalle mie esperienze personali.

Non avendo una formazione o un titolo adeguato per poter definire cosa sia arte e cosa no, posso solo dirti che, per me, l’arte spontanea racchiude ogni forma di espressione creativa che nasce in strada, e che viene realizzata senza alcuna autorizzazione. L’arte spontanea include di tutto, dall’adesivo al poster, dallo stencil al murale illegale. Per i miei amati graffiti e per tutto quello che rientra nella concezione del “bombing”, credo sia più corretto usare il termine vandalismo.

Quindi per te, vandalismo: accezione negativa o positiva?

Il termine vandalismo, per ovvie ragioni, non può essere univoco. Va precisato innanzitutto che, se parliamo di writing, ci sono tantissime componenti da considerare, dalla modalità al luogo di esecuzione (anche se di base il writer cerca di non dipingere su chiese, palazzi storici, monumenti, fontane), alle leggi locali o nazionali, fino naturalmente al modo in cui il quartiere o il comune di riferimento lo percepisce per X ragioni sociali e politiche.

Vandalismo – Writer in azione a Salonicco, © Urban Lives, Ivana De Innocentis

Detto questo, al writer “vandalo” per definizione non interessa piacere o “fare arte”, ma semplicemente lasciare un segno in più luoghi possibili, ambendo a spot il più possibile visibili in città, ai pannelli di metro e treni e ai lungolinea. Questa è la vera natura del writing, è un atto ribelle, istintivo, ossessivo, egoistico.

In conclusione, posso dirti che per me non solo il vandalismo è ed è sempre stato un fenomeno “positivo” legato alle sottoculture; non ci dimentichiamo che se non ci fosse stato il writing qualunque forma di arte urbana come la intendiamo noi oggi non sarebbe mai esistita. Mi ha dato, infatti, alquanto fastidio quando in seguito alla recente denuncia ai danni del writer Geco, tanta gente di Roma “appassionata di street art” e che di norma apprezza i “posterini colorati” e disprezza le tag e il bombing, abbia preso le sue difese. Non capisco come si faccia ad essere così ipocriti.

Pensi che il tuo progetto abbia avvicinato l’arte urbana anche a chi non ne sapeva nulla o ti consideri artefice di un servizio ai soli “addetti ai lavori”?

Più che pensarlo, posso affermarlo con certezza. Uno degli obiettivi principali del mio blog è sempre quello di scrivere e divulgare contenuti che siano facili e accessibili a tutti, e lo stesso discorso vale per il mio libro, Viaggio alla scoperta della street art in Italia, uscito nel 2017, edito da Flaccovio Editore. Nell’arco di questi sei anni ho ricevuto moltissimi messaggi di persone che si erano appassionate all’arte urbana grazie al mio lavoro. Alcuni addirittura hanno attraversato l’Italia ripercorrendo alcuni dei miei itinerari e mandandomi foto dei luoghi visitati. Credo che questa sia una delle soddisfazioni più grandi, nonché uno degli aspetti più emozionanti. Ho persino ricevuto regali da parte di fotografi e appassionati d’arte, inviti, proposte di collaborazione. Con grande modestia devo dire che il fermento che ruota attorno a Urban Lives è pura magia.

Come gestisci gli argomenti e gli approfondimenti? Hai una redazione che lavora al tuo fianco?

Sebbene Urban Lives non sia solo un blog ma anche un progetto più ampio e complesso, in ogni sua forma e iniziativa è da sempre autofinanziato, indipendente, underground. Per un breve periodo ho provato dare vita a una redazione, perlopiù di redattori e fotografi, ma pian piano poi ognuno di noi ha seguito strade diverse. Io stessa ho, a più riprese, messo in pausa il blog a causa di traslochi, cambiamenti di vita o impegni di vario tipo.

