Liberamente tratto dal romanzo dell’autore russo Aleksandr Grin, Vele scarlatte (1923), il nuovo film di Pietro Marcello intitolato Le vele scarlatte (L’envol) vive di una lirica vibrante, che si mette al servizio di una storia in cui la “magia” femminile è alla base della favola che il regista sceglie di raccontare.
Lungometraggio d’apertura alla Quinzaine des Réalisateurs del 75º Festival di Cannes e girato interamente nel nord della Francia, Le vele scarlatte è la storia di una famiglia, di un padre e di sua figlia. Un film “femmina”, come ha detto lo stesso Pietro Marcello, in cui le donne cercano il loro posto, trovandolo in una società che continua ad ostacolarne i successi.
Trovare una figlia – Sinossi
Subito dopo la prima guerra mondiale, il soldato Raphaël (Raphaël Thiéry), torna a casa per raggiungere il luogo dove aveva lasciato la sua amata. Al suo posto troverà una figlia ancora piccolissima, Juliette, cresciuta da una donna, Adeline (Noémie Lvovsky), che offre anche all’uomo un posto dove stare nella fattoria dove quasi tutto il film si svolgerà.
Juliette vive in mezzo alla natura e ha una sensibilità spiccata, è appassionata di canto e musica e non lascia mai il padre, verso cui nutre un grande amore. Raphaël è un uomo buono ma molto sfortunato, che intaglia giocattoli in legno e protegge la figlia da chi potrebbe farle del male, da chi tempo addietro ha fatto del male a sua madre.
Le vele scarlatte sono frutto di una profezia, il simbolo di un viaggio, della crescita della ragazza e del suo futuro lontano da lì. Il folklore e il misticismo della terra e del femminile rivivono nel percorso della Juliette che diventa donna (l’esordiente Juliette Jouan), si innamora e trova la sua strada.
La forza visiva di un racconto che vuole rimanere semplice
La passione per le immagini d’archivio non è nuova nella produzione di Pietro Marcello e anche qui (come nel suo precedente Martin Eden, 2019) la ricercatezza di flash visivi e di tasselli da intersecare alla storia di finzione produce un coinvolgimento emotivo e visivo legato proprio alla poesia finale di tale accostamento.
Emerge l’amore per gli archivi dell’autore, che è poi un sentimento di rispetto e devozione per la nostra storia visuale: ne Le vele scarlatte filmati d’epoca girati negli stessi luoghi della crescita di Juliette si mischiano alle riprese attuali. La sovrapposizione rivela anche vari omaggi al cinema, come ad esempio con l’inserimento di alcune immagini tratte del film di Julien Duvivier Au Bonheur des dames (1930). In molti momenti la ricostruzione storica è affidata proprio alla vera Storia, che emerge tra le sequenze per dare a chi guarda quelle suggestioni. Il risultato è un coinvolgimento immediato, semplice e diretto.
Rileggere il passato attraverso le idee del presente
Parlare di emancipazione femminile suona quasi retorico, ma non nel contesto scritto per il film in cui Pietro Marcello inserisce un’attualizzazione della novella di cento anni fa. A differenza del testo di Grin, la madre di Juliette non muore di polmonite ma in seguito a uno stupro. Nella stessa ottica anche il personaggio dell’aviatore Jean (Louis Garrel), di cui la protagonista si innamora, è molto diverso dal libro.
Nell’ambientazione viva e quasi incantata che ospita la crescita di Juliette, le donne sono la forza che governa il destino del mondo. Sono “streghe” che poggiano piedi nudi sull’erba bagnata, sono in contatto con la natura e hanno visioni di ciò che succederà, come la maga del bosco che per la prima volta le menzionerà le vele scarlatte. La potenza del film sta nella semplicità dello sguardo, femminile e leggero, ma anche mistico e poetico, quello di Juliette che decide come vivere.
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