La primavera della mia vita Colapesce Dimartino

Un dolly shot alla Spike Lee dentro un surreale albergo nell’entroterra siciliano, un trunk shot alla Tarantino, la comicità di John Landis e dei suoi Blues Brothers e quella malinconica di Massimo Troisi: La primavera della mia vita di Zavvo Nicolosi è un film che riprende tantissimo cinema. È lui stesso a dirlo, durante la presentazione romana del film che vede protagonista il duo Colapesce Dimartino.

Il riferimento principale è True Stories di David Byrne (1986), «tutto ambientato in Texas, dalla composizione e dai colori fenomenali. È il modello visivo, anche per come viene raccontato il territorio. Con Carlo (Rinaldi, ndr), il direttore della fotografia, abbiamo fatto uno studio ben preciso. Non mi azzardo a fare paragoni ma ci piaceva raccontare il territorio come Wim Wenders. Il Wim Wenders di Fino alla fine del mondo, Paris Texas, Lisbon Story, dove uno scenario è protagonista tanto quanto chi lo sta attraversando».

Lo scenario in questo caso è la Sicilia, con i suoi miti e le sue leggende popolari. Ad attraversarlo sono Colapesce Dimartino, il duo formato da Lorenzo Urciullo e Antonio Di Martino, per la prima volta protagonisti al cinema e co-sceneggiatori, insieme a Nicolosi stesso e a Michele Astori (già sceneggiatore dei film di Pif e di Grazie ragazzi).

Astori è entrato nel processo di scrittura per ultimo, come quarto uomo e «il progetto che [Di Martino, Urciullo e Nicolosi] avevano portato, si capisce, era abbastanza folle. Era una grande ventata di energia, perché le opere prime hanno una caratteristica, ridarti un po’ di incoscienza. Rischi anche delle cose che normalmente non rischieresti, in un territorio di libertà, e abbiamo cercato di conservarla questa libertà. La cosa importante era riuscire a preservare il loro approccio sia ironico che malinconico alla vita».

La primavera della mia vita, il road movie di una doppia rinascita

Antonio e Lorenzo non si vedono da tre anni. Dopo l’ennesima discussione in studio, durante la produzione del loro nuovo album, Antonio va via e non fa più ritorno, fino a quando è lui a chiedere a Lorenzo una nuova collaborazione e un viaggio alla riscoperta della Sicilia, finanziato dall’Antico Ordine Semenita, ambiguo gruppo ambientalista hippie-new age, a cui Antonio si è unito.

Il percorso ascetico di Antonio si scontra con la rabbia compressa e implosa di Lorenzo, «quella rabbia che non è motore di niente». Insieme diventano la base di una comicità sottile, intelligente e surreale, grazie a cui è lecito credere che i Semeniti esistano e dormano davvero in piedi, Roberto Vecchioni sia un complottista che crede alle origini messinesi di Guglielmo Scrollalancia, alias William Shakespeare, e la teiera più grande del mondo campeggi oltre una montagna dalle parti di Enna. Mai, nemmeno per un minuto, nemmeno per le battute più assurde, si rompe il patto con lo spettatore. «Perché in Sicilia la storia è basata sul verosimile, non sul vero», afferma Dimartino, e «la leggenda è spesso più interessante della verità», lo precede Colapesce sempre in conferenza stampa.

Il viaggio che i loro due personaggi intraprendono – personaggi che secondo il regista Nicolosi somigliano molto ai due veri Colapesce Dimartino, solo un po’ più esplosi – diventa così l’occasione per riscoprire una terra di tradizioni ancestrali, di architetture, storia e cultura affascinanti (nel racconto entra quasi per caso e con naturalezza la Sicilia araba). È soprattutto però l’occasione per raccontare una grande amicizia. Ritrovandosi, Lorenzo-personaggio e Antonio-personaggio mettono in scena dinamiche reali del loro rapporto ma anche dinamiche universali di amore fraterno e disinteressato. Tutto nasce dai 90 mila euro promessi dai Semeniti a fine progetto, ma finisce con una doppia rinascita, «una doppia fioritura», la definisce Nicolosi, che apre entrambi a una nuova vita.

Sicilia e musica: le co-protagoniste

Sapevate che esiste un pane illegale? Quello che ad Alicudi (Isole Eolie) si impastava con la segale cornuta infestata dal fungo Ergot, che dava le stesse allucinazioni dell’LSD. E che già Omero, oltre a Scilla e Cariddi nello Stretto, cantava dei giganti di Sicilia, i Lestrigoni antropofagi? La struttura del road movie scelta per raccontare La primavera della mia vita permette di percorrere l’intera isola, viverla attraverso il suo sapere popolare e il suo spirito. Anche l’ironia usata – scritta da quattro uomini siciliani – è profondamente radicata nella cultura dell’isola e ne è lo specchio di quel misto di umorismo e malinconia a cui ha fatto riferimento Astori.

A dettarne il tempo è anche la musica, con la colonna sonora originale realizzata dagli stessi Colapesce Dimartino. Un totale di 24 tracce, compresi tre brani eseguiti durante il film: la title track, La primavera della mia vita, scritta con e cantata da Madame; Il cuore è un malfattore e, ovviamente, Splash, con cui il duo ha vinto il premio della critica Mia Martini e il premio della stampa Lucio Dalla a Sanremo 2023.

La coniugazione di musica, scrittura e interpretazione diventa così il culmine di un progetto molto ampio, di un universo-Colapesce Dimartino in cui non vediamo l’ora di rituffarci ancora e ancora.

La primavera della mia vita è al cinema dal 20 al 22 febbraio in 200 sale con Vision Distribution. È la più grande distribuzione organizzata in Italia per un evento speciale di tre giorni di proiezione.

Articolo di Valeria Verbaro

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