Dirty Dancing
Dirty Dancing

ovvero riflessioni domenicali di una instancabile fan che ogni tanto pensa ancora a Patrick Swayze su quel palco prima del gran finale

Anni fa, tra una pagina e l’altra di una rivista “femminile” (definizione che mi fa sempre sorridere anche perché terribilmente antiquata rispetto alla qualità di questi prodotti), mi ritrovai a leggere un pezzo così bello che mi rimase in testa senza più uscirne. Sono quasi certa che l’autrice fosse la giornalista Guia Soncini, che, a proposito di Dirty Dancing, identificasse due tipologie di donne: quelle che ricordano la frase di Baby sui cocomeri e quelle che ricordano l’altra celebre pronunciata dal tenebroso Johnny “nessuno può mettere Baby in un angolo”.

Lei si ritrovava nell’ironia dei cocomeri ma io, pur continuando a pensarci, non riuscivo proprio a trovare il mio corrispettivo. Forse perché in fondo non mi sono mai identificata con la timida e intelligentissima Frances Houseman, bensì con lui, l’affascinante ballerino interpretato da Patrick Swayze (scomparso nel 2009), che danza per vivere e ha paura solo dei suoi sentimenti.

Patrick Swayze nel finale di Dirty Dancing, CREDITS: ©Lionsgate, Dirty Dancing

Senza Johnny non è lo stesso

Per questo motivo non ho mai neanche preso in considerazione la maldestra rivisitazione del 2004, Dirty Dancing: Havana Nights, e non intendo prendere in considerazione neanche l’ufficiale seguito, per ora comunicato come Dirty Dancing 2 o 3 a seconda delle posizioni in merito, annunciato dalla Lionsgate. Il film vedrà Jennifer Gray (la Baby del primo) di nuovo nel ruolo di attrice ma anche in quello di produttrice esecutiva.

Si preannuncia un film romantico e nostalgico, ma tra le righe leggo ancora una volta la voglia di rivisitare il passato vincente per realizzare seguiti incompleti. Penso che a volte, nonostante l’ossessione del botteghino e le, minime, buone intenzioni, di recuperare qualcosa di bello, sia necessario lasciar andare, e scrivere cose nuove non ancorate a storie già amate.

I veri fan, quelli che, come me, riguardano il film originale almeno una volta l’anno per sentirsi di nuovo vivi, non ameranno questo sequel, e, seppur accettandolo con tiepida accoglienza.Continueranno a pensare al 1987, ad Emile Ardolino alla regia, e agli anni in cui le commedie romantiche (altro termine buffo che accosterei a “riviste femminili”) erano scritte con grazia, avevano vite da raccontare, e coinvolgevano ogni cm dello spettatore, costituendosi come film importanti e non come una sotto categoria remissiva per ragazze e donne ansiose di farsi strappare lacrime scontate e sorrisetti graziosi.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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