The Crown 4 - Credits: Netflix

La quarta stagione di The Crown si presenta come quella del conflitto fra la Regina (Olivia Colman) e la Prime Minister Margaret Thatcher (Gillian Anderson). È ben presto chiaro, tuttavia, che non sono solo loro due al comando della narrazione. Come sempre un ruolo di spicco è affidato alla Principessa Margaret (Helena Bonham Carter) e poi, naturalmente, nello stesso arco temporale thatcheriano fa il suo grande ingresso Diana Spencer (Emma Corrin).

Sono allora quattro e tutti diversi i pilastri su cui si regge il più complesso capitolo, finora, della serie di Peter Morgan. Una prospettiva inedita della Storia, questa in cui sono le donne a cambiare il destino sociale e politico di un Paese, mentre gli uomini rimangono in secondo piano, se non addirittura sullo sfondo.

Ma vediamole una alla volta, queste quattro grandi colonne di The Crown.

Una regina diversa da quella che avevamo lasciato

Il passo da Claire Foy a Olivia Colman nella scorsa stagione era stato netto ma non privo di disorientamento. Dopo aver fatto l’abitudine ai grandi occhi celesti della giovane Regina e aver imparato a riconoscere il fuoco che li animava da dentro – nonostante l’aspetto nobile e glaciale – l’impatto con il più celebre volto di Olivia Colman non può che spiazzare. Cambia il colore dei grandi occhi, cambia la postura e ovviamente l’espressività del corpo. Eppure la Regina e la Corona rimangono sempre lì, al loro posto e immutabili, in un lavoro di continuità che, nonostante il primo impatto, si rivela perfetto.

Questa ulteriore stagione con Olivia Colman allora diventa qualcosa oltre la perfezione. Diventa un privilegio, grazie al quale possiamo finalmente scorgere la meravigliosa persona sotto il personaggio. Rimanendone conquistati ancora una volta. Con il suo mostruoso talento, infatti, l’attrice britannica in questo ruolo continua a giocare per sottrazione, come nella terza stagione che vede il suo debutto. Questa volta però, molto più spesso, compatta in un solo sorriso o in un solo sguardo tutta l’energia caotica e creatrice che la caratterizza. Entrando in confidenza, per quanto possibile, con il peso del ruolo che interpreta, in questi nuovi episodi lascia un segno molto personale e profondo sul personaggio. Qualcosa con cui, se vorrà, dovrà fare i conti anche la prossima Regina, Imelda Staunton.

Olivia Colman, episodio 2, stagione 4, The Crown - © Netflix
Olivia Colman, episodio 2, stagione 4, The Crown – © Netflix

Non a caso le scene migliori sono quelle in cui Colman rappresenta l’Elisabetta informale. La madre che pranza con i figli per una scommessa fatta con Filippo. O la donna che ama trascorrere le giornate al Balmoral Castle tra il fango, la caccia e i giochi dopo cena (e che si prende gioco di chi non conosce l’etichetta meno rigida del Balmoral). È straordinario come, pur non dovendo piacere per forza al pubblico, soprattutto nella stagione in cui, si sa, l’attenzione è catalizzata da Diana, questa Regina rimanga saldamente comune ed empatica.

E se non mancano comunque i momenti istituzionali canonici, a cui siamo abituati dalle stagioni precedenti, in questa quarta si aggiunge il faccia a faccia, sempre più sfrontato, con Margaret Thatcher. Memorabile, a questo proposito è lo strappo all’etichetta reale che, in un impeto di rabbia e frustrazione, porta la Regina a schierarsi pubblicamente sulle pagine del Sunday Times. Nessuno seppe mai se quello fu un errore di giudizio della Sovrana o un tradimento da parte di una fonte interna. Certo è che in questa scena dell’episodio 8 il lampo negli occhi di Olivia Colman sublima un conflitto storico e narrativo determinante.

48 a 1: la forza di Margaret Thatcher

L’appena citato ottavo episodio, dal titolo “48 a 1” è inoltre quello in cui si comprende più chiaramente la complessa natura del personaggio di Gillian Anderson. Il decennio thatcheriano ha modificato in modo profondo l’identità culturale e sociale britannica. Ha acuito le differenze sociali e ha portato in superficie scontri ideologici rimasti sopiti nel tempo. Uno fra tutti, quello riguardante l’essenzialità del Commonwealth.

Margaret Thatcher, donna al comando che rifiuta qualsiasi riferimento alla sua identità di genere – anzi disprezza ogni altra donna nella stanza, che sia sua figlia o la Regina – è un personaggio con cui è difficile empatizzare. Porta su di sé il peso della Storia e dei sacrifici imposti alle fasce più deboli della popolazione, perciò in un certo senso si fa mezzo per una critica all’individualismo estremo di quegli anni.

