The 40-Year-Old-Version - Credits: Netflix

Dopo il Sundance, The-40-Year-Old Version di Radha Blank arriva su Netflix

The 40-Year-Old Version è un film diretto e interpretato da Radha Blank, la regista per questo film ha vinto la U.S. Dramatic Competition nell’edizione 2020 del Sundance Festival. Il film è liberamente ispirato dall’esperienza della Blank come autrice teatrale a New York. Ed è stato girato su una pellicola 35 millimetri in bianco e nero. Questa scelta stilistica del bianco e nero non convinceva i produttori e alcuni hanno provato a dissuaderla. Ma come ha dichiarato, costituisce un omaggio ai suoi registi preferiti: Sidney Lumet, John Cassavetes, Schmoody Schmallen, Hall Ashby e Kathleen Collins.

Una importante chiave di lettura è data dalla sua collaborazione, in qualità di autrice e produttrice, con Spike Lee per She’s gotta have it, trasposizione seriale dell’omonima pellicola del cineasta afroamericano.

Questa collaborazione ci permette di rintracciare alcuni dei temi portanti e allo stesso tempo le novità e l’originalità introdotte dalla Blank nella sua pellicola.

La gentrificazione dei quartieri

Spike Lee in She’s gotta have it tocca questo tema parlando di Fort Greene. Mentre Radha parla della situazione di Harlem nel suo testo teatrale Harlem Ave. Nel primo caso, nella seconda metà della prima stagione è molto presente la questione dei nuovi abitanti di Fort Greene. Si ricordi la scena del comitato di quartiere e della denuncia dell’artista senzatetto con il carrello. In The 40-Year-Old Version la gentrificazione viene trattata attraverso il testo di Harlem Ave, in cui la coppia protagonista gestisce un alimentari ed ha problemi a portare avanti l’attività per via delle esigenze dei nuovi abitanti bianchi del quartiere. Questi vogliono infatti comprare nelle botteghe il latte di soia che qui diventa emblema di un certo stile di vita radical chic.

Il ruolo delle donne nel mondo dell’arte

Seguiamo tutto il percorso di Radha e la sua insoddisfazione data dalla continua ricerca del compromesso. E dovuta soprattutto a produttori caucasici che non riescono a capire e a interpretare le opere legate a contesti di oppressione di cui loro stessi sono i fautori. In questo caso vediamo una chiusura sia da parte delle istituzioni promotrici di un’arte nera sia da parte dei produttori e i registi bianchi che cercano di scardinarne la carica eversiva o che non riescono a comprendere veramente le questioni trattate, non vivendole appieno in prima persona.

The 40-Year-Old-Version - Credits: Netflix
The 40-Year-Old-Version – Credits: Netflix

Questo aspetto è presente anche in She’s gotta have it  con l’organizzazione della mostra, in particolare per i dipinti che rappresentano la donna nera. Ed è addirittura dominante nel corso della seconda stagione, in cui Nola andrà in ritiro con altri artisti per sviluppare la sua arte.

L’hip hop

Un aspetto estremamente innovativo sta nel suo praticare l’hip hop, con il nome d’arte Radhamus Prime, che ha una scena maschile consolidata in ambito mainstream. Sarà D, personaggio secondario ma nodale, a cercare di farle capire di non dover mollare. Portandola a una competizione di freestyle femminile nel Bronx dopo una prima performance deludente.

Notiamo però che nello studio di registrazione di D non ci sono donne che registrano i loro brani. Nonostante, come è evidente nella scena della competizione di freestyle, ci siano donne che praticano il rap in maniera creativa e vivace a livello, per così dire, dilettantistico. Lo stesso vale per la prima fallimentare apparizione pubblica di Radhamus Prime sul palco di un club nell’ambito della serata hip hop. Radha è l’unica donna in mezzo a performers uomini, con i quali dietro le quinte riesce a far sentire le proprie rime senza problemi, cosa che poi non accadrà una volta salita sul palco.

La voce di una donna di mezza età, nera e curvy

In un articolo del New York Times dedicato al film viene riportata una frase della Blank che dice: “The thing that makes it maybe groundbreaking is that someone who looks like me is at the center and behind the camera”. Questa sua riflessione si riferisce al suo essere una donna nera, ormai adulta e una cosiddetta taglia forte.

In un momento storico come questo, in cui si parla molto di body posivity, Radha esalta la propria fisicità con i suoi outfits, in particolare il bellissimo completo indossato per la prima del suo spettacolo a Broadway. Mi viene in mente solo un altro esempio con protagonista una ragazza nera sovrappeso, anzi in questo caso effettivamente obesa, Precious. In cui al contrario di quanto accade in questo film vediamo un corpo martoriato dai parti frutto delle violenze domestiche.

Radha Blank e D (Oswin Benjamin) in The 40-Year-Old-Version - Credits: Netflix
Radha Blank e D (Oswin Benjamin) in The 40-Year-Old-Version – Credits: Netflix

Un aspetto centrale della trama è dato dal fatto che la protagonista compia quarant’anni e veda la propria vita come un fallimento per la mancata realizzazione dei propri sogni nel mondo del teatro. La vittoria del premio dei “migliori trenta sotto i trenta” non ha portato a uno sbocco lavorativo concreto e si ritrova a condurre un laboratorio teatrale in una scuola. Decide quindi a riprendere in mano la sua passione adolescenziale per l’hip hop, non senza riserve per la sua età. Un altro aspetto che vale la pena sottolineare sta nella relazione che intrattiene con D, ragazzo di ventisei anni e quindi più giovane di lei, su cui è la prima ad essere disillusa sottolineando in più punti la differenza d’età che le viene rimarcata anche dal suo agente Archie. Di solito vengono rappresentati uomini adulti che hanno relazioni con donne più giovani.

In conclusione, in un periodo come questo caratterizzato dalle rivendicazioni del movimento Black Lives Matter per i diritti dei neri, Radha Blank costituisce una voce matura e consapevole ma allo stesso tempo innovativa nella capacità di portare avanti i temi e la sua prospettiva di donna nera nel mondo dell’arte.

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Chiara Caputi
Nata sotto il segno dei Gemelli il che significa che in me convivono tutto e il contrario di tutto: la letteratura (dalla medievale alle contemporanea), il cinema, il teatro, le serie tv, i fumetti, l'opera, le arti visive e i programmi trash del palinsesto di Real Time. Scrivo di tutto perché «homo sum, humani nihil a me alieno puto»; con un approccio intersezionale e di genere perché credo che le prospettive di tutti e tutte hanno un valore, anche se non ci riguardano personalmente. Il curriculum vitae dice che faccio il dottorato in America, ma non è niente di serio.