Lightyear - La vera storia di Buzz

Bianco, verde e viola. Bastano già questi tre colori per pensare subito a Buzz Lightyear, tanto è diventato iconico il personaggio dello Space Ranger Pixar dal 1995 a oggi. Il nuovo giocattolo di Andy prende subito forma nella nostra mente, al punto che quando gli Studi Disney annunciano un film su di lui la prima reazione di fronte alla figura antropomorfa e non più spigolosa, dentro la tuta spaziale che conosciamo così bene, è quella di un forte spaesamento.

Qual è la storia? Cosa sta succedendo?

Reggetevi forte, perché è forse la trovata drammaturgica più bella mai pensata dalla Pixar. Stiamo tornando nel 1995, immaginando di guardare, come Andy, per la prima volta il film che lo fece innamorare di Buzz. Non un film nel film ma un film su un film, presentato da una sequenza iniziale volutamente epica nel tono e nella musica, seppur costituita solo da un paio di didascalie su fondo nero.

Stiamo entrando in un mondo di citazioni accessibile solo a chi da oltre vent’anni conosce Toy Story e al tempo stesso assistiamo alla rivoluzione della Pixar, che ripassa dal via (dal suo primo lungometraggio) per cambiare per sempre.

Buzz: rapporto missioneTrama e temi

Lo Space Ranger Lightyear (doppiato nella versione italiana da Alberto Boubakar Malanchino) è in missione su un nuovo pianeta con Alisha Hawthorne (Esther Elisha), suo capitano, e un numeroso equipaggio criogenizzato. Un errore di valutazione in volo costringe l’astronave a fermarsi e tutti quanti ad abitare il pianeta ostile fino alla risoluzione dell’imprevisto. Buzz non si rassegna all’idea di aver fallito la missione, continuando a viaggiare nello spazio per raggiugere l’ipervelocità e riportare tutti a casa. Così facendo, però, attraversa il futuro trovandosi ad affrontare un paradosso temporale e una straordinaria avventura.

Al di là della teoria della relatività di Einstein, dei tempi che si dilatano e degli spazi che si contraggono, Lightyear – La vera storia di Buzz (di Angus McLane) mette insieme una serie di tematiche umanamente complesse ed essenziali, tanto per i bambini quanto per gli adulti.

Prima fra tutte, dato che se ne sta parlando molto ultimamente, quella Lgbtq+, poiché il Capitano Hawthorne scambia un tenero bacio con la moglie. Si tratta di un dettaglio che non influenza la trama, ma che proprio per questo è inserito come elemento di semplice rappresentazione di una realtà, un modo sottile e intelligente per aprire la rappresentazione Pixar oltre i confini dell’eteronormatività.

In secondo luogo, è evidente come l’umanizzazione di Buzz abbia anche un risvolto psicologico importante. Non è più l’eroe di plastica, sempre uguale a se stesso, ambizioso, arrogante e superbo. Compie un percorso, anzi un vero viaggio, in cui comprende di dover e poter fare affidamento sugli altri, smettendo di credere che il peso del mondo sia solo sulle sue spalle. Buzz compie un esercizio di umiltà e, benché sia una delle ultime cose che ci aspetteremmo da lui, distrugge il suo personaggio degli anni Novanta ammettendo la possibilità dell’errore come momento di crescita.

La sensibilità è senza dubbio quella della Generazione Zeta, o forse anche più giovane, attenta a non perpetrare stereotipi di genere, dalla mascolinità tossica al ruolo delle donne dentro il percorso dell’eroe (o dell’eroina!). È una Pixar che quindi “ricomincia” da zero, inaugurando la sua seconda generazione di spettatori.

Momenti cinefili

Per chi invece riempirà la sala per un irresistibile impeto di nostalgia, non disperate! C’è ovviamente qualche momento magico anche per voi, al di là del classico verso l’infinito e oltre. Come sempre, tuttavia, Disney Pixar è in grado di raccontare storie su più livelli di comprensione e questa volta arriva a omaggiare il grande cinema di fantascienza introducendo una memorabile citazione a 2001: Odissea nello spazio attraverso l’occhio robotico di Ivan, troppo simile ad Hal 9000 per non essere un riferimento voluto, e il più fantasioso personaggio di Sox (doppiato da Ludovico Tersigni). Una dolcissima intelligenza artificiale dalle sembianze feline, che costituisce anche gran parte della linea comica del film.

In breve

Se amate Toy Story non avete bisogno di ulteriori motivi per correre al cinema. Se invece prevale ancora lo scetticismo, lasciatevi almeno convincere dal fatto che il lavoro fatto dall’animazione Pixar è di qualità altissima, oltre che di contenuto rivoluzionario per la storia degli Studios. Saltate sull’astronave anche voi… to infinity and beyond!

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