Da due anni a questa parte, poi, gestire il blog da sola si è rivelato ancora più impegnativo, avendo iniziato anche io a dipingere. Da qualche mese, però, l’impegno è diventato più serio e continuativo e spero di riuscire a proseguire così anche nel 2021

Quanto è importante conoscere i protagonisti?

Beh, conoscere i protagonisti, il più possibile di persona, “è Urban Lives” ed è, o meglio dovrebbe essere un aspetto fondamentale del lavoro di documentazione. A maggior ragione se quello che si documenta è un fenomeno underground.

Treni merci, con Irwin, Adr crew, © Urban Lives, Ivana De Innocentis

Conoscere artisti e writer, in questi sei anni, ha comportato un’infinità di sacrifici, ma il tutto è stato sempre ricompensato da esperienze, scoperte, incontri e storie entusiasmanti; dal 18enne che ha appena iniziato a dipingere in strada, a personaggi famosi come i Berlin Kidz fino ad alcuni pilastri del writing internazionale. Sono sempre stata aperta e disponibile a incontrare tutti, senza alcun problema e pregiudizio legato ad esempio all’età e alla nazionalità. L’aspetto sociale e delle connessioni è certamente uno dei punti forti del mio lavoro da blogger, così come il sapermi mettere in gioco e il dialogo sempre aperto, sincero e genuino con tutti.


Parlare di graffiti e urban art significa vivere prima di tutto la città circostante: qual è il viaggio che ti ha segnato maggiormente e come ti relazioni con “l’artista al lavoro”?

È davvero impossibile darti una sola risposta, provo quindi a fare una distinzione tra estero e Italia. Tra le tante città estere che ho visitato e apprezzato, è Atene quella che mi ha catturato il cuore. Da un anno sono tornata a vivere in Italia dopo tre intensi anni trascorsi nella capitale greca, e in particolare nel mio amato quartiere anarchico Exarchia. Del writing greco mi sono completamente innamorata, sia da un punto stilistico che di storia e di attitudine. Il lavoro di ricerca e di documentazione che ho fatto in Grecia è stato davvero immenso, e per questo ringrazio anche i writer locali che mi hanno aperto le porte delle loro case per mostrarmi archivi fotografici, video e vecchie fanzine.

Atene bombing notturno, © Urban Lives, Ivana De Innocentis

Vorrei precisare che la mia passione per i graffiti di Atene si è fusa con quella per la vivacissima scena locale underground, fatta di concerti punk e hip hop, di birre bevute sulle panchine di Exarchia, di feste sui tetti pazzesche, di autoproduzioni e tatuatori indipendenti. Nel corso del mio ultimo pazzo anno vissuto in Grecia, mi sono totalmente immersa nella scena del writing, documentando action e andando a dipingere anche con tanti writer storici della scena locale.

Passando invece all’Italia, i miei lettori conoscono bene il legame profondo che ho avuto con la città di Reggio Emilia. In quella città, per anni, ho messo le radici e mi sono sentita a casa. Oltre agli incontri, splendidi, con gli artisti e i writer del posto ho avuto modo di partecipare e organizzare jam alle Officine Reggiane ma anche di invitare e portarci a dipingere artisti internazionali, tra cui Dzia (Belgio), un mio amico dei 1UP (Germania), Skirl (Austria) e tanti altri. Le tavolate di tortelli e vino, le risate, le passeggiate notturne armati di spray… questi sono ricordi che porterò sempre nel cuore.

Con 1UP e UF sui tetti di Atene, 2018, © Urban Lives, Ivana De Innocentis

Un’altra città splendida in cui ho vissuto per qualche mese nel corso del 2020 è Napoli. Qui ho avuto il piacere di essere in qualche modo accolta dalla “famiglia” Dias-Uht, crew storica del writing internazionale attiva da ben 25 anni. Con loro, e con altri writer locali, ho condiviso serate in pizzeria, tante risate, giornate in fabbriche abbandonate ma anche jam, backjump e lungolinea.

Quanto influisce il “dietro le quinte” per il reportage?

