La stanza accanto è una tragedia nel senso più semplice del termine: si sa già che qualcuno è destinato a morire e ci si prepara all’addio fin dai primi minuti. Ciò che conta non è la morte stessa, infatti, ma come avviene. E perché.
Pedro Almodóvar l’ha ripetuto più volte, a partire da Venezia dove a settembre 2024 ha vinto il suo Leone d’oro, La stanza accanto è un film dedicato al diritto all’eutanasia, al diritto di morire bene, oltre che vivere bene.
Primo lungometraggio del regista spagnolo in lingua inglese, il film si basa quasi esclusivamente sulla performance e sul dialogo tra Julianne Moore e Tilda Swinton, in un curioso adattamento del romanzo Attraverso la vita di Sigrid Nunez (edito in Italia da Garzanti).
La trama di La stanza accanto
Ingrid (Moore), scrittrice e giornalista di successo, scopre casualmente che una collega e una vecchia amica con cui ha diviso il lavoro in redazione è gravemente malata, decide così di andare a trovarla in ospedale, dove si trova per un ciclo di chemioterapia. Martha, ex reporter di guerra, ha infatti un cancro alla cervice avanzato e, inizialmente, nessuna intenzione di curarsi. Nel suo lavoro ha visto la morte così tante volte da esservi scesa a patti e, in fondo, è già pronta ad accoglierla. Si convince però ad affrontare una terapia sperimentale (se non altro per aiutare chi verrà dopo) che come unico risultato ha quello di creare in lei false speranze.
Martha decide così di procurarsi illegalmente una “pillola dell’eutanasia”, una pasticca che da sola riuscirebbe a ucciderla. Il suo ultimo desiderio, tuttavia, è non morire da sola, avere la sicurezza che ci sia qualcuno nella stanza accanto. Per questo chiede a Ingrid di essere sua complice, in quello che a tutti gli effetti per la legge è un crimine, anzi una serie di reati.
Per un mese Martha affitta una splendida villa tra i boschi nei dintorni di New York e lì, stabilito un codice con Ingrid, decide che quando sarà pronta inghiottirà quella pillola, senza altro preavviso.
La delicatezza leggera di Pedro Almodóvar
La situazione descritta dal film è emotivamente gravosa, molto pesante, eppure neanche per un minuto messa in dubbio o giudicata dal regista che la mette in scena. Il punto, per Almodóvar, è proprio questo: riuscire a parlare della vita, nonostante l’imminenza (e l’inevitabilità) della morte, senza mai dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Senza mai far intromettere la morale.
Per questo non rinuncia all’ironia, prima di tutto, sia delle situazioni sia dei personaggi in sé. Ingrid, per esempio, nel momento in cui si riconnette con Martha ha appena pubblicato un libro sulla sua terribile, incontrollabile, fobia della morte e la reazione alla richiesta dell’amica è quanto di più divertente e inaspettato ci si possa immaginare da un film del genere.
Almodóvar, cioè, non rinuncia alla comicità nella tragedia proprio come la vita non rinuncia ai momenti di tenerezza, gioia e divertimento quando la morte si avvicina.
Un film costruito su Julianne Moore e Tilda Swinton
La stanza accanto per questo si affida innanzitutto a due tra le attrici migliori in circolazione che già da sole potrebbero reggere l’intera storia senza il film attorno. È strano da argomentare, ma il continuo dialogo fra Ingrid/Moore e Martha/Swinton, che prosegue ininterrotto al mutare delle ambientazioni e al mutare dei giorni, potrebbe benissimo essere un podcast, o un vecchio radiodramma, se preferite, e non perderebbe niente (niente!) in termini di intensità, interesse e bellezza.
È raro che un dialogo tra due personaggi vada avanti così a lungo, toccando così tanti argomenti, senza perdersi mai, anzi dando l’impressione di star ascoltando davvero due amiche di sempre, che chiacchierano tra loro di qualsiasi cosa, dai libri da leggere al complicato rapporto con la maternità. È questo uno stratagemma intelligente dell’Almodóvar sceneggiatore, che per riuscire ad adattare il romanzo di Nunez, scritto in prima persona dal punto di vista di Ingrid, prova ad allargare l’universo narrativo trasformando i ricordi – connessi tra loro da flussi di coscienza – in scambi di battute, i monologhi in dialoghi.
Mentre, perciò, il carattere e la personalità di Ingrid (il suo umorismo soprattutto) sono facilmente rintracciabili per il personaggio di Julianne Moore, nel materiale originale, è la Martha di Tilda Swinton la vera rivelazione. Un personaggio senza futuro che si anima, tra le memorie del passato e una grande forza nel presente.
Come sottolinea Martha in un passaggio essenziale del film, che trasmette anche una parte cruciale del suo messaggio, la sua malattia non è una delle tante guerre che ha vissuto. Non la considererà mai tale e non vorrà combatterla, perché rifiuta l’idea stessa di dover parlare della sua vita in termini di vittoria, sconfitta e battaglia. Non è così che ha vissuto o che vuole essere ricordata.
La forma irrinunciabile di Almodóvar
La stanza accanto, perciò, è un profondo studio di personaggi. Un film fortemente focalizzato sulla performance delle protagoniste. Al tempo stesso, però, è un film di Almodóvar e, come tale, non è mai neutrale dal punto di vista estetico.
È come se La stanza accanto fosse costruita su due tracce, quella attoriale/dialogica e quella visuale, in cui protagonisti sono invece gli arredamenti, le scenografie, i costumi (larghi, stravaganti, impossibili da non notare) e i colori, sempre brillanti e sempre complementari, studiati sull’armonia dei colori delle due stesse protagoniste.
Le due tracce viaggiano parallele, apprezzabili anche singolarmente, il che forse indica una mancanza di coesione nella visione generale del regista, ma colpiscono proprio per la loro dissonanza.
Si pensi solo alla potenza che ha il completo giallo indossato da Tilda Swinton o la porta rossa che fa parte del codice speciale condiviso con Ingrid/Moore. Momenti in cui qualsiasi battuta, anche se pronunciata, si disperde di fronte alla forza di un’immagine.
La stanza accanto, in breve
La stanza accanto è un film coraggioso anche per gli standard di Pedro Almodóvar. Un film che non mira a piacere a tutti e che richiede al pubblico grande apertura e sospensione di giudizio. È curatissimo sotto diversi punti di vista, dalla scelta delle protagoniste alla costruzione di una certa atmosfera sospesa, straniante eppure mai del tutto cupa, nonostante il tema trattato.
Secondo la traccia su cui si sceglie di sintonizzarsi – quella dialogica o quella visuale – può suscitare emozioni molto diverse. Può sembrare più o meno freddo e distaccato, o persino così carico di emozione ed emotività da richiedere al pubblico una distanza di sicurezza, una via di fuga, che sia anche soltanto un sorriso nervoso. Certo è che costringerà comunque a riflettere tanto sulla vita quanto sul diritto a una (serena) morte, e tanto basta ad Almodóvar.
La stanza accanto è al cinema dal 5 dicembre 2024 con Warner Bros Italia.