Material Fields _ Lorenzo Pasini
Courtesy of Conza Press

Per la nostra rubrica dedicata agli incontri con artisti emergenti del panorama musicale italiano, stavolta parliamo con uno che proprio emergente non è: Lorenzo Pasini, chitarrista dei Pinguini Tattici Nucleari, di cui è uscito il nuovo album solista, Material Fields. Ecco alcune essenziali domande per iniziare ad entrare nel suo mondo

Da quanto tempo hai nel cassetto questo progetto solista?

Nemmeno due anni, è tutto piuttosto fresco. Il nuovo materiale ha iniziato a prendere forma durante il primo lockdown e ho ultimato le fasi di mix e master a dicembre.

Il primo singolo estratto da Material Fields, Low Lights, già ci anticipa che l’album che stai preparando è prog e post rock. Ma quanto è veramente distante dai PTN?

Sicuramente il lavoro su Material Fields appartiene a un immaginario diverso, se non altro per la lingua e per il legame più stretto coi generi che hai citato, ma detto questo credo che ci siano anche diversi punti di contatto, il che è ovvio visti gli anni passati nel progetto. Credo sia più una questione di differenza che di effettiva distanza.

Material Fields – CREDITS: Ufficio Stampa Astarte

Pensi che l’indie italiano possa svilupparsi in qualcosa di nuovo, magari proprio
grazie a influenze come le tue, da NIN ai Porcupine Tree o pensi che queste sia meglio lasciarle nei tuoi lavori solisti?

Credo che la contaminazione in musica sia possibile da e verso qualsiasi mondo e visione.
Detesto il purismo in arte e non penso proprio esistano universi antitetici in questo ambito, quindi perché no, anche un indie tinto di Steven Wilson e Trent Reznor potrebbe trovare il suo posto prima o poi. Magari c’è già da qualche parte su Spotify e dobbiamo solo scoprirlo.

C’è qualcosa nell’esperienza dei PTN che ti è stato fondamentale per il tuo lavoro solista? Magari la consapevolezza di certe dinamiche di produzione o di mercato…

Tutto quello che ho fatto con la band mi ha formato, mi ha fatto crescere sia artisticamente che professionalmente, quindi è chiaro che Material Fields non sarebbe assolutamente lo stesso progetto senza l’esperienza nel gruppo. Da un punto di vista di produzione lavorare con Riccardo mi ha insegnato e mi insegna moltissimo, quindi sì da quel punto di vista direi che l’esperienza con lui è stata fondamentale per questo disco.

Qual è il pezzo dei PTN che senti più vicino al tuo lavoro solista?

Ogni pezzo della band rappresenta qualcosa per me, credo sia impossibile sceglierne uno soltanto. Potrei citare Freddie e Bergamo per il picco dinamico nella coda alla fine del brano, che è un elemento strutturale che amo usare, o Cancelleria per il lato più prog, o ancora Antartide per un certo tipo di atmosfera e di spazio nel brano, ma potrei continuare ancora a lungo.

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Alessio Tommasoli
Chiamatemi pure trentenne, giovane adulto, o millennial, se preferite. L'importante è che mi consideriate parte di una generazione di irriverenti, che dopo gli Oasis ha scoperto i Radiohead, di pigri, che dopo il Grande Lebowsky ha amato Non è un paese per vecchi. Ritenetemi pure parte di quella generazione che ha toccato per la prima volta la musica con gli 883, ma sappiate che ha anche pianto la morte di Battisti, De André, Gaber, Daniele, Dalla. Una generazione di irresponsabili e disillusi, cui è stato insegnato a sognare e che ha dovuto imparare da sé a sopportare il dolore dei sogni spezzati. Una generazione che, tuttavia, non può arrendersi, perché ancora non ha nulla, se non la forza più grande: saper ridere, di se stessa e del mondo assurdo in cui è gettata. Consideratemi un filosofo - nel senso prosaico del termine, dottore di ricerca e professore – che, immerso in questa generazione, cerca da sempre la via pratica del filosofare per prolungare ostinatamente quella risata, e non ha trovato di meglio che il cinema, la musica, l'arte per farlo. Forse perché, in realtà, non esiste niente, davvero niente  di meglio.

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