spiral-l'eredità di saw

Si giunge con questo capitolo – che per la prima volta perde la riconoscibilità nominale di Saw, per acquisirla solo nel sottotitolo – al nono episodio della saga. In Spiral – L’eredità di Saw, l’eredità in gioco è sempre più sfilacciata, e qui più che mai la figura dell’enigmista diventa un pretesto per un bagno di sangue – nemmeno troppo soddisfacente – dalle tinte di una contorta giustizia sociale. A maggior ragione si disperde sempre più il movente principale delle azioni di John Kramer (che, ricordiamolo, è morto ormai da sei film). Le trappole, da test per mettere alla prova la volontà di vivere delle vittime, diventano sempre più nel corso della saga dei meri strumenti narrativi per la costruzione di trame che gradualmente si allontanano dal seminato – in qualche modo etico –iniziale.

Ma ormai ci siamo abituati, e – più o meno come le vittime dei sadici meccanismi – siamo pronti a stare al gioco. Gioco che, nonostante il vertiginoso calo di qualità, è comunque sempre in grado di trascinarci a vedere l’ultima parata di arti strappati, ossa spezzate e sangue a cascate.

Chris-Rock-e-Max-Minghella-in-Spiral-L'-eredità-di-Saw-Credits-Lionsgate
Chris Rock e Max Minghella in Spiral – L’eredità di Saw – Credits: Lionsgate

L’ombra dell’enigmista

Il detective Ezekiel “Zeke” Banks (Chris Rock) ci viene presentato come un intraprendente detective che esercita la professione con dedizione e istinto, ma con ostinato solipsismo. Capiamo presto (grazie a poco eleganti flashback) che le ragioni di tale pericolosa indipendenza risalgono ad un “torto” che anni prima Zeke avrebbe compiuto nei confronti della squadra. Riesce comunque a farsi assegnare dalla capitana di polizia Angie Garza (Marisol Nichols) il nuovo caso, che ci viene bruscamente introdotto all’inizio del film. La morte del detective Bozwick, caro amico di Zeke, sembra rimandare ai macabri metodi di Jigsaw, e si pensa subito all’ennesimo imitatore dell’enigmista. Quando i membri della squadra cominceranno a morire, l’ombra di questo nuovo enigmista assumerà contorni sempre più chiari, fino alla rivelazione finale.

Coadiuvato dalla recluta Schenk (Max Minghella, il Nick Blaine di The Handmaid’s Tale) e dai poco collaborativi – e sempre in diminuzione – colleghi, Zeke verrà caparbiamente a capo di questa serie di omicidi. Con la scoperta di una non facilmente processabile corruzione morale dilagante nel suo ambiente.

Max-Minghella-e-Chris-Rock-in-Spiral-L'-eredità-di-Saw-Credits-
Max Minghella e Chris Rock in Spiral – L’eredità di Saw – Credits Lionsgate

Brutti, corrotti e cattivi

Il contesto è chiaro fin da subito, ed è quello della corruzione della polizia, dell’abuso di potere e della violenza legittimata. I rimandi alla cronaca più recente sono evidenti, e quasi premonitori (è strano pensare che le riprese si siano concluse prima dell’omicidio di George Floyd). Ovviamente questo apparente impegno sociale è in realtà solo il superficiale motore per l’avvio della trama di rapimenti e torture che ben conosciamo.

Definire i personaggi – e la recitazione – caricaturali è fargli un favore (e di certo il doppiaggio scava ulteriormente la fossa). Al vertice un Chris Rock che sembra la parodia del poliziotto nero duro e solo, dalle modalità non sempre irreprensibili ma moralmente integro. Protagonista di innumerevoli dialoghi inutili e ai limiti del ridicolo, Zeke azzera la già scarsa empatia che questi film suscitano, risultando quasi odioso. I personaggi sono tipi, e se si guarda bene si può quasi intravedere l’etichetta che hanno appiccicata in fronte, che dice: ex poliziotto rispettato da tutti, giovane e tosta capo della polizia donna, detective corrotto1, detective corrotto2, e così via. Non che la saga abbia mai brillato per approfondimento psicologico dei suoi protagonisti, e infatti non sarebbe chissà quale problema se una trama intrigante ne facesse da contrappeso.

Purtroppo la risoluzione si intuisce dal minuto uno, e si capisce definitivamente chi sia il responsabile degli omicidi dopo uno dei tanti flashback ficcati con violenza nel tessuto narrativo. E lo dice una che raramente intuisce i colpi di scena (mi piace pensare che il motivo risieda nella mia volontà di godermi lo spettacolo piuttosto che nel cercare di anticiparlo).

Samuel L. Jackson-in-Spiral-L'-eredità-di-Saw-Credits-Lionsgate
Samuel L. Jackson in Spiral – L’eredità di Saw – Credits: Lionsgate

Dov’è Saw?

Purtroppo non rimane che constatare che di Saw rimane ben poco. Lo “sporco” della materia filmica, da sempre marchio distintivo della saga, è depotenziato dalla fastidiosa ristrettezza della ripresa. I particolari della pelle lacerata, del sangue, del dolore sono sempre stati presenti con insistenza, ma qui ci si ostina eccessivamente su questi dettagli. Questa scelta rende la comprensione delle dinamiche di scena un puzzle della cui risoluzione lo spettatore deve necessariamente occuparsi, per trarne il ben noto perverso piacere scopico. E no, non credo proprio si tratti di un giochetto metacinematografico che, richiamando all’enigma, strizza l’occhio ai fan – anche se è sfizioso pensarlo.

Le trappole sono diventate troppo macchinose. Non sono mancati illustri precedenti in tal senso (penso alla iper costruita trappola di Saw 3D con protagonista Chester Bennington). Ma il problema di quest’ultimo film è che non si riesce ad afferrarne con chiarezza e subito la portata, il cosa e il come. A mio parere l’arma vincente e convincente dei primi film era proprio l’immediatezza delle macabre sfide, la semplicità della loro messa in scena. La sensazione che si ha con Spiral è che le idee siano agli sgoccioli, il che ci fa temere per i film successivi che arriveranno.

Tutti gli espedienti tipici della saga – gli zoom bruschi, le riprese rallentate e velocizzate, l’ossessione per l’inquadratura ravvicinata – sanno qui di maniera, e John Kramer e la sua vera e più pura legacy sono ormai un ricordo sbiadito.

Ma Spiral – L’eredità di Saw è comunque riuscito nel portarmi in sala a vederlo. Ciò deriva dal legame affettivo (macabro dirlo, ma così è) che con questa saga tanti spettatori e spettatrici millennials appassionati di horror e splatter intrattengono. E anche se la deriva che ha preso lascia il tempo che trova, se ne vuole ancora e ancora.

Continua a seguire FRAMED, anche su Facebook e Instagram, per altre recensioni dei film in sala!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui