Rosalie (Nadia Tereszkiewicz) ha un segreto inconfessabile, custodito da suo padre e nascosto da quando è bambina: sul viso e sul corpo le crescono dei peli, che continua a radere per nascondersi allo sguardo altrui e per sentirsi normale.
Ma quando sposa Abel (Benoit Magimel), proprietario di un caffè in rovina interessato alla sua dote, la verità del suo irsutismo esce fuori, portandola a decidere diversamente su come ha intenzione di gestirla in futuro. Quella diversità diventa una fonte di forza per affermarsi, non senza difficoltà o momenti bui, trasformando la percezione di chi la circonda, compreso il suo compagno.
Nella Francia rurale del XIX secolo, la regista Stéphanie Di Giusto ambienta una storia di accettazione e di amore ricca di sensualità, il suo film, presentato in Concorso nella categoria Un Certain Regard al Festival di Cannes 2023 e nella sezione Perlas al San Sebastian IFF 2023, è una favola al tempo stesso luminosa e dolorosa, che si ritrova nel contesto storico delle attrazioni. Qui Rosalie si rifiuta di essere considerata un freak, facendo sì che quella barba diventi parte della sua femminilità: la sua trasformazione è dettata dalla determinazione di rendere lo sguardo degli altri innocuo, fino a tralasciarlo completamente.
La vera Rosalie
Il personaggio di Rosalie è ispirato a Clémentine Delait, conosciuta come una delle donne barbute più celebri della storia. Gestiva un bar assieme al marito, e si radeva regolarmente, finché per una scommessa lasciò che la sua barba crescesse. Il locale venne rinominato Le Café de La Femme à Barbe, e Clementine iniziò a girare l’Europa con tournée che attiravano moltissimi curiosi e ammiratori. Sono famose le cartoline che la ritraggono e a lei è anche stato dedicato un museo.
Vi è infatti una consistente discrepanza tra la protagonista di Rosalie, ancora assalita dai dubbi e dalle paure, nonché vessata da molti per il suo aspetto, e Clémentine, ormai sicura di sé e ammirata per la sua unicità. Questo perché si inserisce proprio quando qualcosa si incrina per sempre; è come se il film cristallizzasse il momento decisivo della scelta.
La regia di Stéphanie Di Giusto
Lo sguardo di Stéphanie Di Giusto si inserisce nelle fessure, nelle porte semi aperte. Decide volontariamente di non mostrare mai con ossessività o insistenza, facendo trapelare la bellezza di Rosalie tra luci morbide e tagli ricercati. La sensualità dell’intimità della protagonista e di Abel emerge ricordando le atmosfere sommesse eppure seducenti di Lezioni di piano di Jane Campion, allo stesso modo la descrizione del femminile abbatte le barriere della convenzionalità della bellezza, modificando infine anche la percezione dello spettatore.
Solo Rosalie sceglie come e quando mostrarsi, e la regia ne asseconda i desideri, ritraendone le insicurezze ma anche la leggerezza che la contraddistingue. Visivamente lirico, nei momenti solitari della donna e nella rappresentazione delle sue più grandi paure (come nel sogno in cui immagina un futuro di libertà che viene però interrotto dal giudizio del padre), ma anche tangibile, terreno, tanto da poter raggiungere il calore della pelle di Rosalie, o sentire il suo respiro come nostro.
Rosalie, diretto da Stéphanie Di Giusto, è nei cinema italiani dal 30 maggio distribuito da Wanted Cinema.
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