Shazam! Furia degli dei

Se c’è una cosa che abbiamo imparato dal cinema degli ultimi 20 anni è che nulla si crea, nulla si distrugge, tutto torna (ma con un cast diverso) e che quasi certamente lo farà sotto forma di supereroi.

All’interno di questa premessa, troviamo Shazam! Furia degli dei, dal 16 marzo in sala.

La trama

A quasi 4 anni dall’uscita del primo film, la Shazam family torna sul grande schermo (sempre sotto la direzione di David F. Sandberg) per affrontare i problemi relativi alle responsabilità dell’essere parte di una famiglia, prima che di un gruppo di eroi, e la non meno importante minaccia delle tre figlie di Atlante, interpretate da Helen Mirren, Lucy Liu e Rachel Zegler.

Riusciranno, a questo giro, i nostri eroi a rimanere uniti e salvare ancora una volta il mondo dal male?

Sarebbe bello poter credere che la risposta a questa domanda non sia così scontata.

Un mondo di supereroi

Con questo secondo capitolo della saga tratta dagli omonimi fumetti DC Comics, Sandberg ci riporta nello sfaccettato e sovrappopolato mondo dei supereroi (senza tralasciare qualche cameo) attraverso una famiglia di ragazzini un po’ outsider della società e che devono ancora capire che da grandi poteri derivano grandi responsabilità ecc ecc. Vi sembra qualcosa di già visto? Perché in effetti lo è.

Per una visione di 2 ore e una manciata di minuti, il pervasivo pensiero di stare ad ammirare un crossover tra Gli incredibili e Percy Jackson, ma con gli effetti speciali di Harry Potter (senza nulla togliere al fandom, ma insomma, è finito da più di 10 anni) e il vano tentativo di fare da risposta a The Eternals di casa MCU, non si riesce proprio ad allontanare (e non riesce proprio a non far sbadigliare a più riprese). Tra battute debolucce e un tono un po’ troppo infantile per chi è abituato a questo genere, ciò che rimane è una trama come le altre, portata avanti da interpretazioni che non riescono a far davvero commuovere o restare nella mente all’interno di panorami mediatici che si espandono fino all’impossibile in maniera quasi autodistruttiva.

Alla luce dei vari Super Man e Captain America e persino dei nostrani Jeeg Robot, pensare al fantasy supereroistico e renderlo nuovo e originale sembra essere diventata la sfida del secolo in cui ognuno vuole puntare su quello che crede essere il suo cavallo vincente. Ma l’unico risultato che adesso, noi povero pubblico bombardato da ogni lato da trame fitte, lunghissime e puntualmente senza risposte riusciamo a percepire è che forse siamo stanchi di investire tempo e denaro per vedere sempre la stessa cosa di cui, in fondo, non ce ne importa più molto.

L’escapismo del fantasy e della fantascienza sono da sempre specchi che con delicatezza e voli pindarici ci portano a riflettere sul nostro mondo, su chi siamo, chi vorremmo essere e quali valori vogliamo fare nostri, ma in una realtà complessa socio-politicamente come quella attuale, in cui non basta più immaginare che l’uomo comune con gli occhiali possa diventare l’eroe che salva le vite tipico del sogno americano, continuare a produrre e guardare film come Shazam! ha senso solo come anestetico per la mente, da staccare e far riposare durante la visione di qualcosa che non ci avrebbe comunque lasciato poi molto a parte una risatina o due.

Ad ogni modo, che Shazam! Furia degli dei non sia causa del male, ma solo parte di un sistema che in maniera bulimica investe su miliardi di prodotti ripescati dai fumetti è indubbio, e proprio per questo rimane una visione carina e godibile, preferibilmente se si è al di sotto dei 13 anni e se non si passa tutta la visione del film a chiedersi come possano personaggi come Adam Brody, Helen Mirren e Rachel Zegler aver accettato un ruolo del genere.

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Giulia Nino
Classe 1996, cresce basando la sua cultura su tre saldi pilastri: il pop, i Simpson e tutto ciò è accaduto a cavallo tra gli anni ’90 e 2000. Nel frattempo si innamora del cinema, passando dal discuterne sui forum negli anni dell’adolescenza al creare un blog per occupare quanto più spazio possibile con le proprie opinioni. Laureata in Giurisprudenza (non si sa come o perché), risiede a Roma, si interessa di letteratura e moda, produce un podcast in cui parla di amore e, nel frattempo, sogna di vivere in un film di Wes Anderson.