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L’incredibile storia dell’Isola delle Rose è il film diretto da Sydney Sibilia e disponibile su Netflix. Racconta la storia di Giorgio Rosa e della sua isola artificiale, esperimento di libertà utopica nel 1968.

Il film

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose viene rilasciato lo scorso 9 dicembre sulla piattaforma streaming. Cogliamo l’occasione per parlarne oggi dopo nomination ricevute dal film ai prossimi David di Donatello (che potete vedere qui). Il regista, Sydney Sibilia, è famoso per la trilogia di Smetto quando voglio, parentesi comica riuscita dell’ultimo cinema italiano, ma non per questo necessaria come unico metro di paragone per questo nuovo lungometraggio.

Il film sulla creazione dell’Isola (artificiale) delle Rose da parte dell’ingegnere Giorgio Rosa è poco più di una storia d’amore, e annulla gran parte dei fatti storici per attenersi al gusto agrodolce di raccontare tutto con gli occhi spalancati da sognatore irriducibile del protagonista (qui Elio Germano). E così come la vicenda, che già aveva poco a che fare con le rivolte del ’68, vi si inserisce quasi di diritto, un film che non era sul ’68 lo diventa.

L’impalcatura romanzata di Sibilia ha basi deboli, e non regge il peso della portata di un evento storico così inusuale e per questo unico. Le scelte narrative ed estetiche diventano specchio della leggerezza con cui gli eventi vengono trattati dagli stessi personaggi. Finché non sono chiamati a rispondere delle loro azioni, e immotivatamente si schierano di fronte ad un cannone pronto a sparare.

Giorgio Rosa e la storia

Giorgio Rosa fu un ingegnere bolognese che, credendo in un’utopia di libertà ideale, costruì in acque internazionali (al largo di Rimini) un’Isola. Il “libero Stato dell’Isola delle Rose”, che altro non era che una piattaforma artificiale di 400 m².

La narrazione romantica secondo cui nel film l’uomo costruisce l’isola per riconquistare il cuore di Gabriella Chierici è molto lontana dalla realtà. Quando Rosa concluse il suo progetto era già sposato con la donna e avevano un figlio.

L’isola delle Rose, www.sanmarinortv.sm

Soprattutto, la “rivoluzione” personale di Rosa non era connessa al resto delle “rivoluzioni” di quegli anni. La sua era una rivincita nei confronti della burocrazia che gli imponeva permessi e normative, quando in realtà voleva solo costruire liberamente, anche su un terreno o sulle acque del mare.

L’Isola dichiarò l’indipendenza l’1 maggio 1968, con Giorgio Rosa come Presidente. 55 giorni dopo la dichiarazione d’indipendenza venne occupata militarmente per poi essere demolita.

Giorgio Rosa/Elio Germano e il cinema

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose è una commedia che prende spunto dalla storia vera per elevare un protagonista che vuole disobbedire, sì, ma per rispondere solo ad altre logiche.

Il Giorgio Rosa interpretato da Elio Germano ci cade quasi per caso nel ’68. La sua voglia rivoluzionaria è la reazione alle regole che lo soffocano e all’amore, non più corrisposto, della sua ex, Gabriella, interpretata da Matilda De Angelis (candidata ai David come Miglior attrice non protagonista). Attrice di 25 anni nel ruolo di una professoressa universitaria poco credibile, data l’età, e per questo confinata in una recitazione artificiosa. La costruzione dell’Isola risulta nel film un capriccio, e la voglia di utopica libertà va a braccetto con l’insurrezione personale di un uomo abituato ad essere considerato un “perdente”.

Dall’altra parte della “barricata”, il Governo italiano: con Giovanni Leone (Luca Zingaretti) alla Presidenza del Consiglio e Franco Restivo (Fabrizio Bentivoglio, candidato ai David come Miglior attore non protagonista) come Ministro dell’Interno.

I filmati di repertorio, le scelte musicali e la gita internazionale a Strasburgo nel film, arricchiscono la favola, impoverendo purtroppo l’anima della storia, che ne esce sospesa come se si rifiutasse di aderire alla verità. Una scelta stilistica? Ovviamente.

Ma strappa solo qualche sorriso, mentre il vero ’68 si infiamma in altre narrazioni o nelle pagine dei quotidiani del tempo, dove c’era molto di più.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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