Eppure lo sguardo della regia non la incornicia mai in modo del tutto negativo. Anche quando sembra distruggere la sua immagine ne dà, nel complesso, un ritratto estremamente potente. All’inizio di “48 a 1”, per esempio la ritroviamo intenta nella preparazione del kedgeree, vestita di tutto punto in cucina, mentre conduce allo stesso tempo un Consiglio dei suoi Ministri. E mentre, soprattutto, inveisce contro il Commonwealth e la barbarie degli altri popoli che lo compongono, senza far caso minimante al piatto tipico, di origine indiana, che sta preparando.

C’è una spietata e silenziosa ironia in ogni dettaglio di questa scena, ma nulla che faccia sorridere. Pur con il suo grembiule sopra il vestito elegante, Margaret Thatcher incute il timore di una mente brillante ma chiusa e conservatrice, per questo pericolosa. Lo si nota bene in seguito, quando l’episodio entra nel vivo e l’opposizione ideologica al Commonwealth diventa anche anti-interventismo nei confronti dell’apartheid in Sudafrica. È l’unica, su 48 capi di Stato compresa la Regina, a opporsi all’ostracizzazione del Sudafrica e comunque riesce a piegarli tutti alle sue condizioni.

Questo fa di lei uno splendido personaggio, sfruttato magistralmente da Peter Morgan. Sul resto ognuno naturalmente si fa un’idea da sé.

La miglior Diana di sempre

Gli anni Ottanta affrontati da The Crown 4, estesi per necessità tra il 1979 e il 1990, introducono ovviamente il personaggio che tutti aspettavano: Lady Diana. Abbiamo già parlato della perfetta interpretazione di Emma Corrin, ma vale la pena ribadire ancora il suo ruolo cardine. Questa stagione sicuramente soddisfa quella parte più nostalgica del pubblico, anche di chi non l’ha mai vista in vita, ricreandone il mito con una somiglianza estrema. Ciò che è più importante, tuttavia, è che ne stabilisce chiaramente la funzione all’interno della Famiglia Reale. Lo si può notare molto chiaramente nell’episodio Terra Nullius, il sesto, in cui la sua presenza in Australia è molto più decisiva di quella di Carlo.

Emma Corrin, The Crown - © Netflix
Emma Corrin, The Crown – © Netflix

Nel bene e nel male, infatti, Diana è un pilastro perché salva la Corona e la monarchia nell’opinione pubblica. La sua incredibile ingenuità e l’incapacità di entrare negli schemi rigidi dei Windsor fanno di lei l’icona che è oggi. Questo Peter Morgan lo sa bene e perciò dà ampio spazio tanto ai suoi sentimenti tanto a quei piccoli-grandi eventi che, grazie a lei, cambiano per sempre il volto della Famiglia Reale.

L’altra faccia della Corona: la Principessa Margaret

L’unico personaggio che, tuttavia, potrebbe avere anche solo cinque minuti sullo schermo e marchiare la nostra memoria come fossero cinquecento è solo Margaret. La Principessa interpretata da Helena Bonham Carter (e precedentemente da Vanessa Kirby).

Per i primi sei episodi la si vede di rado, tranne per qualche battuta tagliente che sposta i riflettori su di lei. Come già accaduto nella stagione precedente, tuttavia, la regia le dedica poi un intero episodio, il settimo: Il principio ereditario. Giocando con il titolo, qui The Crown affronta ancora una volta il desiderio di Margaret di essere Regina al posto della sorella. Al contempo, tuttavia, analizzando il suo malessere fisico e mentale, affonda le radici in una parte oscura della Famiglia Reale, scoperta per caso.

Helena Bonham Carter, The Crown - © Netflix
Helena Bonham Carter, The Crown – © Netflix

L’episodio è in grado di condensare, dall’inizio alla fine, tutti gli altri e i bassi di Margaret. Inizia con la splendida sequenza di ballo sulle note di David Bowie e interrompe subito quell’atmosfera mostrando il duro intervento ai polmoni necessario poco dopo alla Principessa. Raggiunge il vero picco di drammaticità tuttavia quando, dopo l’ennesima battuta di arresto, Margaret crolla e prova un percorso di psicoterapia. È una scelta drammaturgica di grande impatto. Innanzitutto perché mostra una Principessa altezzosa che, per prendersi cura di se stessa, deve necessariamente scendere dal piedistallo. E poi perché l’interpretazione di Helena Bonham Carter, proprio quando pensiamo che non potrebbe essere migliore, diventa ancor più bella e intensa grazie a questo passaggio introspettivo. Al punto che, in fondo, il personaggio a cui sin dall’inizio ci si affeziona di più è proprio lei, la Principessa eterna seconda, Regina nell’anima.

E voi? Avete preferito una delle quattro protagoniste di questa quarta stagione di The Crown?

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