Rilasciato il 24 dicembre 1981, Interceptor – Il guerriero della strada (Mad Max 2) è il film più famoso e apprezzato della saga di George Miller.
Eroico, mitico e adrenalinico; il film è un caposaldo del genere action che nonostante 40 anni di età non è invecchiato di un singolo giorno e ha esercitato un’influenza vastissima in tutte le arti dal momento della sua prima distribuzione.
Un pilota fuggì nel deserto
Max Rockatansky (Mel Gibson) vaga di giorno in giorno senza una vera meta, finché non si imbatte in una piccola comunità che raffina petrolio, e che è assediata dagli sgherri di Lord Humungus (Kjell Nilsson), desiderosi di sterminarli e derubarli della benzina prodotta.
Max, nonostante sia inizialmente solo in cerca di altro combustibile per continuare il suo esilio nel deserto, collaborerà con i coloni riscoprendo un’umanità che credeva di aver perduto.
Il primo Interceptor (Mad Max, 1979) fu un successo economico senza precedenti. Costato circa quattrocentomila dollari, incassò oltre cento milioni. Nacque così un nuovo eroe vendicatore, forte di un grande successo di pubblico e critica. Ma col senno di poi fu un proemio epico certamente importante, ma una sorta di prologo al vero mito che nacque con questo secondo capitolo.
I meriti tecnici del primo film (regia, coreografie degli stunt, scene d’azione) si accompagnavano ad una trama esigua ma funzionale, e tuttavia abusata in quegli anni. Max Rockatansky nel primo film della sua saga non era troppo diverso dal Paul Kersey (Charles Bronson) de Il giustiziere della notte (Death Wish, 1974): anche questo film è una storia di vendetta al tempo graditissima al pubblico che diede avvio ad una proficua saga.
Il guerriero della strada non fu un successo al botteghino paragonabile al primo capitolo. Ma fu un successo di critica, di pubblico e sopratutto di narrazione.
Il mito che influenza la storia
Con Il guerriero della strada si materializza, con più forza ancora che nel primo film, il mito del deserto come unico luogo rimasto da abitare dopo la fine del mondo. Non è il deserto storico di Lawrence d’Arabia (1962) o la sabbia esistenzialista di La Donna di Sabbia (1964); è la fine di ogni civiltà umana preesistente, di ogni opera razionale che vada oltre la mera e brutale sopravvivenza consumata giorno per giorno.
Le strade sono sporadiche, pericolose e mitiche, come gli uomini che le percorrono, e l’ombra del mito avvolge ormai tutta la terra e coloro che ancora vi sopravvivono. Max è già noto al pubblico come un guerriero vendicatore e solitario, ma qui si accarezza lo spessore mitologico che il personaggio acquista in quel mondo nonostante sia già trascorsa l’apocalisse. Forse è anche perché in questo film emerge l’uomo Max, il pilota arcigno e silenzioso, onorevole, e vittima di un passato che esiste nella “terra della non-esistenza”, nella terra desertica alla fine della ragione umana.
In questo film la V-8 Interceptor viene messa da parte e infine distrutta, depotenziando apparentemente Max; in realtà nel conflitto tra solitudine colpevole e ritorno all’umanità civile, la macchina è il simbolo cardinale dell’essere-solitario di Max, della sua erranza senza un vero scopo.
Nel film conta il Max pilota, che con le sue doti e non con la sua macchina è indispensabile alla civiltà umana perché essa possa sopravvivere e salvarsi.
La guerra e il tempo delle leggende
La saga ha sviscerato la paura della fine dei combustibili fossili, il petrolio sopratutto, e il triste (ma possibile) destino dell’uomo legato a questa scomparsa; il secondo capitolo ha unito questo tema, ancora oggi attualissimo, ad una struttura narrativa che affonda nell’epica occidentale.
I nuclei tematici sono atavici: il viaggio, l’assedio di una comunità, la fuga e l’abbandono della patria, l’eroe solitario venuto a salvare gli innocenti dal male, l’eterno conflitto tra barbarie e civiltà.
L’influenza primaria si rintraccia nei poemi omerici. La storia d’amore tra il guerriero più forte e più pazzo degli Humungus, Wez (Vernon Wells) e il suo efebico compagno (Jimmy Brown), sorta di Tadzio nell’Outback, ricalca fedelmente il mito di Achille e Patroclo. La fuga dalla città assediata mediante un camion cisterna che è in realtà un’abile inganno ordito dai coloni (rovesciamento ingegnoso del cavallo di legno pieno di guerrieri), è un altro rimando alle minute astuzie di Odisseo.
E l’influenza a sua volta si esercita in maniera marcatissima in un’opera seminale per il manga e per il fumetto mondiale, Ken il guerriero, di Buronson e Tetsuo Hara. Ken, che veste, viaggia e parla poco come Max, è anche lui un eroe solitario dal passato tormentato e dalle doti eroiche e salvifiche, il salvatore della civiltà umana dopo la fine del mondo; oltre a ciò, tutto il vestiario, dai costumi alle maschere, è stato ripreso nell’epopea di Hokuto e in molti film epigoni che sono derivati dalla saga di Max in generale.
In breve
Questo film di pura azione, polveroso, violento e affascinante, è una visione estatica, di quelle che emergono dall’amalgama delle opere cinematografiche d’azione per ascendere all’Olimpo del genere. Da vedere con ogni mezzo necessario.
Continuate a seguire FRAMED anche sui social, siamo su Facebook, Instagram e Telegram.