I miei lunghi racconti di viaggio sono sempre stati una sorta di diario, per questo talvolta è difficile perfino classificare il mio blog. L’argomento principale sono sempre l’arte urbana spontanea e il writing, ma negli articoli condivido sempre anche aneddoti legati a momenti di svago e di vita quotidiana. Mi interessa molto, in effetti, che i lettori comprendano le varie sfaccettature di essere un writer e lo stile di vita medio. Si lotta con mille difficoltà quotidiane, si viaggia con macchine piene di vernice, si fa la spesa di colori dove si spende meno. Si trascorre le ore a cercare spot per dipingere o intorno a un tavolo a chiacchierare, disegnare e ascoltare musica, ci si confida sogni e difficoltà di ogni tipo.

Sono ricorrenti nelle tue foto e negli approfondimenti i “luoghi abbandonati”: qual è il loro valore nel discorso di writing e urban art?

I luoghi abbandonati, e in generale l’urbex, è stato uno dei temi chiave di Urban Lives, tanto che il blog ha un’intera sezione ad esso dedicato. Il piacere adrenalinico dell’esplorazione, del dipingere in una dimensione illegale ma comunque più tranquilla, affascina da sempre tantissimi artisti e writer. Oltre a frequentare fabbriche abbandonate in loro compagnia, anni fa ho addirittura organizzato un “urbex tour”, in collaborazione con il fotografo Andrea Cherico e l’artista RikyBoy. Il progetto urbex più ambizioso è stato invece quello delle “residenze romane” con artisti internazionali da me invitati. Ho curato il tutto da un punto di vista logistico e perfino artistico e sono riuscita a far venire a dipingere a Roma artisti famosi della scena internazionale. Da Ken Plotbot di Berlino allo svedese Vegan Flava fino a Iakovos Volkov (all’epoca Nar) di Atene.

“Urbex tour” in Italia con RikyBoy e A. Cherico, Foto di A.Cherico
Come è essere una donna in questo ambiente?

Non è per niente facile. Innanzitutto, perché in quanto donna in un ambiente maschile (e spesso maschilista) devo faticare il doppio per risultare credibile e professionale, lottando continuamente con i pregiudizi. Proprio per questo motivo sul blog e su Instagram cerco di far capire il meno possibile che sono una donna e compaio in pochissimi scatti. Nel 90% dei messaggi che ricevo i writer danno per scontato che io sia un uomo. Tendenzialmente mi piace uscire allo scoperto a sorpresa (può ad esempio capitare dopo l’ennesimo “Yo man”) e solo quando è necessario.

Tendenzialmente, comunque, i problemi più grandi sono due; il primo è la stanchezza di dover sempre dimostrare di essere all’altezza delle situazioni o di essere tagliata fuori da determinate action. Il secondo è invece capire di quali writer mi posso fidare e chi ci vuole provare e basta. La rete di fiducia e i feedback delle persone che conosco sono, in questo senso, molto utili. Devo ammettere che da quando dipingo anche io qualcosa per fortuna è cambiato, sento di aver guadagnato molto più rispetto. Non è un caso che da un paio di anni a questa parte la maggior parte dei miei amici sono writer uomini con cui, oltre a dipingere insieme, ho condiviso momenti bellissimi, viaggi e tante risate.

Progetti per il futuro?

Oltre a continuare con il blog, a scoprire e documentare il più possibile la scena romana e, speriamo, a riprendere presto a viaggiare, sto lavorando a ben tre progetti editoriali ovvero il mio secondo libro e due libri fotografici. L’altro progetto concreto è quello di tornare presto anche ad Atene (dove ho lasciato una trentina di amici ma anche una trentina di spray!), e di scoprire altre città d’Italia… e naturalmente dipingere in più posti possibile.

Per continuare a seguire il lavoro di Ivana http://urbanlives.it/

FRAMED è anche su Facebook ed Instagram

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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