La serie TV Nine Perfect Strangers è l’adattamento del romanzo omonimo del 2018 scritto da Liane Moriarty. Le prime tre puntate fanno tante promesse ma non forniscono risposte. Mentre aspettiamo di capirci qualcosa in più (in attesa di guardare anche il resto) ecco qualche prima impressione.
Sinossi
Prendete Nicole Kidman nel ruolo di una santona bionda ed eterea in stile Galadriel, mixatela con la bravura di Michael Shannon, l’ironia pungente di Melissa McCarthy e il trasformismo di Bobby Cannavale. Inseriteli, assieme ad altri sei sconosciuti, in un luogo sperduto e benefico, il Tranquillum House, che promette un profondo e radicale cambiamento interiore, nonché il benessere dell’anima.
Ma qual è il passato di Masha, la misteriosa proprietaria, e come riuscirà a quietare le ansie dei suoi ospiti? E soprattutto, il gruppo che si forma di volta in volta è casuale o scelto a puntino?
Un professore con un lutto in famiglia, una scrittrice in crisi, una nevrotica ex costumista (Regina Hall), un’influencer socialdipendente: tutti sotto lo stesso tetto senza telefoni e privati di alcool, droghe e cibo non considerato idoneo. Dai primi minuti di visione è chiaro che il Tranquillum sia più una prigione dorata che un rehab di lusso.
Un inizio incerto
Fin qui ci sono tutti i presupposti per una serie allettante. Svelare ciò che si nasconde tra le mura del lussuoso resort new age è la spinta che mi ha portato a premere play.
Le prime tre puntate sono arrivate su Amazon Prime Video lo scorso 20 agosto. Per le seguenti dovremo aspettare di settimana in settimana (la quarta sarà disponibile dal 27 agosto). In tutto saranno 8. Questo mi rincuora dato che l’inizio non è stato dei migliori. I quesiti più grandi che suscita Nine Perfect Strangers non riguardano i segreti taciuti degli ospiti alla ricerca di serenità (come dovrebbe essere) bensì le dinamiche narrative, opache e stancanti.
Il soggetto è nebuloso e tende continuamente a perdere un focus che mi piacerebbe davvero individuare. A fatica cerco di direzionare la mia attenzione senza soddisfazione per i tentativi fatti. La narrazione corale è sempre un progetto ambizioso in cui, in linea teorica, i personaggi dovrebbero godere di spazi simili. Questo non si verifica ed è un problema.
La prima impressione che si ha con Nine Perfect Strangers è proprio lo squilibrio degli elementi, ma senza una confusione manifesta progettata per disorientare lo spettatore e sorprenderlo in seguito.
Cambierà tutto con le prossime puntate? Staremo a vedere, intanto continuate a seguire FRAMED anche su Instagram e Telegram per aggiornamenti!