Dopo Grand Budapest Hotel, I Tenenbaum, Rushmore e L’isola dei Cani, dall’11 novembre Wes Anderson torna a riconquistare il cinema, sottolineando, ribadendo, urlando come la visibilità della produzione cinematografica sia parte integrante del film e non soltanto il mezzo per intrecciare un racconto. Quando siamo al cinema, popcorn in mano e biglietto di un film di Wes Anderson nell’altra, sappiamo che stiamo per assistere a una finzione: ci accingiamo a una meravigliosa opera che non mira ad impressionarci con il suo realismo, ma che vuole piuttosto scardinare la nostra visione, non vuole rivelare la finzione, ma piuttosto esaltarla.
E, anche questa volta, ci è riuscito: l’ultima fatica di Wes Anderson è un abbagliante spettacolo di colori pastello, bianco e nero, design, inquadrature simmetriche, dialoghi eccentrici e personaggi bizzarri.
The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun è un film antologico scritto, diretto e prodotto da Wes Anderson e tratto una storia che egli stesso ha concepito insieme a Roman Coppola, Hugo Guinness e Jason Schwartzman. Il film ha un cast stellare dove risuonano i nomi di Benicio del Toro, Adrien Brody, Tilda Swinton, Léa Seydoux, Frances McDormand, Timothée Chalamet, Lyna Khoudri, Jeffrey Wright, Mathieu Amalric, Stephen Park, Bill Murray e Owen Wilson.
Menzione d’onore alla meravigliosa soundtrack creata da vari artisti tra cui Mario Nascimbene, Ennio Morricone, Alexander Desplat, Gus Viseur, Grace Jones, Jarvis Cocker e tanti altri (consiglio particolarmente l’ascolto del brano Inseguimento in taxi di Mario Nascimbene).
Trama
La trama è presto svelata: Arthur Howitzer Jr (Bill Murray), il direttore del giornale The French Dispatch, muore improvvisamente per un attacco di cuore. Secondo le volontà espresse nel suo testamento, la pubblicazione del giornale viene immediatamente sospesa dopo un ultimo numero di addio, in cui verranno ripubblicati tre articoli delle passate edizioni del giornale, insieme all’ultimo necrologio. Il tutto si volgerà nella fittizia città di Ennui-sur-Blasé (Boredom-upon-Apathy, letteralmente Noia sull’apatia). Wes Anderson condurrà così il lettore nella lettura, o meglio nella visione, degli ultimi quattro articoli della rivista:
- The Cycling Reporter scritto da Herbsaint Sazerac (Owen Wilson)
- The Concrete Masterpiece scritto da J.K.L. Berensen (Tilda Swinton)
- Revisions to a Manifesto scritto da Lucinda Krementz (Frances McDormand)
- The Private Dining Room of the Police Commissioner scritto da Roebuck Wright (Jeffrey Wright)
“Cerca di farlo sembrare come se l’avessi scritto così di proposito”
Poche cose riescono a ossessionarmi nel quotidiano e una di queste è proprio la cura meticolosa che Wes Anderson ha nel ricreare le scene. Ogni oggetto comune, utilizzato nel quotidiano, si trasforma e prende vita nel contesto di “quel mondo miniaturizzato”, un diorama perfetto che solo la mente di Wes Anderson riesce a valorizzare.
Guardare un’opera di Wes Anderson è come ammirare una produzione di Joseph Cornell o i geniali disegni di Christoph Niemann, artisti che vogliono ribadire come gli oggetti più comuni e disparati che si trovano per la città, insieme possano costruire una meravigliosa opera d’arte. Anche qui, in The French Dispatch, gli oggetti di Anderson brillano di luce propria: ognuno di loro ha il suo momento sullo schermo.
Non so davvero se Anderson si impegni così meticolosamente nella ricerca della ricetta di cura cinematografica ma di sicuro, lo fa sembrare come se l’avesse fatto di proposito.
Una forte nostalgia di ciò che era
È importante precisare come The French Dispatch, oltre che un’enorme e magnifica ode al giornalismo, sia anche una grande opera nostalgica. Wes Anderson è nostalgico di cose che precedono la sua stessa vita. È nostalgico di mondi immaginari, di oggetti ora considerati obsoleti, di ritmi di un tempo lontano che forse non ha nemmeno vissuto.
I tanti assi nella manica di Wes Anderson
Probabilmente, tutti al cinema hanno provato a elencare i vari stili di ripresa tipici di Anderson, vero? Gli assi nella manica del regista durante i vari atti sono stati tanti e anche molto variegati: la magnifica rielaborazione dell’inquadratura fissa in un modo da far scorrere la macchina da presa e intensificare l’effetto comico. Con questo espediente tutti nell’inquadratura sono come congelati, ma anche preda di una lotta nel rimanere fermi e impassibili come se fossero negli ultimi secondi di una posa impossibile da tenere per troppo tempo.
Wes Anderson, inoltre, stupisce con il contrasto tra ciò che è fermo e ciò che è cinetico. Le inquadrature statiche, stratificate e splendide sembrano inizialmente vuote, per poi prendere vita. Anche il passare costantemente avanti e indietro tra la cinematography a colori e quella in bianco e nero è uno squisito tecnicismo che gli spettatori veterani sicuramente apprezzeranno. E, infine, risulta piacevolissima la terza parte quasi interamente costruita da sequenze animate che mirano a risollevare il ritmo e a smorzare la tensione del film.
Un’ode al cinema e alle sue storie
The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun è un’ode al cinema e a quelle storie che salvano la vita e lasciano impressi nella memoria momenti fugaci, un meraviglioso mosaico di grandi nomi di Hollywood nel quale ognuno brilla a suo tempo, ritmo e spazio. Un film di raro piacere per gli occhi, fatto non di soli personaggi, ma di storie da raccontare.
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