Guardare la serie Ted Lasso è come osservare Ted Lasso allenare: all’inizio regnano sconcerto e diffidenza, con il passare del tempo impari ad amarlo e alla fine della stagione ti ha definitivamente conquistato. Te e tutta la critica internazionale, che ha ripagato il suo ottimismo dissennato (e un’ottima squadra di comprimari) con una valanga di nomination (20 solo per gli Emmy Awards).

La genesi del personaggio

Come spesso succede ai personaggi che diventano classici della comicità (come i Blues Brothers o gli Spinal Tap), la prima apparizione è un abbozzo frammentario fortemente caratterizzato. Lasso nasce per degli spot che NBC mette in onda nel 2013 per promuovere la copertura della Premier League britannica. È un coach statunitense che vola nel Regno Unito per allenare i Tottenham Hotspurs. Ha qualche problema ad identificare la differenza tra football e calcio, e la serietà delle sue intenzioni viene spazzata via dalla sua totale incompetenza.

La serie riprende gran parte delle battute degli spot, ma la rappresentazione di Lasso cambia decisamente. Se negli spot per NBC è un nucleo di ignoranza racchiuso in un involucro di malagrazia, nella serie è sempre incompetente, ma così gentile ed umile da farsi amare da tutti. Anche dalla proprietaria dell’AFC Richmond che lo aveva ingaggiato con l’unico proposito di distruggere la squadra.

“Un uomo a cui piace stare da solo coi propri pensieri”

L’arrivo del coach è un fiasco clamoroso: la stampa e i fan lo odiano per la sua irriducibile estraneità tecnica e culturale. Il tempo passa e l’odio diventa familiare, condiviso, quasi affettuoso. Lasso, dal canto suo, chiama per nome chiunque incontri: sul campo, sotto casa, al pub dietro l’angolo. I suoi tentativi di entrare in confidenza con la città, la squadra e la dirigenza si scontrano con una manierata freddezza british aggravata dalla percezione della sua inettitudine. Questa diventa un leit-motiv costante, il sottofondo ironico di tutte le sue azioni. Ma ci troviamo di fronte ad un personaggio strutturato, un underdog che ribalta la nostra percezione di vittoria e sconfitta con disarmante pragmatismo.

Ridefinire le regole del gioco

Il candore di Lasso è l’unica strada praticabile per sopravvivere da incompetente in uno sport dove anche l’ultimo dei fan è in grado di tenere elaborate discussioni strategiche. Ma quella che sembra una missione suicida diventa un modo efficace per ridefinire valori e obiettivi dei personaggi, altrimenti condannati alla ripetizione di percorsi fin troppo riconoscibili. La donna in carriera col cuore spezzato, il giocatore di talento abbagliato dal proprio ego, il capitano dal passato glorioso ma ormai sul viale del tramonto. Lasso è per loro un catalizzatore di cambiamento alimentato da ottimismo ostinato e supporto emotivo incrollabile.

Più lo spettro della retrocessione si avvicina e più la squadra diventa un gruppo affiatato di persone che, sebbene falliscano, di sicuro non lo fanno da sole. In questo senso Ted Lasso affronta dei temi che trascendono l’applicazione calcistica e lo avvicinano allo spirito di altre serie corali recenti (sì, sto pensando a GLOW).

La comicità di Ted Lasso

Ted Lasso è una serie di taglio inspirational e motivazionale, il tono è inclusivo e accogliente, i personaggi analizzano le proprie emozioni con sorprendente facilità (e profondità). Ma questo non equivale a dire che la serie manchi di mordente: Rebecca che licenzia in tronco il vecchio allenatore, Nate e il suo roast per l’intera squadra prima della partita con l’Everton, l’arrivo di Sassy nelle ultime puntate della prima stagione sono tutti momenti in cui l’affondo sarcastico si sostituisce alla bonaria ironia abituale.

Se pensiamo al calcio come disciplina agonistica e industria spettacolare, non possiamo ignorare che presti il fianco ad accuse di razzismo, sessismo, violenza e corruzione. Ted Lasso non affronta direttamente nessuno di questi temi, ma li inserisce sottotraccia come dati esistenti, sebbene non determinanti. Gli autori hanno saggiamente scelto di rappresentare il conflitto solo quando è utile all’avanzamento narrativo, mostrandoci uno spogliatoio in continuo fermento ma senza indugiare su dinamiche tossiche. Può essere una decisione limitante, o può indicare un’altra direzione possibile – rinfrancante e per niente didascalica.

Non serve essere fan del calcio per apprezzare Ted Lasso: è molto più utile amare i giochi di parole ed essere in grado di seguirli in inglese, perché la versione tradotta in italiano difficilmente è all’altezza di quella originale. Non solo per questo, ma anche perché gran parte dell’umorismo della serie si basa sulle differenze culturali tra Stati Uniti e Regno Unito. Inserire un terzo elemento estraneo all’equazione è il modo migliore per restare in compagnia di un allenatore il cui fascino risulta inevitabilmente lost in translation.

Il trailer della seconda stagione

Com’era finita la prima stagione (occhio agli spoiler!)

L’AFC Richmond non è riuscita a salvarsi dalla retrocessione, nonostante la partita sofferta e il gol del pareggio di Dani Rojas quasi allo scadere del tempo. Rebecca, che ha da poco confessato a Ted le sue manovre di sabotaggio della squadra, decide di riconfermare il suo incarico anche per la stagione successiva. Nate è stato da poco promosso allenatore, Roy si è infortunato al ginocchio e forse non giocherà più. Come andrà a finire tra Ted e Sassy? E come procederà la storia di Keeley e Roy?

La seconda stagione di Ted Lasso è disponibile su Apple TV+ dal 23 luglio.

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