On my block - Credits: Netflix
On My Block- Credits: Netflix

Un racconto di formazione gioioso, emozionante, drammaticamente realistico e al tempo stesso surreale: On My Block è la serie Netflix che non sapevate di amare. O che, se conoscete già, sarete felici di ritrovare per una quarta e ultima stagione.

Proprio così. Dopo un finale narrativamente perfetto, frutto di un arco continuo lungo i 28 episodi delle prime stagioni, Netflix ha scelto di tornare sui suoi passi. Il motivo è forse nell’annuncio dello spin-off, Freeridge, già in produzione, o forse perché semplicemente l’amaro lasciato dall’ultimissima sequenza spacca il cuore a ogni rewatch, nonostante la sua coerenza intrinseca.

Aggiungere qualsiasi altro elemento comporta un rischio enorme nell’economia della serie, che non vediamo l’ora di scoprire nei nuovi episodi, disponibili dal 4 ottobre. Nell’attesa di parlarne, però, ripassiamo i motivi per cui lo show creato da Lauren Iungerich, Eddie Gonzalez, and Jeremy Haft merita almeno una visione.

Crescere nel quartiere: personaggi e ambientazione

On My Block, letteralmente si traduce nel mio isolato. È uno spazio sociale piccolo e limitato, sulla mappa, ma per gli adolescenti della periferia statunitense rappresenta un mondo intero. Siamo a Freeridge, quartiere immaginario di Los Angeles a maggioranza latina e afrolatina, contrapposto per l’intera prima stagione al quartiere di Brentwood. Reale roccaforte bianca di West Los Angeles. Dai primissimi minuti Freeridge è problematizzato come un quartiere difficile, in mano alle gang. Un luogo di morte, spirituale e fisica, in cui il futuro è precluso ai più giovani.

Lo scopriamo attraverso Monsé (Sierra Capri), ragazza afrolatina che già dalla sua presentazione attraversa continuamente i confini reali e immaginari del quartiere. Da un lato lo considera casa, dall’altro è chiaro che desidera uscirne e lasciarselo alle spalle. A trattenerla sono soprattutto gli affetti: il padre, spesso in viaggio ma estremamente amorevole e, soprattutto, il gruppo di amici. Ruben/Ruby (Jason Genao), Jamal (Brett Gray)e Cesar (Diego Tinoco), a cui nelle stagioni successive si aggiunge Jasmine (Jessica Marie Garcia).

La rappresentazione di Freeridge, nella caratterizzazione delle persone che lo abitano, è tuttavia uno degli aspetti più articolati e rilevanti dell’intera serie. E, a suo modo, ogni personaggio lo dimostra.

On My Block - Netflix
On My Block – Netflix

Monsé, Jamal, Ruby e Cesar: le linee narrative

Nelle prime tre stagioni, i quattro protagonisti si sdoppiano in diverse storyline, che poi convergono nel finale, o almeno in quello che era il finale fino a oggi. Affrontano insieme quindi la cosiddetta linea action, l’avventura e l’azione che li porta a più riprese a scoprire un mistero del quartiere. Nel frattempo Monsé e Cesar aprono la vera e propria linea romantica, seguiti subito dopo da quella più blasonata e divertente tra Jasmine e Ruby. Quest’ultimo diventa anche il fulcro di una riflessione sul trauma e sulla violenza nel quartiere, connessa a doppio filo con l’appartenenza di Cesar alla gang di famiglia. E infine, spesso parallelamente ai drammi degli altri personaggi, si apre l’irresistibile linea comica di Jamal, che con la sua aria da weirdo [strambo] porta la serie ai suoi momenti più surreali, con la complicità dell’abuelita [nonna] di Ruby.

In tutto ciò, il quartiere e gli ambienti fanno da ulteriori personaggi. Cesar, per esempio, si muove spesso solo nel cortile della sua casa. Segno del dominio della gang sull’esterno. Monsé, al contrario, è spesso rappresentata in casa ma solo in camera da letto, immagine della sua solitudine ma anche dell’intimità con Cesar. Jamal, unico afroamericano del gruppo, è raramente rappresentato in casa propria, forse per dare spazio alla rappresentazione latina più che black, ma su questo ritorneremo brevemente tra poco. È piuttosto sempre presente dagli amici, fino a stringere un’esilarante amicizia con la nonna di Ruby, appunto. Ed è la casa di Ruby il vero fulcro degli interni, in effetti. Il salotto, soprattutto, in cui gli affetti si riuniscono.

E oltre agli ambienti domestici, la serie si focalizza spesso su ambienti e rappresentazioni culturali. Un esempio per tutti sono le sequenze di Jamal e abuelita dalla Curandera, guaritrice sciamana della cultura sudamericana.

Freeridge e l’identità culturale in On My Block

Il concetto di identità culturale è non solo onnipresente, ma rappresentato in molteplici aspetti.

Vi è il conflitto esplicito Freeridge/Brentwood, ma anche quello più subdolo del passing for white, del desiderio cioè di diventare trasparenti rispetto alle proprie origini per inserirsi in contesti bianchi. È ciò che accade alla madre di Monsé, la quale di per sé ha già un’identità culturale complessa, non solo afroamericana, non solo latina.

Ogni storyline è stratificata e profonda proprio perché si basa sul concetto di identità dei personaggi. Ed è qualcosa di essenziale nell’ottica del pluralismo verso cui si orientano sempre di più (per fortuna) i prodotti mediali. I personaggi che seguiamo e a cui ci affezioniamo, in altri termini, ci presentano un mondo, molto lontano dalla periferia borghese bianca, che finalmente trova spazio anche nelle storie teen.

Non rimane che dirvi di mettere in lista, o riguardare, On My Block, perché presto parleremo in dettaglio della quarta stagione e di quel (pre)finale che un anno fa ci aveva spezzato il cuore.

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