Il corsetto dell'imperatrice Corsage
Credit: Felix Vratny

Che anche i ricchi piangono, ormai, lo avevamo capito da tempo. Quello che invece, inspiegabilmente, rimane difficile da mostrare sono le donne sull’orlo di una crisi di nervi (con benestare di Almodóvar). Il corsetto dell’imperatrice (Corsage), invece, riesce a rompere questa maledizione e lo fa con cura, eleganza e anche un pizzico di sboccata ironia.

La trama

Vienna, fine dell’800: l’imperatrice Elisabetta, colei che alla storia poi passerà come Sissi, compie 40 anni. Non ha amici a corte e il marito è più distante ogni giorno che passa, trascinando con sé anche i figli, per “preservarli” dall’influenza di una madre ai suoi occhi sempre più incomprensibile. Elisabetta, dunque, rimane sola con le sue fissazioni e manie, combattendo (senza troppa convinzione) l’impulso di lasciarsi annegare nelle paure e disillusioni, alla disperata ricerca di qualcuno che sia ancora in grado di amarla.

Lo sguardo femminile

La regista Marie Kreutzer, accompagnata dalla bravura silenziosa ed espressiva insieme di Vicky Krieps (premio Un Certain Regard per la miglior interpretazione al festival di Cannes 2022 e miglior attrice agli European Film Awards) riesce con questo film a rompere il muro di cristallo che continua ancora oggi a incastrare ogni rappresentazione femminile, sia questa storicamente esistita, frutto di fantasia o una rielaborazione di entrambe (come in questo caso). 

Se il cinema ci ha abituati a tropi femminili bidimensionali al massimo, in cui l’intera complessità umana viene ridotta al fedelissimo trittico urla senza senso-ballare nei corridoi-discorsi senza filo logico, Corsage si spinge addirittura verso un obiettivo considerato inarrivabile, quello di dare effettivamente un carattere a una donna e far sì che questo non si riduca semplicemente a “è pazza”.

E in questo senso emerge a gomitate il paragone con Spencer, acclamatissimo film di Pablo Larraín con protagonista Kristen Stewart: lo sfondo di una royal family a cui la protagonista sa di non appartenere realmente, il complesso rapporto con il cibo, lo sguardo del mondo pronto a giudicare, la voglia di fuga. Tutti elementi presenti in entrambe le pellicole, ma che se in Spencer si esprimono solo riducendo la figura di Lady Diana (una delle personalità più abusate dal piccolo e grande schermo tanto di ieri quanto di oggi) a un guazzabuglio confuso di nevrosi e allucinazioni, ne Il corsetto dell’imperatrice si mira a dare contesto e dignità alla personalità della protagonista

Sissi è egoista, capricciosa, infantile sotto molti aspetti, ma anche intraprendente, cosciente della propria solitudine (voluta e involontaria) e forse per questo motivo l’unica dotata di un distaccato sguardo d’insieme su ciò che le passa davanti. Le sue reazioni, il suo modo di essere “pazza” agli occhi altrui non sono onanismi mentali di chi butta sotto la maxi coperta della poesia una certa pigrizia nel cercare di dare senso a sentimenti che semplicemente non si comprendono (e forse non si ha voglia di comprendere). In questo senso, invece, Corsage ha molto più a che vedere con Marie Antoinette di Sofia Coppola, che pur senza voler giustificare o santificare personaggi storici che ancora danno molto da parlare, non ha paura di descriverli come sfaccettati, brutti, cattivi belli e buoni insieme.

Il rapporto con l’immagine

A più di 60 anni dall’uscita di Sissi, la giovane imperatrice, film culto dell’estate Rai con protagonista Romy Schneider, Corsage ci racconta tutto ciò che è avvenuto dopo il “vissero felici e contenti”: la figura di una reale passata alla storia per i suoi lunghi capelli e la sua folgorante bellezza come reagisce allo scorrere del tempo, alla vecchiaia, a un marito che desidera donne che potrebbero essere sue figlie?

In questa disperata ricerca della bellezza e della giovinezza eterna, in questa lotta per essere la più magra, la più ammirata e così via, fuoriesce come la lotta all’estetica sia solo specchio della consapevolezza del proprio ruolo nel suo tempo. Come dice la protagonista stessa, ciò che le è richiesto è solo di intrecciarsi i capelli, simbolo di docilità e controllo rispetto a giochi di potere da cui sarà sempre estranea. “Fammi fare qualcosa” quasi supplica Sissi al marito Franz Joseph, refrattario alle sue richieste e all’ascolto di una persona che non ha più voglia di tenersi impegnata con dipinti o abiti, che ha smesso di vederne il senso e che fa riflettere su quanto ancora (che sia la quotidianità o Hollywood) alla popolazione femminile si chieda solo giovinezza e bellezza prima di buttarle nel dimenticatoio passati i 40 anni.

Corsage in breve

Tirando le somme, dunque, Corsage è un film che con buon gusto e dolcissima ironia (si pensi all’imperatrice che fa la linguaccia al suo medico) decide di riscrivere le sorti della principessa Sissi quasi come un Thelma e Louise, regalandole finalmente la libertà. Libertà dalla sua immagine, dalla storia, dal marito e dai pesi che lei stessa si è imposta, facendosi portavoce, per una volta, non di tutte le donne, ma di tutte le donne che hanno spazio e peso solo se schiacciate da sceneggiature troppo svogliate per renderle davvero umane.

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Giulia Nino
Classe 1996, cresce basando la sua cultura su tre saldi pilastri: il pop, i Simpson e tutto ciò è accaduto a cavallo tra gli anni ’90 e 2000. Nel frattempo si innamora del cinema, passando dal discuterne sui forum negli anni dell’adolescenza al creare un blog per occupare quanto più spazio possibile con le proprie opinioni. Laureata in Giurisprudenza (non si sa come o perché), risiede a Roma, si interessa di letteratura e moda, produce un podcast in cui parla di amore e, nel frattempo, sogna di vivere in un film di Wes Anderson.

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