La prima stagione di The Boys era passata un po’ in sordina, all’inizio. Nonostante fosse uno dei fiori all’occhiello della piattaforma Amazon Prime Video, c’erano serie tv che facevano molto più parlare di sé ed erano sulla bocca di tutti. Basti pensare al fenomeno mediatico de La Casa di Carta, che ha debuttato nel 2017 e nel 2019 ha presentato l’attesissima seconda stagione.
Ma si può dire che, malgrado l’esordio passato sotto silenzio, The Boys si è ben presto affermata come uno degli show televisivi più innovativi e amati degli ultimi anni.
The Boys: di cosa parla
The Boys è uno show creato da Erik Kripke, basandosi sull’omonimo fumetto di Garth Ennis e Darick Robertson. Dell’originale cartaceo la serie ha ripreso il soggetto e la storia a grandi linee, concedendosi ampie libertà narrative, che per certi versi hanno avuto il merito di arricchire la trama.
È difficile raccontare in poche righe di cosa parla. Si può però dire che l’ambientazione è quella di un mondo contemporaneo, molto simile al nostro, con una eccezione: esistono i supereroi. Questi esseri sovrannaturali vengono esaltati alla stregua di divi di Hollywood, non fosse che, a differenza degli attori, si tratta di persone con poteri incredibili, oltre che eccezionalmente pericolosi.
La società che li gestisce, la Vought American, mette becco nelle faccende governative e si serve dei Super non solo per questioni di ordine pubblico, ma anche per missioni militari. Al vertice del gruppo di supereroi della Vought ci sono i Sette, un’élite di Super con a capo Homelander (Antony Starr), Patriota nella versione italiana. Quest’ultimo è l’eroe più amato d’America, oltre che il più forte. Al suo fianco, c’è Queen Maeve (Dominique McElligott), amazzone guerriera. A seguire, abbiamo Translucent (Alex Hassell), invisibile e invulnerabile, A-Train (Jessie Husher), l’uomo più veloce al mondo, Abisso (Chace Crawford), governatore dei mari e Black Noir, misteriosa figura dal volto ignoto che si muove nell’ombra. Dopo l’allontanamento dell’ultimo membro dei Sette, al gruppo si aggiunge Starlight (Erin Moriarty), semplice ragazza di provincia di rigida educazione cattolica, con il potere di controllare l’elettricità.
Starlight e le linee narrative che si intrecciano
La storyline di Starlight e il suo traumatico ingresso nei Sette si svolge parallelamente alle tragiche vicende del commesso Hughie Campbell (Jack Quaid). Tutto inizia da un gesto normale, quotidiano, dolce: Hughie e la sua fidanzata Robin passeggiano, lei si sporge per baciarlo, intrecciando le sue mani a quelle di lui. Poco dopo basta un suono distante per cambiare tutto, una strana collisione, un’esplosione di rosso. Hughie si ritrova a bocca aperta, con il volto sporco di sangue, solo. La fidanzata non c’è più. Abbassa lo sguardo: fra le sue mani, ci sono ancora le mani di lei, tranciate di netto all’altezza dei polsi. L’illuminazione arriva, come un fulmine a ciel sereno. La donna è esplosa. E l’unica cosa che il ragazzo riesce a vedere, nel caos, è A-Train terrorizzato, che dopo un attimo di immobilità gli urla delle scuse frettolose e fugge.
Questa è una delle scene di apertura della serie. E a questo punto lo spettatore ha due scelte: interrompere la visione disgustato e in stato di shock, o andare avanti. Per i saggi e i fortunati che hanno scelto la seconda opzione, si apre la storyline di Hughie che, da semplice commesso di elettronica, decide di unirsi al gruppo dei Boys, dei reietti con un unico obiettivo: punire i Super dei loro misfatti.
Non è tutto oro quello che luccica: le ombre dei supereroi
Il fatto che i supereroi abbiano poteri sovrannaturali non implica necessariamente che siano buoni, anzi. Molti di loro sfruttano le eccezionali capacità di cui sono dotati per delinquere, o più semplicemente per i loro comodi. O, peggio ancora, agiscono in maniera sconsiderata, senza rendersi conto del male che potrebbero fare. Un esempio banale: viene mostrata una scena in cui Queen Maeve e Patriota catturano dei malviventi in diretta televisiva. Patriota afferra uno dei criminali e lo scaraventa senza alcuna remora contro il tetto di un autobus, riducendolo a un mucchio di ossa e sangue.
Il problema è che i Super sono venerati dalla gente, che sembra non rendersi minimamente conto delle loro malefatte. E la Vought ci mette il carico da novanta, pagando profumatamente le vittime dei loro abusi, in cambio del silenzio. Non tutti però intendono piegarsi a questa dittatura. Billy Butcher (Karl Urban), capo dei Boys, non intende assecondare i deliri di onnipotenza dei Sette, o di qualunque altro bamboccio con i superpoteri. E infatti è proprio lui a contattare Hughie per invitarlo a unirsi al suo gruppo, in modo da vendicare la povera Robin.
Evoluzione della serie – SPOILER ALERT
Uno dei punti di forza della serie è costituito dai personaggi, splendidamente scritti e recitati alla perfezione, a cominciare da Billy Butcher, capo dei Boys. Karl Urban riesce a delineare il ritratto di un uomo tormentato, desideroso di vendetta e ben lontano dalla perfezione. Butch non è il classico eroe senza macchia, anzi. È un uomo egoista e potenzialmente pericoloso, pronto a sacrificare qualunque cosa per il suo obiettivo finale. È anche una persona in grado di amare profondamente, bloccata nella sfera affettiva a causa di una vita all’ombra di un padre violento e abusivo. Il rapporto fra lui e Hughie evolve moltissimo nel corso delle stagioni, fino ad assumere le sembianze di una relazione fratello maggiore-minore. Nonostante Butch all’inizio abbia visto in Hughie uno strumento di vendetta, si affeziona sempre di più al ragazzo, decidendo infine di farne il suo protetto.
