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Se vi piace il cult Il principe cerca moglie diretto da John Landis nel 1988, fate finta che il seguito, Il principe cerca figlio, non esista.

Il regno di Zamunda apre i suoi orizzonti e abbatte i fondali dipinti di una cinematografia fatta di idee e umorismo per accogliere la maestosa impudenza di un film che non ha nulla da dire.

Il 5 marzo scorso, su Amazon Prime Video, viene rilasciato Il principe cerca figlio (Coming 2 America), sequel della storia di Akeem (Eddie Murphy), erede al trono di Zamunda, che non vuole acconsentire ad un matrimonio combinato e per questo parte per l’America alla ricerca di una moglie.

Tornare a Zamunda (spoiler)

Ritroviamo il principe felicemente sposato con la sua Lisa, e con tre figlie intelligenti, consapevoli e agguerrite. Ma l’equilibrio del nucleo familiare quasi tutto al femminile non va d’accordo con la linea di successione prevista dal regno. Solo un maschio potrà essere l’erede di Akeem, che nel frattempo diventa re a causa della morte del re Joffy Joffe.

Oltretutto, il generale Izzi (Wesley Snipes), dittatore militare di un regno confinante, preme perché la figlia più grande di Akeem sposi suo figlio, altrimenti dichiarerà guerra a Zamunda. Il militare ha anche una figlia, sarebbe tutto più semplice se ci fosse un erede a prenderla in moglie. Prima di morire il re Joffi confessa al futuro sovrano che un figlio maschio esiste, ed è nato illegittimo da una notte di sesso nel Queens di cui Akeem non ricorda.

E la storia si ripete, ma la rivoluzione delle convenzioni che caratterizzava il giovane principe degli anni ’80 si annulla in un nuovo personaggio che non ci piace per niente.

Tentare di riparare agli errori rinunciando a tutto il resto

In un andirivieni irritante, Akeem e il fidato compagno Semmi (Arsenio Hall) tornano in America a prendere il ragazzo, poi in Africa ad insegnargli modi regali, poi in America perché capisce che l’hanno usato, poi in Africa per un vissero felici e contenti. È strano dirlo ma i problemi principali del film non stanno nella trama in sé per sé, che è lacunosa e sgradevole.

Le questioni fondamentali che rendono il film fastidioso da guardare fino alla fine è il tentativo contemporaneo di ridimensionare la narrazione degli anni ’80 provando a chiudere story line e “mettere toppe” per correttezza, ma ottenendo esattamente il contrario.

La tematica principale dell’opera del 1988 era la voglia di Akeem di andare contro un volere prestabilito, e sposare una donna indipendente che non fosse stata cresciuta per fare la principessa. E nel 2021 la figlia maggiore dell’uomo vorrebbe vedere la stessa scintilla nel padre, rinunciando alla regola di un erede maschio per il trono e nominandola in successione a lui.

Ma prima di arrivare ad una conclusione adeguata dobbiamo affrontare citazioni palesi, ridimensionamenti politicamente corretti, e mostri del passato. I personaggi che facevano ridere della loro eccessività ora provocano l’effetto contrario, invecchiati ed esasperati nella nuova messa in scena.

Quando il seguito non funziona perché i primi “errori” erano perfetti

Il principe cerca moglie, di cui vi parlavo qui, era un film piacevolmente scorretto: ricco di riferimenti maschilisti, sessisti, razzisti, ma solo ad una lettura superficiale. La costruzione del messaggio si strutturava proprio grazie allo scardinamento attuato dal principe Akeem, che voleva ribellarsi a quegli schemi.

La rilettura del 1988 attraverso l’esasperazione degli stessi errori non è stata la scelta più giusta per creare un intrattenimento adeguato, e l’effetto è prevalentemente falso e poco divertente.

Per questo, se amate Landis e il romanticismo anni ’80 di un uomo che tenta di cambiare il suo presente, non cedete a a questa visione, che non cambia nulla, ma peggiora il vostro umore.

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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