Nell’universo Pixar, per Riley Andersen sono trascorsi solo due anni da quando il trasloco della famiglia dal Minnesota alla California di San Francisco aveva creato il primo turbolento risveglio delle sue emozioni. Nel nostro universo di anni ne sono passati quasi dieci ma Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto non ci hanno più abbandonato.
La genialità di questi piccoli personaggi colorati, simboli delle principali emozioni umane, è un meccanismo ripetibile all’infinito. Ecco perché si è sempre aspettato un secondo capitolo (e un terzo, un quarto. Di più!) ed ecco perché sarebbe stato molto difficile, quasi impossibile, sbagliarlo, nonostante la crisi – di temi e incassi – affrontata di recente dalla Pixar.
Inside Out 2 voleva essere (ed è già) un colpo sicuro. Un sequel perfetto, anche nella sua prevedibilità, nel pieno stile di quella Pixar che, rivolgendosi ai bambini, sa far emozionare i grandi.
Inside Out, dove eravamo rimasti
Nel film di Pete Docter del 2015, Riley è una bambina che deve fare i conti prima di tutto con Gioia e Tristezza. O meglio, è Gioia, al comando della “centrale operativa” delle emozioni di Riley, a dover comprendere che tutte le emozioni sono essenziali, compresa quella con cui proprio non riesce a legare. Alla fine, come ripetuto in Inside Out 2, “dove va Gioia va anche Tristezza”, le due emozioni sono inseparabili (a dire il vero anche nei colori del personaggio di Gioia).
La lezione, tuttavia, sembra presto dimenticata perché è sempre Gioia, con la sua forza e la sua vivace presunzione, a riprendere il controllo emotivo di Riley nel sequel. Trovando però, questa volta, delle emozioni molto più complesse a sfidarla, prima fra tutte Ansia (doppiata da una meravigliosa Pilar Fogliati che non fa affatto rimpiangere Maya Hawke).
Ansia e i “problemi che non si vedono“
Riley (doppiata dalla sedicenne e bravissima Sara Ciocca) è ormai tredicenne, è una teenager e si prepara a iniziare il liceo. Non prima di un ultimo campo estivo di hockey con le sue amiche del cuore che però, purtroppo, le rivelano all’improvviso che frequenteranno una scuola diversa. La notizia arriva proprio nel momento in cui nella “centrale operativa” delle emozioni scatta l’allarme-pubertà. Così tutto precipita nel caos.
Le emozioni di base si intensificano, al di là del controllo di Gioia, Rabbia, Paura, Disgusto e Tristezza. E la console si arricchisce di quattro nuovi colori: arrivano infatti Ansia, Invidia (Marta Filippi), Ennui (Deva Cassel) e Imbarazzo (Federico Cesari). Dal punto di vista psicologico – che è fondamentale in Inside Out anche come ricerca scientifica – sono emozioni secondarie, più articolate e composte. Così, in un brillante guizzo della sceneggiatura, diventano il “villain” più astuto da affrontare.
Ansia, soprattutto, “è troppo di tutto”. Somiglia alla paura (e piace molto a Paura), ma non lo è. È totalizzante come Gioia ma molto più sistematica, precisa e previdente. Sa vedere tutti i problemi che non esistono, anzi a volte li crea. Questo esserino arancione apparentemente innocuo si rivela così, presto, l’emozione più difficile da capire, quella che annebbia tutte le altre e le fa precipitare in un vortice apparentemente senza fine.
E a questo proposito alla Pixar si deve riconoscere il merito di essere riuscita a rappresentare – probabilmente per la prima volta in assoluto in un film d’animazione e in modo delicato e impeccabile – un vero attacco d’ansia, che assume ancor più importanza per l’attenzione alla salute mentale veicolata dal film, perché associato a un personaggio adolescente.
Il senso del sé e l’inconscio
Solo quando le emozioni vecchie e nuove comprendono di dover coabitare la mente di Riley, il disordine e il malessere sembrano fermarsi. È così che emerge l’aspetto forse più interessante di Inside Out 2, rappresentato da un elemento di novità: “le Convinzioni”. Ogni volta che Riley impara qualcosa su di sé, nella sua mente nascono nuovi intrecci che determinano la sua personalità, supportati dai ricordi e dalle emozioni. Sembrano liane o rami dentro un flusso (di coscienza!) e insieme creano un oggetto nuovo e brillante, simile a un albero: il senso del sé.
Quando è solo Gioia a crearlo non è completo, così come non lo è quando a volerlo ridefinire è Ansia. Diventa il vero Albero di Riley quando lei impara a scoprirsi intera. Forse anche, questo, un invito non troppo sottile a iniziare un percorso di psicoterapia, a qualsiasi età.
Perché il messaggio ultimo di Inside Out 2, giocato tutto letteralmente all’interno della mente di Riley e nella sua relazione con se stessa, è imparare ad amare la persona che è ogni giorno nello specchio.
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