Patriota, la nemesi di Butch
Fin dalla prima stagione era chiaro che di fronte a noi ci fosse uno fra i personaggi più interessanti della serialità televisiva e la sua evoluzione lascia senza parole. Inizialmente ci troviamo davanti questa figura di supereroe ligio al dovere, controllato negli impulsi e di reputazione candida. Tant’è vero che nei primi episodi, quando si scopre che i Super partecipano a festini privati a base di sesso e droghe, Patriota non risulta mai fra i presenti. Si percepisce tuttavia fin dall’inizio una tensione, un accenno di follia nascosto dietro alla patina della perfezione. E infatti il sovrano indiscusso dei Sette non tarda a mostrare la sua vera natura.
L’uomo è un freddo calcolatore, un narcisista in cerca di attenzioni, che non esita un secondo a distruggere delle vite umane, qualora dovessero nuocere alla sua immagine. Perché è questo ciò che preoccupa di più Patriota: la sua immagine. Non può tollerare di perdere il consenso di milioni di fan. È però solo dalla seconda stagione viene approfondito il motivo di un simile, malato narcisismo. Patriota cerca amore, che è un po’ la leva che muove tutti i Super. La maggior parte di loro non sono altro che dei bambini troppo cresciuti in cerca di attenzioni. Inconsapevoli del fatto che, se piangono e battono i piedi, generano un terremoto.
Non c’è molta differenza fra i supereroi di The Boys e gli Dèi del Pantheon greco. Sono, in entrambi i casi, esseri straordinari, ma solo fisicamente. Caratterialmente hanno gli stessi difetti degli umani, amplificati dal loro delirio di onnipotenza. Il mondo è totalmente in balia dei loro capricci e la Vought, che dovrebbe regolamentarli, si preoccupa più di difendere la propria immagine pubblica. Con la differenza che, nella serie, non c’è nulla di sovrannaturale. I supereroi non sono così per diritto di nascita, ma sono stati creati in laboratorio, attraverso continui esperimenti su neonati. Ai bambini ritenuti idonei viene infatti iniettato il “Composto V”, un siero in grado di potenziare all’inverosimile le abilità del soggetto, modificando radicalmente la sua struttura genetica.
I Super sono incattiviti e problematici
Non c’è dunque da stupirsi se i Super sono incattiviti e problematici. Altro non sono che cavie da laboratorio particolarmente resistenti, create in provetta o cedute dalle famiglie in tenera età per essere sottoposte a esperimenti genetici. E, nella maggior parte dei casi, solo perché i genitori possano sfoggiarli in occasione di competizioni e concorsi, alla stregua di animali da esposizione.
Riflettendoci bene, The Boys non fa altro che parlare dei supereroi in maniera realistica.
Prendiamo ad esempio Soldier Boy, l’incredibile villain della terza stagione. Il personaggio, interpretato egregiamente da Jensen Ackles, altri non è che la grottesca copia di Captan America della Marvel. O meglio, la sua versione realistica. Soldier Boy, alias di Ben, era il capo della vecchia guardia dei Sette e, secondo i rapporti della Vought, era morto da eroe in Nicaragua, in un’esplosione. Ma la verità è ben diversa. L’uomo, infatti, è stato venduto ai Russi e tenuto in ibernamento per anni.
I suoi modi violenti e arroganti, il suo reiterato bullismo verso i compagni di squadra, hanno infatti decretato l’allontanamento forzato dai Sette e la sua sostituzione con Patriota, una volta diventato adulto. L’uomo viene accidentalmente liberato dai Boys, scatenando così l’inferno. Soldier Boy, oltre a una forza sovrumana, ha anche la capacità di generare esplosioni e annullare l’effetto del Composto V. L’obiettivo di Butcher è dunque quello di usarlo come arma contro Patriota, ma diventa subito molto chiaro che l’uomo è una mina vagante impossibile da gestire.
La cosa interessante, appunto, è che Soldier Boy richiama molto da vicino Captain America. Il costume è pressoché identico, a parte i toni più spenti. Anche il suo passato, chiuso per anni dentro il ghiaccio, lo ricorda da vicino. Ma Soldier Boy è un supereroe realistico. Quindi i colori sgargianti del costume scompaiono, così come l’infinita bontà e il grande altruismo di Steve Rogers.
Questi ultimi vengono rimpiazzati da arroganza, disprezzo verso il prossimo e sete di vendetta verso coloro che hanno contribuito alla sua cattura. Ma questo è solo uno degli esempi più lampanti di rimando alla cultura supereoristica. Patriota, dal canto suo, è la lettura in chiave realistica di Superman, mentre Queen Maeve ha dei chiari richiami a Wonder Woman. E così via.
Il grande pregio di The Boys, che la rende una delle serie migliori degli ultimi anni è proprio il suo crudo realismo, malgrado le tematiche trattate. Oltre al fatto di riuscire a gestire con grande destrezza l’alternarsi di momenti riflessivi a scene splatter e dichiaratamente trash, senza mai scadere nel banale. Il filo rosso che guida tutta la serie è: come sarebbero i supereroi in una realtà come la nostra? Ed è chiaro che la risposta non potrà mai essere all’acqua di rose.
Se ne volete sapere di più qui vi parlavamo della seconda stagione.