Locandina Pino di Walter Fasano
Locandina Pino di Walter Fasano

PINO è il documentario dedicato all’artista Pino Pascali. È stato premiato come Miglior film per Italiana.doc al Torino Film Festival 2020.

“Desiderio, infanzia. Il mito agricolo intriso di cultura mediterranea. Pino azzera tutto, reinterpreta la natura in chiave primordiale, ma senza rifiutare gli artefici del materiale industriale.”

Raccontare i materiali, raccontare la natura, esprimere in sessanta minuti il viaggio spirituale e fisico di Pino Pascali (Bari, 1935 – Roma, 1968): artista di origini pugliesi, avanguardista e geniale, alchimista delle forme e dei giochi. Il regista barese Walter Fasano realizza PINO, in collaborazione con Apulia Film Commission. Un documentario che mette in movimento fotografie e materiali d’archivio, raccontando l’identità di un bambino con la passione per gli oggetti, il fermento artistico e la morte prematura.

Nel 2018 la Fondazione Pino Pascali acquista dal gallerista Fabio Sargentini l’opera di Pascali Cinque bachi da setola e un bozzolo (1968). Fasano ne documenta l’acquisizione attraverso gli scatti di Pino Musi e altri materiali fotografici e video.

Bianco e nero come strumenti

PINO è un documentario che si serve del bianco e nero come di strumenti per una nitida descrizione storica di ciò che è stato, e di quello che sarà ancora. Ci sono le fotografie di Pino Musi ma anche quelle di Claudio Abate, Elisabetta Catalano, Ugo Mulas, oltre ai film di di Luca Maria Patella ed Alfredo Leonardi. La narrazione è affidata alle voci narranti di Suzanne Vega, Alma Jodorowsky, Monica Guerritore e Michele Riondino. In francese, italiano e inglese, compongono una guida narrativa grazie ad una ricomposizione di testi poetici e critici, rielaborati come un canto epico, metaforico. Ci sono le fotografie realizzate dallo stesso Pascali, che scattava per avere materiale che lo ispirasse per nuovi lavori. Sebbene in qualche momento l’affiancamento di foto e audio risulti quasi troppo “sospeso”, le immagini dell’artista al lavoro nel suo studio e la costante presenza di opere da toccare, respirare, vivere, riporta il tono più vicino all’indole artistica “fisica” che egli ricercava.

La scelta di mostrare la galleria in cui trovò la morte giovanissimo quasi all’inizio, è una suggestione che rende il racconto circolare. L’espressione del raggiungimento di una meta e la coerenza di una scomparsa. Lo spazio ed il tempo convergono e ricordano, e l’inizio è la fine, in un universo parallelo dove il presente non esiste.

Fasano torna sui luoghi delle origini, i paradisi mediterranei dove Pascali trovava il contatto con gli elementi e la libertà di sperimentare con essi. Gli occhi dell’artista si riflettono nelle onde del mare e sulla terra che ha un profumo inconfondibile.

Arte povera/arte materica

L’arte di Pino Pascali è un gioco di trasformazione e reinterpretazione. I bachi da setola sono la costruzione materica di un’idea poetica: materiali poveri dai colori psichedelici tramutati in grandi animali. Come gli animali marini di cui si scorgono solo le code, o i dinosauri. Il suo percorso artistico è vivido e breve come una fiamma e lascia indelebilmente il segno di una personalità unica. Arriva all’Arte Povera e al gusto pop dopo aver attraversato l’Informale e l’Espressionismo Astratto. La sua prima mostra personale viene allestita nel 1965 presso la Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis. Nel 1968 è inserito dal critico Celant nel gruppo dell’Arte Povera e presenta i Bachi da setola presso la galleria di Iolas a Parigi.

Passa tutta la vita a modellare, costruire, distruggere e rifare opere fortemente espressive. Il documentario di Fasano restituisce il gioco e anche l’irriverenza scenica di un personaggio chiave per l’arte degli anni ’60. (Compreso il dialogo con gli studenti durante una delle Biennali più controverse).

Pino Pascali
Pino Pascali. Biennale di Venezia, 1968
Foto di Elisabetta Catalano
© Archivio Catalano

Coinvolto in un incidente stradale il 30 agosto 1968 nel sottopassaggio del Muro Torto a Roma, Pascali muore l’11 settembre. La definitiva consacrazione arriva pochi giorni dopo, con il conferimento postumo del Premio Internazionale di Scultura della Biennale di Venezia

L’inizio non è che la fine, e la materia visiva si sedimenta come un’ispirazione, per tornare a specchiarsi nel pensiero e nel ricordo di Pino Pascali.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.