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Quando Steven Spielberg compie gli anni non è mai uno scherzo, soprattutto se facendo un paio di conti viene fuori che è il regista che ci ha praticamente cresciuto. Da Duel a Lo Squalo, passando per E.T. l’extra-terrestre e Indiana Jones: Spielberg è il regista che più di tutti ha saputo rappresentare il concetto di sorpresa attraverso uno sguardo e il senso di paura con la maestria di una scena, o anche solo un tremore.

Ognuno di noi, durante la sua esperienza da critico o cinefilo che sia, ha avuto il piacere di imbattersi nella magia immaginifica di Steven Spielberg. Nella vasta cinematografia che compone la sua carriera abbiamo ritrovato più di un film del cuore che, proprio grazie al tocco tipico del regista, costituisce una pietra miliare della passione stessa per il cinema e la meraviglia che ne scaturisce.

E quindi ci siamo detti: qual è il film che veramente ci è rimasto nel cuore? Qui troverete i preferiti della redazione, per motivi e storie diverse, ma uniti dall’identica voglia di lasciare che la narrazione diventi parte di noi.

Silvia PezzopaneJurassic Park (1993)

Ho visto Jurassic Park (il primo) quando avevo meno di 10 anni. Fortunatamente a casa, con i miei genitori, dove i giganti squamosi sullo schermo potevano ridimensionarsi nello spazio di un salotto. Non è stato il sentimento della paura però a colpirmi, ma quello di pura e totale meraviglia: lo sguardo di Ellie, sulla jeep appena arrivata al parco, quando brontosauri enormi le sfilano di fronte, è un’espressione così intensa che ancora oggi attiva una scossa che mi scuote. E mi immedesimo immediatamente in lei, sperimentando la sorpresa di chi non ha MAI visto nulla di simile. Per me è questo Steven Spielberg, un maestro di emozioni che fanno appello ad aderenze intellettuali e biologiche, facendomi sognare come una bambina, con un film di quasi 30 anni fa.

Jurassic Park (1993), Universal Pictures, Amblin Entertainment

Emanuele BucciLo squalo (1975)

Sintesi pop dell’epica americana, con suggestioni da Melville ad Hemingway, ma anche horror di rara efficacia. La cosa straordinaria dello Squalo non è tanto e solo il fatto che continui a farci paura. Piuttosto, è incredibile come quella storia così semplice, quasi essenziale, possa ancora valere come allegoria. Già letto come metafora dell’inconscio e dei totalitarismi, compreso quello consumista. Oggi, la prima parte sembra quasi un film sul Covid: per il nemico invisibile di una natura che si rivolta contro gli uomini, certo. Ma soprattutto per la stupidità di chi manipola i fatti e mette a repentaglio le vite in nome dell’indiscutibile economia. Perché, sì, lo squalo di Spielberg è solo uno squalo. Ma il congegno narrativo e (audio)visivo che ce lo racconta è talmente intelligente da farne, ogni volta, l’immagine perfetta di ciò che più temiamo. Compresi noi stessi.

Lo squalo (1975), Universal Pictures

Alessio TommasoliDuel (1971)

Uno Spielberg ventiquattrenne ci insinua dentro un incubo kafkiano ambientato in una scenografia western, dove lingue d’asfalto tagliano il deserto cedendo alle auto il ruolo dei cavalli. Come un incubo, le parole perdono il loro senso nell’impossibilità del protagonista di condividere la sua angoscia. Come un incubo, le immagini gridano attraverso primi piani e montaggi hitchcockiani.

E ci travolgono nell’adrenalinica insensatezza di una caccia all’uomo dove non siamo spettatori, ma prede attraverso lo sguardo.

Duel, Steven Spielberg (1971)
Duel, Steven Spielberg (1971)

Valeria VerbaroE.T. l’extraterrestre (1982)

Dall’urlo di terrore iniziale della piccola Gertie al suo pianto di addio finale, la favola di E.T. è la prima lezione che ho ricevuto dal cinema riguardo l’amore e l’apertura verso tutto ciò che ci è estraneo. È solo la paura nei suoi confronti che rende E.T. una minaccia, qualcosa che è negli occhi e nei pensieri di chi lo guarda e non lo comprende. Non qualcosa insito nella sua Natura. Imparare a conoscerlo vuol dire imparare ad amarlo – e mostrarsi degni di tutto ciò che ha da offrire, la sua Magia compresa.

E.T. l'extraterrestre - Universal Pictures
E.T. l’extraterrestre (1982), Universal Pictures

Roberto BoldiniIndiana Jones

I film di Spielberg degli anni ’80-’90 hanno accompagnato la mia infanzia, anche se a quell’epoca non erano più nuovissimi. Tra questi, la saga di Indiana Jones è da sempre la mia preferita. Mentre a scuola mi insegnavano la storia in modo canonico, il professor Jones mi mostrava il lato più avvincente e misterioso. E chi da bambino, non ha desiderato almeno una volta di essere come Indy, e partire alla ricerca del Santo Graal o dell’Arca dell’Alleanza (e trovarli!)? Nella saga di Indiana Jones-ma in realtà una costante in Spielberg- all’avventura e al mistero si somma una buona dose di magia. Magia che nasce da una raffinata sensibilità (teatrale per certi versi): nella creazione delle atmosfere, nei props, nello sviluppo di personaggi ricchi di fascino. Ai film di azione/avventura di oggi senza dubbio non mancano effetti speciali sempre più all’avanguardia e scene wow… ma non trovo quella magia che rende la regia di Spielberg senza tempo.

Indiana Jones e i predatori dellarca perduta, Paramount Pictures, Lucasfilm

E ora sta a voi dirci quale film di Steven preferite!

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